Come Meloni, leader di Fratelli d’Italia, Salvini attacca il nuovo corso dell’amministrazione Juncker, criticando fortemente il piano di investimenti annunciato dalla Commissione Europea il 26 novembre dello scorso anno. Vediamo se ha ragione.



Il piano Juncker



Il progetto della nuova Commissione Europea era volto a soddisfare le richieste dei Paesi europei che invocavano maggiori investimenti pubblici per riportarli al di sopra dei livelli pre-crisi. La soluzione si è sviluppata sotto forma di un nuovo fondo europeo per gli investimenti strategici, costituito in seno alla Banca Europea degli Investimenti (Bei). Il fondo dovrebbe avere un capitale iniziale di 21 miliardi (come dice esattamente Salvini), di cui 16 provenienti dal bilancio dell’Unione e 5 dalla Bei.



L’obiettivo annunciato per il triennio 2015-2017 è di generare investimenti per almeno 315 miliardi di euro, grazie a un effetto leva di 15 volte il capitale iniziale. Gli investimenti saranno indirizzati verso i settori più strategici: trasporti, energia, ricerca, istruzione, Pmi.



Un gruppo di lavoro composto dalla Bei, la Commissione e i Paesi membri ha lavorato nei giorni successivi all’approvazione del progetto ad una lista di progetti che potrebbero essere oggetto di finanziamento, pubblicata sul sito della Bei. Nella strategia di Juncker il piano sarebbe accompagnato da un’accelerazione degli sforzi volti a snellire la burocrazia e aumentare la capacità attrattiva dell’Ue.











Gli elementi di critica



Eppure rimangono degli elementi di critica. La strategia prevede infatti che ogni euro di fondi pubblici sarebbe in grado di attirarne quindici in fondi privati. Gli incentivi agli investitori privati sarebbero generati dalla garanzia che il denaro pubblico fornirebbe ad eventuali perdite legate agli investimenti. Inoltre, per invogliare anche i governi nazionali a investire, i contributi che arrivano dalle capitali non saranno conteggiati nella valutazione del rispetto del Patto di Stabilità e Crescita.



Il problema è che l’effetto leva stimato – definito “prudente” dalla Commissione – è considerato da molti come eccessivamente ottimista (dall’Economist, che ha descritto Juncker come un alchimista, agli studiosi di Lavoce.info).



Conclusione



Salvini ha sostanzialmente ragione sui dati: i 300 miliardi auspicati di investimenti sarebbero in realtà generati da uno stanziamento iniziale di 21. Quello su cui sbaglia, però, è che nessuno ha taroccato i numeri, come asserisce con convinzione. Lo stesso Juncker aveva infatti dichiarato lo scorso 15 luglio, in occasione del suo primo discorso da presidente-incaricato dinanzi all’Europarlamento, di voler “mobilizzare 300 miliardi di investimenti pubblici ma soprattutto privati nei prossimi tre anni”. Gli elementi di critica si riferiscono semmai ai “soldi freschi” provenienti dal settore pubblico, che sarebbero troppo pochi rispetto alle cifre che si vorrebbero mobilizzare.



Inoltre i fondi non verrebbero divisi equamente per 28 Paesi, come lascia intendere Salvini: gli investimenti sarebbero diretti invece a progetti infrastrutturali di dimensione europea, come collegamenti di tipo viario o energetico. Leggera imprecisione anche sulla durata dell’iniziativa: non cinque anni, come riporta il leghista, ma tre.



Troppe imprecisioni per andare oltre il “Nì”.