È l’ora dei delegati regionali: chi sono e perché contano nell’elezione del Quirinale

Ansa
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Aggiornamento 24 gennaio, 9.30 – In seguito alla morte del deputato Vincenzo Fasano (Forza Italia), il numero dei “grandi elettori” potrebbe scendere a 1.008, nel caso in cui non si dovesse riuscire a proclamare in tempo il sostituto. Nei primi tre scrutini, il quorum scenderebbe da 673 a 672 voti.

Aggiornamento 18 gennaio, ore 17:45 – Qui la lista ufficiale dei 58 delegati regionali che parteciperanno all’elezione del presidente della Repubblica.

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Il 24 gennaio si terrà la prima votazione per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Insieme ai deputati e ai senatori, alle elezioni parteciperanno anche 58 delegati regionali, che saranno nominati in questi giorni dalle regioni (per ora, soltanto l’Abruzzo ha già nominato i propri rappresentanti).

Sui 1.009 “grandi elettori” – ossia quelli che partecipano alla votazione del capo dello Stato – il ruolo dei 58 grandi elettori può sembrare marginale. Ma le cose non stanno proprio così: il ruolo del delegato regionale può avere un suo peso, soprattutto se non c’è ampia convergenza verso il nome di un candidato, ed è parecchio ambito da alcuni politici che non siedono in Parlamento. Più che leggi scritte, c’entrano le consuetudini e le prassi formatesi nel tempo.

Quali sono le regole del gioco

In base all’articolo 83 della Costituzione, ogni regione – attraverso il proprio Consiglio regionale – deve eleggere tre delegati, che parteciperanno all’elezione del capo dello Stato. Il Trentino-Alto Adige conta come un’unica regione, mentre la Valle d’Aosta ha a disposizione solo un delegato.

Sulla base di queste poche parole, è prassi consolidata che ciascun Consiglio regionale elegga come propri delegati il presidente della Giunta regionale (ossia il presidente di Regione), il presidente del Consiglio regionale e un consigliere dell’opposizione, mentre la Valle d’Aosta elegge solo il presidente della Giunta regionale.

Tuttavia, nel corso del tempo si è più volte discusso sulla possibilità che i Consigli regionali possano nominare altri amministratori locali, come per esempio il sindaco della città capoluogo. «La Costituzione non prevede che i delegati siano per forza membri del Consiglio o della Giunta regionale», ha sottolineato a Pagella Politica Mauro Volpi, professore di Diritto costituzionale all’Università di Perugia. «Le stesse modalità di elezione dei delegati non sono regolate dalla Costituzione e ciascun Consiglio regionale può decidere che sistema adottare per eleggere i propri rappresentanti, anche se di solito vale il metodo per cui un consigliere regionale esprime una sola preferenza per il nome di un delegato».

Nella storia recente, della possibilità di eleggere come delegato regionale un sindaco se n’è parlato per esempio nel 2013, in vista dell’elezione del successore di Giorgio Napolitano (poi rieletto). Tra i possibili delegati della Regione Toscana era emerso il nome di Matteo Renzi, allora sindaco di Firenze e membro del Partito democratico, oggi leader di Italia viva. Questa opzione era poi tramontata, non senza polemiche.

Tornando ai giorni nostri, a novembre scorso la proposta di nominare alcuni sindaci tra i delegati regionali è stata rilanciata dal sindaco di Bari Antonio Decaro (Pd), presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci). La proposta è stata subito accolta con favore dal presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che si è detto disponibile a farsi da parte per lasciare spazio a un primo cittadino della sua regione.

I delegati regionali oggi

Al 5 gennaio soltanto la Regione Abruzzo ha nominato i suoi tre delegati regionali: il presidente della regione Marco Marsilio (Fratelli d’Italia), il presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri (Forza Italia) e la capogruppo in Consiglio regionale del Movimento 5 Stelle Sara Marcozzi. Entro il 24 gennaio dovranno arrivare i nomi anche dei restanti 55 delegati, che porteranno il numero complessivo a 58.

Di questi, 32 rappresenteranno molto probabilmente partiti del centrodestra (Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia), che governano in 13 regioni e sono all’opposizione in cinque. Almeno un delegato regionale del Trentino-Alto Adige dovrebbe andare al centrodestra. Qui la Lega governa sia nella provincia autonoma di Trento che in quella di Bolzano, dove però è alleata degli autonomisti della Südtiroler Volkspartei (Svp), che molto probabilmente avranno un delegato regionale come nel 2015. La collocazione politica del delegato della Svp resta una questione aperta perché nel corso degli anni il partito si è alleato a volte con il centrosinistra e a volte con il centrodestra.

Per quanto riguarda invece il centrosinistra “allargato”, considerando anche il M5s, i delegati dovrebbero essere 25: dieci dalle cinque regioni dove governa, quattordici in cui è all’opposizione, più l’unico delegato della Val d’Aosta, dove governa in coalizione con gli autonomisti dell’Union Valdôtaine.

Uno sguardo al passato

Nel 2015, durante l’elezione di Sergio Mattarella, i rapporti di forza tra i delegati regionali erano invertiti. All’epoca il centrosinistra aveva avuto 34 delegati, mentre il centrodestra 22. I due rimanenti delegati rappresentavano il Movimento 5 stelle – all’epoca non ancora alleato del centrosinistra – e il delegato dell’Union Valdôtaine, che due anni prima aveva vinto elezioni regionali sia contro il centrodestra che contro il centrosinistra.

Più indietro nel tempo, durante le elezioni del 2013 c’era invece stato un sostanziale equilibrio tra centrodestra e centrosinistra: il primo aveva nominato 29 delegati regionali e il secondo 28 (compreso il rappresentante della Svp, allora alleata del centrosinistra in Trentino-Alto Adige), mentre l’ultimo delegato era andato all’Union Valdôtaine, che anche allora era al di fuori dei due principali schieramenti.

Il peso dei delegati regionali

Come abbiamo anticipato, i 58 delegati regionali corrispondono a circa il 6 per cento dei 1.009 “grandi elettori” del prossimo presidente della Repubblica. Visto che il capo dello Stato è eletto a scrutinio segreto, è difficile stabilire quanto saranno determinati nei fatti i loro voti. Tuttavia, non è da sottovalutare il loro peso a partire dalla quarta votazione, quando cambia la soglia dei voti che servono per eleggere il successore di Mattarella.

Nei primi tre scrutini, infatti, l’elezione avviene a maggioranza dei due terzi degli aventi diritto (soglia dunque fissata a 673 voti), mentre dal quarto scrutinio in poi basta la maggioranza assoluta (soglia a 505 voti). «Dato che di per sé i delegati regionali sono più slegati dalle logiche di appartenenza politica rispetto ai parlamentari, il loro voto potrebbe assumere maggiore rilevanza proprio dopo la quarta votazione», ha spiegato Volpi a Pagella Politica.

Inoltre, al di là dei singoli voti, per i delegati regionali il voto del Quirinale può essere un palcoscenico dove mettersi in mostra nel dibattito politico italiano, soprattutto per i presidenti di regione che da tempo sono diventati esponenti di rilievo nazionale, grazie anche alla pandemia.

Non va poi dimenticato che questa elezione del presidente della Repubblica sarà l’ultima che vedrà il Parlamento composto da 630 deputati e 315 senatori. Dalla prossima legislatura, il numero dei parlamentari sarà ridotto a 600 (400 deputati e 200 senatori) per effetto della riforma costituzionale approvata con il referendum di settembre 2020. In questo modo, però, alla prossima elezione del capo dello Stato – che salvo sorprese avverrà tra sette anni – il peso dei 58 delegati regionali aumenterà, passando dal 6 per cento al 9 per cento sul totale degli aventi diritto di voto.

Secondo alcuni, questo effetto del taglio dei parlamentari va riequilibrato con un’altra riforma costituzionale. A novembre 2019 il deputato di Liberi e uguali Federico Fornaro, insieme ad alcuni colleghi, ha presentato un disegno di legge di riforma costituzionale che prevede la riduzione del numero di delegati regionali da tre a due per ciascuna regione, con la Valle d’Aosta che mantiene il suo unico delegato. In questo modo il numero dei delegati scenderebbe da 58 a 39. Al momento l’esame della proposta è ancora fermo alla Camera e, secondo alcuni costituzionalisti, non è esente da rischi.

«Se i delegati si riducono a due, maggioranza e opposizione dovranno avere per forza un delegato a testa», ha spiegato Volpi a Pagella Politica. «È dunque palese che questa riforma andrà a svantaggio delle maggioranze nei consigli regionali».

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