Il ministro della Salute Roberto Speranza (LeU) il 12 agosto ha scritto su Facebook che in quella data è stato superato «il 70 per cento di persone vaccinabili che hanno avuto almeno la prima dose».

L’affermazione è corretta. Vediamo i dettagli.

La percentuale di vaccinabili che ha avuto almeno la prima dose

Le persone ad oggi vaccinabili in Italia sono, generalmente, tutte quelle con 12 anni o più di età (non consideriamo nel conteggio chi si trova in condizioni eccezionali che sconsigliano la vaccinazione, ad esempio a causa di specifiche allergie, gravi patologie e via dicendo). Si tratta di una platea pari a circa 53 milioni e 385 mila individui (53.385.343).

Le persone che hanno ricevuto almeno la prima dose, alle 6 del mattino del 12 agosto, erano quasi 37 milioni e 800 mila (37.792.217).

Facendo la proporzione, risulta in effetti che è stato vaccinato il 70,8 per cento della popolazione vaccinabile. Dunque Speranza dà un dato corretto.

La percentuale di vaccinabili che ha ricevuto due dosi (o dose unica)

Per completezza possiamo dire che le persone che hanno ricevuto due dosi di vaccino (o la dose unica, col vaccino di Johnson&Johnson) erano, sempre alle 6 del mattino del 12 agosto, poco più di 35 milioni e 128 mila (35.128.774).

Dunque ha completato il ciclo vaccinale il 65,8 per cento della popolazione vaccinabile.

Ma i vaccinabili potrebbero aumentare

Le percentuali che abbiamo appena visto fanno riferimento alla popolazione vaccinabile e non alla popolazione nel suo complesso. Se facessimo riferimento a questa seconda, al 12 agosto la percentuale di vaccinati con almeno una dose sarebbe pari al 62,7 per cento e quella di vaccinati con due dosi (o dose unica) al 56,6 per cento.

La distanza tra popolazione vaccinabile e popolazione nel suo complesso potrebbe però praticamente venire meno nel prossimo futuro se, come sembra, venissero autorizzati i vaccini contro la Covid-19 anche per gli under 12 (rimarrebbero probabilmente esclusi solo i bambini di 0 e 1 anni, che pesano meno dell’1,5 per cento sulla popolazione totale, e chi non può vaccinarsi a causa di allergie, patologie e via dicendo).

L’obiettivo non sarebbe tanto l’immunità di gregge – che, come abbiamo scritto, potrebbe non essere raggiungibile considerata la contagiosità della variante delta e la protezione contro questa variante che cala all’85 per cento con i vaccini disponibili al momento – quanto la protezione dei bambini stessi e il contenimento della circolazione del virus (abbiamo spiegato più volte perché i vaccini siano molto efficaci nel ridurre drasticamente il rischio di contagio).

Della vaccinazione dei bambini ha parlato per esempio l’11 agosto Franco Locatelli, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts), secondo cui in autunno i vaccini Pfizer e Moderna saranno autorizzati dall’Ema anche per gli under 12 e sarebbe bene usarli, anche considerato che «da inizio pandemia, sono morti 28 pazienti di età pediatrica». Secondo Locatelli inoltre «vaccinando i bambini eviteremo focolai anche nelle scuole elementari e dunque il ricorso alla didattica a distanza. Limiteremo la circolazione del virus e la possibilità che contagino genitori e nonni». Una posizione questa condivisa anche dalla Società pediatrica italiana ma contro cui si sono schierati sia alcuni scienziati che alcuni politici.

Al di là delle legittime opinioni di ognuno, se tra i vaccinabili venissero inseriti anche i bambini di età compresa tra i 2 e gli 11 anni, ovviamente le percentuali viste all’inizio cambierebbero, avvicinandosi a quelle dei vaccinati sulla popolazione totale.

Il verdetto

Il 12 agosto il ministro della Salute Roberto Speranza (LeU) ha sostenuto che in quella data fosse stato vaccinato con almeno una dose «il 70 per cento di persone vaccinabili».

Il dato è corretto: le persone che hanno ricevuto almeno la prima dose al 12 agosto erano quasi 37 milioni e 800 mila, cioè il 70,8 per cento della popolazione residente in Italia con 12 anni o più (cioè la popolazione che attualmente può ricevere il vaccino).

Per Speranza un “Vero”.