La presenza dei vaccini può però portarci a sottovalutare i rischi di questa ondata e a prendere decisioni tardive per contenere l’epidemia. Se è vero che i vaccini proteggono, è anche vero che quando la circolazione virale è in crescita possono esserci problemi. Diversi Paesi europei stanno infatti introducendo una serie di nuove restrizioni per rallentare la diffusione del coronavirus.
In Italia l’attuale sistema a colori delle regioni si basa quasi esclusivamente sui dati dell’occupazione ospedaliera, con una serie di limiti ancora irrisolti che
abbiamo già analizzato più nel dettaglio. Quando si passa a un colore con più restrizioni, le nuove misure di contenimento sono basate su dati che danno una fotografia dell’epidemia di quasi due settimane prima. Questo problema non riguarda solo l’Italia, ma anche altri Paesi, per esempio la Germania.
Come
ha osservato il giornalista scientifico di
Science Kai Kupferschmidt, utilizzare i ricoveri come misura chiave per stabilire nuove restrizioni «è un po’ come dire al rilevatore di fumo di non iniziare a emettere un segnale acustico quando rileva del fumo, ma solo quando inizia a sciogliersi a causa del calore».
L’Austria, uno dei Paesi europei al momento
più colpiti dall’epidemia, mostra che cosa succede quando si introducono in ritardo le misure di contenimento. All’inizio, nonostante una forte crescita dei contagi, l’Austria non ha adottato nuove restrizioni, poi ha scelto di applicare una sorta di “lockdown dei non vaccinati”, per cambiare idea pochi giorni dopo e
imporre un lockdown totale per almeno dieci giorni.
Un’ingannevole percezione del rischio, anche dovuta a una
comunicazione errata da parte dei politici, può portare le persone a non prendere le dovute cautele o a sottovalutare l’importanza della terza dose di vaccino, nella convinzione che le due dosi già ricevute siano sufficienti. Al 22 novembre in Italia
ha ricevuto la terza dose meno della metà delle persone sopra i 60 anni che ne hanno diritto, con enormi differenze tra le regioni (Grafico 1).