indietro

Lo Stato italiano incassa di più di quello che spende?

| 20 giugno 2019
La dichiarazione
«L’Italia è un Paese che genera avanzi primari, quindi al netto della spesa per interessi lo Stato incassa più di quello che spende». (min.14:04)
Fonte: Mezz’ora in più – Rai 3 | 16 giugno 2019
Ansa
Ansa
Verdetto sintetico
Vero
Il 16 giugno, ospite a Mezz’ora in più su Rai2, il senatore della Lega Alberto Bagnai ha detto (min. 14:04) che «l’Italia è un Paese che genera avanzi primari, quindi al netto della spesa per interessi lo Stato incassa più di quello che spende».

Ma è davvero così? Abbiamo verificato.

Quanto spende e quanto incassa lo Stato?

Ogni anno lo Stato italiano accumula una serie di entrate attraverso la tassazione dei contribuenti con cui paga le spese per i servizi che fornisce ai cittadini (sanità, istruzione, difesa, previdenza, stipendi ecc.).

Nel caso in cui lo Stato non riesca a incassare risorse sufficienti per svolgere le sue funzioni è costretto a contrarre debiti.

In quel caso, la differenza annuale tra le entrate e le spese totali è negativa. Quando ciò accade lo Stato ha un indebitamento netto negativo.

Che cos’è l’avanzo primario e perché è importante?

Ogni anno lo Stato italiano deve ripagare gli interessi sui debiti contratti negli anni precedenti e nel caso in cui non abbia risorse sufficienti per farlo, deve indebitarsi nuovamente. Se non ci fossero le spese sostenute per coprire i debiti degli anni precedenti, lo Stato potrebbe però avere più entrate che spese. In questo caso si dice che lo Stato genera un avanzo primario.

Per avanzo primario si intende, appunto, una differenza positiva tra le entrate e le spese delle amministrazioni pubbliche, al netto della spesa per pagare gli interessi sui debiti contratti. In sostanza, l’avanzo primario indica quanto risparmierebbe lo Stato ogni anno se non dovesse ripagare i debiti contratti in precedenza.

Si ha quindi un avanzo primario se, tolta la spesa per ripagare gli interessi sul debito, lo Stato incassa di più di quanto spende. In caso contrario, si ha un disavanzo primario.

Questo indicatore è importante perché fa capire se uno Stato sarà mai in grado di ripagare il proprio debito. Infatti, spendere di meno di quanto si incassa comporta che, in prospettiva, il debito pubblico verrà ridotto. Ciò è valido anche per un’economia come la nostra che presentava nel 2017 un rapporto debito/Pil del 131,4 per cento.

La velocità con cui il debito pubblico diminuirà dipende però dall’entità dell’avanzo primario e dall’ammontare del debito contratto: a parità di avanzo primario, maggiore è la spesa per interessi e maggiore è il tempo che lo Stato impiegherà a ripagare il suo debito e viceversa.

Spese ed entrate dell’Italia negli ultimi 30 anni

Se guardiamo alla storia recente italiana scopriamo che dal 1990 al 2018 le spese totali hanno sempre superato le entrate totali. Questo saldo negativo ha però seguito trend diversi negli anni.

Il grafico sottostante, elaborato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), mostra come l’indebitamento è passato dall’essere pari a circa l’11 per cento del Pil nel 1990 all’essere sotto il 2 per cento del Pil nel 2000.
Grafico 1: Indebitamento netto dell’Italia dal 1990 al 2018 – Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanza su dati Eurostat e Istat
Grafico 1: Indebitamento netto dell’Italia dal 1990 al 2018 – Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanza su dati Eurostat e Istat
Il motivo di questa rapido miglioramento è da attribuirsi soprattutto al calo della spesa per ripagare gli interessi sui debiti contratti in precedenza, passata dall’essere superiore al 10 per cento del Pil nei primi anni 90 all’aggirarsi intorno al 6 per cento nei primi anni 2000 (Grafico 2).
Grafico 2: Andamento della spesa pubblica per interessi in rapporto al Pil (1990-2009) - Fonte: Ragioneria generale dello Stato
Grafico 2: Andamento della spesa pubblica per interessi in rapporto al Pil (1990-2009) - Fonte: Ragioneria generale dello Stato
Dopo un periodo di crescita, l’indebitamento ha raggiunto nel 2007 il livello minimo della storia recente, attestandosi a 23,54 miliardi di euro (-1,5 per cento del Pil). In seguito alla crisi del 2008, il trend è però stato invertito nuovamente e l’indebitamento è tornato a livelli superiori di quelli del 2007 (grafico 1).

Per quanto riguarda gli ultimi tre anni (2015-2018), il Servizio studi di Camera e Senato riporta che l’indebitamento netto è passato dai circa -42,57 miliardi del 2015 (2,6 per cento del Pil) ai -37,5 miliardi del 2018 (-2,1 per cento del pil). Valori che sono tuttora superiori a quelli pre-crisi del 2007.

Allo stesso tempo, il Servizio studi di Camera e Senato prevede che l’indebitamento netto continuerà a essere negativo e che, inoltre, crescerà nel 2019 di circa 4,6 miliardi (-42,12 miliardi) rispetto al 2018 (-2,4 per cento del Pil), prima di tornare a diminuire dal 2020.

A prima vista, sembrerebbe quindi che lo Stato italiano spenda da circa 30 anni più di quanto incassi. Se teniamo però conto della spesa al netto degli interessi, il quadro cambia.

E senza interessi?

Dal 1991 a oggi – con eccezion fatta per il 2009 (-0,8 per cento del Pil) – lo Stato italiano ha sempre generato un avanzo primario. Inoltre, l’Istat riporta che dal 2011 il saldo primario è sempre stato superiore all’1 per cento del Pil. Secondo il Bollettino economico del mese di aprile 2019 pubblicato dalla Banca d’Italia, l’ultimo avanzo primario registrato (2018) è stato pari all’1,6 per cento del Pil, in aumento dello 0,2 per cento rispetto all’anno precedente. Ciò ha comportato una riduzione della spesa per interessi dello 0,1 per cento, passata dal 3,7 per cento sul Pil nel 2017 al 3,6 per cento sul Pil.

In termini assoluti, l’avanzo primario è passato dai 25,45 miliardi del 2015 ai 27,47 miliardi del 2018.

Anche se è previsto in diminuzione per quest’anno, il Servizio studi di Camera e Senato stima che anche nel 2019 l’Italia genererà un avanzo primario di 21,86 miliardi di euro (1,2 per cento del Pil).

Negli ultimi 30 anni, fatto salvo per il 2009, lo Stato italiano ha sempre incassato di più di quanto ha speso al netto degli interessi. Quindi, l’Italia presenta generalmente un saldo primario positivo, come sostenuto dal professor Bagnai.

Il verdetto

Il senatore della Lega Alberto Bagnai ha detto che lo Stato italiano genererebbe un avanzo primario e che, quindi, lo Stato incasserebbe di più di quanto spende al netto della spesa per interessi.

Le elaborazioni del Mef su dati Istat mostrano che dal 1990 a oggi l’Italia ha sempre speso di più di quanto ha incassato.

Allo stesso tempo, gli stessi dati dell’Istat confermano quanto sostenuto dal professor Bagnai: dal 1991 al 2018 l’Italia ha (quasi) sempre generato un avanzo primario (salvo che nel 2009). Quindi, se non fosse per la spesa per ripagare gli interessi sul debito, l’Italia sarebbe un risparmiatore netto.

Il Servizio studi di Camera e Senato mostrano poi che, sebbene in diminuzione, anche nel 2019 l’Italia incasserà di più di quanto spenderà al netto degli interessi.

In conclusione, Bagnai merita un “Vero“.

SOSTIENI PAGELLA

Leggi ogni giorno la newsletter con le notizie più importanti sulla politica italiana. Ricevi le nostre guide eBook sui temi del momento.
ATTIVA LA PROVA GRATUITA
Newsletter

I Soldi dell’Europa

Il lunedì, ogni due settimane
Il lunedì, le cose da sapere sugli oltre 190 miliardi di euro che l’Unione europea darà all’Italia entro il 2026.

Ultimi fact-checking

  • «Finalmente un primato per Giorgia Meloni, se pur triste: in due anni la presidente del Consiglio ha chiesto ben 73 voti di fiducia, quasi 3 al mese, più di qualsiasi altro governo, più di ogni esecutivo tecnico»

    7 dicembre 2024
    Fonte: Instagram
  • «Le agenzie di rating per la prima volta, due agenzie di rating, per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia. Dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte in Italia»

    30 ottobre 2024
    Fonte: Porta a Porta – Rai 1
  • «Da quando c’è questo governo, abbiamo votato in 11 tra regioni e province autonome, forse 12 tra regioni e province autonome. È finita 11 a uno»

    30 ottobre 2024
    Fonte: Cinque minuti – Rai 1