In un post su Facebook intitolato “COSA VUOLE IL MOVIMENTO 5 STELLE” Luigi Di Maio, considerato da molti come possibile candidato premier per il Movimento, quantifica in 17 miliardi le risorse necessarie a realizzare uno dei loro cavalli di battaglia: un reddito di cittadinanza di 780 euro al mese ai 10 milioni di italiani che vivono sotto la soglia di povertà. Tuttavia i conti sembrano non tornare. Moltissimi infatti hanno contestato il rappresentante pentestellato calcolando che 780 mese sono 9.360 euro all’anno per ciascuno cittadino sotto la soglia di povertà. Voler garantire una copertura simile a 10 milioni di italiani comporterebbe un esborso per lo Stato di 93,6 miliardi di euro ogni anno, una cifra cinque volte superiore ai 17 miliardi che il Movimento andrebbe a recuperare. Possibile che Di Maio si sia fatto trovare così impreparato?



Spesa pubblica e povertà



Le premesse sono più o meno corrette: i 17 miliardi in questione rappresentano effettivamente il 2% della spesa pubblica italiana, stimata in circa 829 miliardi nell’ultimo Documento di Economia e Finanza del governo (previsioni 2016; il rapporto non cambia se consideriamo gli 826 miliardi consolidati del 2015).



Di Maio sottovaluta invece il numero di italiani che l’Istat considera poveri. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dall’istituto di statistica il 14 luglio 2016 ci sarebbero circa 4.600.000 cittadini in condizioni di povertà assoluta, e 8.300.000 cittadini in condizioni di povertà relativa, per un totale di 12.900.000 cittadini (per la differenza tra povertà assoluta e relativa, si veda la spiegazione Istat qui). La stima sarebbe al ribasso anche considerando gli anni precedenti: nel 2015 il totale era 12.905.000 mentre nel 2014 l’Istat contava 11.917.000 persone.



Ma veniamo alla situazione spinosa, quanti soldi sono davvero necessari per istituire il reddito di cittadinanza promosso dal Movimento 5 Stelle?



Il reddito minimo garantito del M5S



Sul sito beppegrillo.it è possibile trovare tutte le informazioni necessarie volte a capire la proposta del partito di Di Maio e fare chiarezza sui numeri.



La proposta prevede di aiutare i cittadini a raggiungere la soglia minima di 780 euro al mese. In altre parole, il reddito minimo garantito andrebbe a complemento del reddito eventualmente percepito dai cittadini che ne fanno richiesta. Se il cittadino già riceve un reddito di 400 euro al mese, sarà beneficiario di un assegno di aiuto di 380 euro.



Inoltre, se il cittadino fa parte di un nucleo familiare in cui c’è più di una persona, è il reddito complessivo del nucleo familiare che stabilisce l’accesso al contributo. La soglia di accesso sale da 9.360 euro a 12.168 euro per un nucleo di due persone o 14.040 per un nucleo di tre persone. Anche il reddito minimo varierà a seconda del numero di persone presenti nel nucleo. Ad esempio, una famiglia di due persone avrà diritto ad un reddito tra 1.014 e 1.170; una famiglia di tre persone avrà diritto ad un reddito tra 1.248 e 1.560 euro, e cosi via. Per citare un esempio dal blog di Beppe Grillo: “Immaginiamo che una coppia di pensionati percepisca 400 euro al mese ciascuno. Con il reddito di cittadinanza anziché percepire 800 euro al mese, percepirebbero 1.170 euro, per un totale annuo di 4.440 euro (pagamento parziale del reddito mediante integrazione)”.



Questa struttura del reddito minimo, basata sul reddito familiare e non su quello individuale, permette di ridurre le risorse necessarie ad implementare la misura. I numeri riportati da Di Maio si basano, infatti, su una simulazione dell’Istat contenuta nel rapporto annuale 2014 (pag. 227). Secondo l’Istat, l’implementazioni del reddito minimo garantito così come proposto dal M5S, avrebbe un costo annuo di 15,5 miliardi di euro, a cui il Movimento aggiunge 1,5 miliardi per “rafforzare i Centri per l’Impiego e per la creazione di nuova impresa e di start up innovative”, per un totale di 17 miliardi, la famosa cifra citata da Di Maio. Se il reddito minimo garantito fosse invece considerato su base individuale, il costo totale sarebbe pari a circa 90 miliardi (pag. 228).



Di Maio segnala anche un link al sito beppegrillo.it in cui si spiega da dove si andrebbero a recuperare le risorse: tagli alla spesa della pubblica amministrazione, tagli alle spese militari, aumento dei canoni per l’attività di estrazione di gas e petrolio, aumento della tassazione di banche ed assicurazioni, tagli alle auto blu, riduzioni delle pensioni d’oro e via discorrendo. Si tratta in ogni caso di scelte politiche su cui non entriamo nel merito.



Il verdetto



Di Maio scrive una frase affrettata che gli è costata diverse critiche sulle sue capacità matematiche. Eppure il pentestellato riporta correttamente i dati della simulazione Istat sul reddito minimo garantito, sbagliando solo lievemente quelli sulla povertà in Italia. Non possiamo che dargli un “C’eri quasi”.