Durante un comizio a Giaveno, Salvini commenta il referendum greco (a cui lui avrebbe votato “No”): “non per partito preso […] perché i greci insomma non è che anche loro sono esattamente l’esempio“. A supporto di questa ultima tesi, fa un esempio che riguarda (come al solito, ormai) le pensioni, uno dei temi su cui più si è discusso in queste ultime settimane (anche in Italia, si veda qui e qui per nostre analisi in merito). Stendendo un velo pietoso sull’appropriatezza dell’uso di termini come “zitella”, siamo andati a verificare quanto detto da Salvini.
Se ti sposi, perdi la pensione
Come si può leggere in questo rapporto stilato nel 2011 per conto della Commissione Europea:
“Nel sistema esistente le figlie non sposate (o divorziate) di dipendenti pubblici, impiegati di banca e ufficiali dell’esercito potevano ‘ereditare’ la pensione dei loro genitori deceduti”.
Per quanto Salvini non faccia notare come questi individui avessero diritto alla pensione solo in caso di morte del dipendente pubblico in questione, ha ragione. Anzi, si dimentica che di questo vantaggio beneficiavano anche le figlie di altre categorie. Nel frattempo le riforme del sistema pensionistico del 2010 (3863 e 3865) hanno abolito questo sistema, come continua lo stesso rapporto:
“Questo ‘diritto’ viene abolito con l’eccezione delle donne disabili e delle figlie il cui ‘diritto’ nasceva da genitori assunti prima del 1983”.
Le pensioni di queste ultime sono state oggetto di contestazioni giudiziarie (come si dice “diritto acquisito” in greco?) e ulteriori azioni del legislatore nel 2011, 2012 e 2014.
Il verdetto
Salvini usa il passato ed ha ragione: il sistema pensionistico greco prevedeva il diritto delle figlie non sposate o divorziate di dipendenti pubblici di ereditare la pensione del genitore al momento della morte, provvedendo poi ad abolire questo diritto. “Vero” per Salvini.