Con un post su Facebook del 28 febbraio, Luigi di Maio ha elencato alcune spese che ritiene mal dirette o ingiustificate nel bilancio pubblico. Ha sottolineato che “i soldi ci sono” per una serie di interventi, come abbassare le tasse universitarie e abolire l’Irap. Vediamo che cosa dicono i numeri a proposito delle cosiddette “pensioni d’oro”.



Quali pensioni sono “d’oro”?



La spesa per le cosiddette “pensioni d’oro” ricorre spesso tra gli strumenti polemici degli esponenti del M5S. A metà gennaio, parlando a Quinta Colonna, era stato Alessandro Di Battista a dare qualche numero sui pensionati italiani (meritandosi un nostro “C’eri quasi”).



Il problema principale è definire che cosa si intenda con “pensioni d’oro”. È un’etichetta diffusa da anni nel dibattito politico, ma non è chiaro che cosa indichi con precisione. Per esempio, in questa dichiarazione di maggio 2015 Giorgia Meloni ha fatto riferimento a chi percepisce un importo mensile superiore a 10 volte la pensione minima, cioè superiore a circa cinquemila euro al mese. Considerando l’importo lordo, in Italia sono quasi 230.000 persone, secondo i dati Istat più recenti, che sono stati pubblicati a dicembre 2015 e si riferiscono al 2014.



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Queste 230 mila persone, nel 2014, hanno inciso sulla spesa pensionistica italiana per 18,5 miliardi di euro.



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La spesa si avvicina di più al totale dato da Di Maio se, invece di considerare gli importi mensili corrisposti ai pensionati, guardiamo a un dato leggermente diverso: la spesa per le singole pensioni. Non è la stessa cifra, perché una percentuale rilevante dei pensionati italiani (il 33% nel 2014) riceve più di una pensione. L’Inps indica che la spesa per le singole pensioni superiori ai 5.000 euro è stata di 14,7 miliardi di euro nel 2014* e di 13,8 miliardi nel 2013.



Proviamo a vedere un’altra definizione implicita dei “pensionati d’oro”, quella data dal compagno di movimento di Di Maio, Alessandro Di Battista, che abbiamo citato in apertura. Se consideriamo quanto detto da Di Battista lo scorso 18 gennaio, l’esponente del M5S aveva quantificato i “pensionati d’oro” in 33 mila, molti meno di Giorgia Meloni. Come avevamo osservato, si tratta probabilmente degli interessati al “contributo di solidarietà” – proposto dal governo Monti e bocciato dalla Corte Costituzionale – che interessava le pensioni superiori a 90.000 mila euro lordi l’anno, ovvero all’incirca 4.000 euro netti al mese. In questo caso, la spesa per le casse dello Stato era intorno ai 3,3 miliardi l’anno. Insomma, gli stessi politici sono in disaccordo su chi vada considerato “pensionato d’oro”.



Il verdetto



Le cifre dell’Istat non permettono di chiarire a quanti pensionati – e a quali importi – corrispondano 12 miliardi di euro: di certo parliamo di una parte rilevante delle 230 mila persone che percepiscono oltre cinquemila euro (lordi) al mese. Per mettere questa cifra in prospettiva, consideriamo che nel 2014 la spesa totale italiana per le pensioni è stata di oltre 277 miliardi di euro e che chi percepisce oltre cinquemila euro rappresenta appena l’1,3% dei pensionati italiani, che sono 16,2 milioni. Con queste precisazioni – e notando che poco più di un mese fa Di Battista aveva considerato una cifra assai più ristretta – possiamo dire che l’affermazione di Di Maio è vera.



* Il Prospetto 10 del report Inps 2014 contiene quasi certamente un errore: la spesa per le singole pensioni tra i 5.000 e i 9.999 euro è indicata in 3.298 milioni di euro, una diminuzione enorme rispetto al 2013 (12.521 milioni) che non fa tornare i conti né con la percentuale di spesa indicata (il 4,8 per cento di 277.067 milioni) né sommando le spese per i diversi importi. In entrambi i casi, percentuale del totale e somma indica la mancanza di 10 miliardi rispetto all’importo indicato in tabella. Possiamo quindi concludere che nella cifra che ci interessa sia caduto un “1” iniziale.