Come riportato in questa recente nota, il governo italiano intende dare il via ai pagamenti alle imprese private in debito con la pubblica amministrazione per una serie di importi considerevoli, che corrispondono a circa 20 miliardi nella seconda parte del 2013 e ulteriori 20 miliardi nel corso del 2014. L’operazione avrà un impatto sui conti pubblici molto consistente, come rilevato dallo stesso ministro dell’Economia uscente Vittorio Grilli. La liquidazione del debito commerciale pregresso dovrebbe, infatti, essere attuata attraverso un corrispondente aumento del debito pubblico e del deficit per quanto riguarda la spesa per investimenti.
Il quadro normativo europeo in tema di sorveglianza di bilancio pubblico non prevede un trattamento particolare per specifiche voci di spesa che incidono sul debito e deficit ma, dopo una richiesta specifica del nostro governo, l’operazione è stata conclusa – sembrerebbe – con successo. Nei giorni scorsi i commissari europei Olli Rehn e Antonio Tajani hanno dichiarato a tal proposito che il Patto di Stabilità e Crescita permetterà di prendere in considerazione “fattori significativi” in sede di valutazione della conformità del bilancio di uno Stato membro con i criteri di deficit e di debito del Patto stesso: in quest’ottica, la liquidazione di debiti commerciali potrebbe rientrare tra i fattori considerati come “attenuanti”.
Ricordiamo che il cosiddetto “Patto di Stabilità e Crescita” è proprio quello che impone un debito pubblico al di sotto del 60% del Pil (o, comunque, un debito pubblico tendente al rientro del rapporto debito/Pil minore del 60%), vincoli ribaditi (e recepiti) sia nel cosiddetto “Fiscal Compact” che nel cosiddetto “Six Pack” citati da Renato Brunetta.
Brunetta si dimostra preciso nei contenuti, ma “non è tutto oro quel che luccica” purtroppo: il risultato congiunto di Tajani e del governo italiano non è ancora stato ottenuto pienamente. Come affermato dal portavoce di Rehn Simon O’Connor, “la Commissione ribadisce il contenuto della dichiarazione congiunta dei vicepresidenti Rehn e Tajani del 18 marzo scorso: perché l’Italia possa beneficiare della flessibilità menzionata nella dichiarazione Rehn-Tajani, è essenziale che soddisfi le condizioni per la cancellazione della procedura per deficit eccessivo attualmente in corso”. Una precisazione che sembra confermare l’avvertimento inviato al governo, ma che per ora vincola ancora la possibilità di agire in deroga ai vincoli Ue. Un “C’eri quasi” per il neo-capogruppo alla Camera del Pdl, quindi.