Scuola, green pass e vaccini: le cinque cose da sapere

Pagella Politica
Tra il 6 e il 20 settembre gli studenti di tutta Italia torneranno in classe. Nel secondo anno scolastico che comincia durante la pandemia di Covid-19, sono ancora tante le domande che circolano e alimentano il dibattito pubblico e politico: a che punto sono le vaccinazioni per il personale scolastico, e ha senso vaccinare anche i più giovani? Il Garante della privacy ha davvero bocciato l’obbligo di green pass per il personale scolastico? E l’Italia è l’unico Paese in Europa ad aver imposto questa misura?

Abbiamo provato a rispondere ai dubbi più frequenti, mettendo insieme le informazioni attualmente disponibili. Prima di cominciare, vediamo brevemente come sarà organizzato il prossimo anno scolastico.

Come funziona il ritorno a scuola, quest’anno

Il 6 agosto il governo Draghi ha varato il “Piano scuola 2021-2022”, il pacchetto di norme che regolano l’imminente ripresa dell’attività didattica.

Le lezioni cominceranno in presenza. Un eventuale passaggio alla didattica a distanza sarà possibile solo tramite provvedimenti specifici dei governatori di Regioni o province passate in zona arancione o rossa, o per via di iniziative avviate da singole istituzioni scolastiche ma «solo in circostanze di eccezionale e straordinaria necessità». Il Comitato tecnico scientifico (Cts) ha affermato di considerare il mantenimento della didattica in presenza come una priorità «assolutamente necessaria» per tutto l’anno.

Una delle principali novità per il prossimo anno scolastico sta nel fatto che, a partire dal 1° settembre e fino almeno al 31 dicembre, per accedere agli edifici tutto il personale scolastico dovrà mostrare il green pass. L’obbligo vale anche per gli studenti universitari, mentre sono esentati gli alunni fino alla quinta superiore.

Il Cts ha ritenuto non necessaria nemmeno l’esecuzione di tamponi o altre operazioni di screening per gli studenti che entrano in aula, ma alcune Regioni si stanno comunque organizzando per effettuare test a campione. Fonti di stampa riportano inoltre che l’Istituto superiore di sanità (Iss) starebbe studiando un protocollo per effettuare ogni mese test salivari su 110 mila alunni.

Nel caso in cui uno studente dovesse risultare positivo al coronavirus, le procedure da seguire saranno diversificate in base allo status vaccinale dei compagni di classe: i vaccinati infatti dovranno stare in quarantena per sette giorni, mentre per i non vaccinati la durata della quarantena rimane di 10 giorni. In entrambi i casi è necessario fare un tampone alla scadenza della quarantena, prima di rientrare in aula.

Dopo questa premessa, vediamo ora quali sono alcune delle domande più diffuse legate a scuola e pandemia.

Quanti sono i vaccinati tra il personale scolastico?

Secondo l’ultimo report della Presidenza del Consiglio dei Ministri, aggiornato al 20 agosto 2021, complessivamente l’81,8 per cento del personale scolastico è completamente immunizzato, e l’84,2 per cento ha ricevuto almeno una dose. Secondo gli ultimi dati le persone che non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose sono 186.571: il 12,2 per cento del totale.

Per quanto riguarda la situazione a livello regionale, al 20 agosto in Friuli-Venezia Giulia e in Campania il 100 per cento del personale scolastico aveva ricevuto almeno una dose di vaccino, seguite dal Lazio (99,5 per cento) e l’Abruzzo (99,4 per cento). Agli ultimi posti troviamo invece Sardegna (67,1 per cento), la provincia autonoma di Bolzano (63,5 per cento) e infine la Sicilia (58 per cento).

Come abbiamo già spiegato, questi dati sono stati contestati da diverse regioni – generalmente quelle in fondo alla classifica – e potrebbero essere imprecisi. La campagna vaccinale per il personale scolastico è infatti stata avviata e interrotta più volte a partire da gennaio, anche a causa dei cambiamenti relativi alle indicazioni di somministrazione per il vaccino di AstraZeneca.

È possibile quindi che alcuni insegnanti, tecnici o amministratori si siano vaccinati senza indicare la propria professione, ma prenotandosi come tutti gli altri, e non rientrino quindi nelle statistiche ufficiali. Proprio per questo il Il commissario all’emergenza Covid-19 Francesco Paolo Figliuolo ha chiesto alle regioni di consegnare entro il 20 agosto numeri certi sul tema, ma al momento non è chiaro se ciò sia stato fatto e dunque se i numeri contenuti nel report sopra citato possano essere considerati definitivi.

Il green pass per il personale scolastico c’è solo in Italia?

In un recente fact-checking abbiamo verificato se davvero solo in Italia, come affermato da qualche esponente politico, esista l’obbligo di green pass per il personale scolastico. La risposta è “nì”, anche se il nostro Paese risulta essere tra i più severi in questo campo.

Tra i grandi Paesi europei, Francia e Spagna non hanno imposto per ora né la vaccinazione, né l’obbligo di tampone negativo o di certificato di guarigione per il personale scolastico. Al contrario diversi länder tedeschi richiederanno sia al personale scolastico che agli studenti non vaccinati di presentare l’esito di un test anti-Covid negativo due volte a settimana per poter accedere agli edifici.

Questo di fatto è possibile anche in Italia, dove per ottenere il green pass i non-vaccinati devono presentare un tampone negativo ogni 48 ore. La stessa soluzione è stata adottata anche dalla Grecia e sembra che altri Stati europei si stiano orientando in questa direzione.

Il Garante della privacy ha bocciato il green pass?

Diversi esponenti politici hanno criticato la decisione di imporre l’uso del green pass in ambito scolastico, una misura vista come «discriminatoria» nei confronti del degli insegnanti e del personale. Tra gli altri il senatore Paolo Giuliodori, ex Movimento 5 stelle ora nel gruppo Misto, ha affermato che anche Garante della privacy si sarebbe espresso in modo negativo riguardo al green pass dichiarando esplicitamente, in un provvedimento «del 13 maggio», che «nei luoghi di lavoro non è consentita alcuna discriminazione relativa alla vaccinazione anti Covid».

Il provvedimento a cui fa riferimento Giuliodori è il documento di indirizzo “Vaccinazione nei luoghi di lavoro: indicazioni generali per il trattamento dei dati personali”, pubblicato proprio il 13 maggio. Lì si legge quanto riportato da Giuliodori: secondo il Garante della privacy «non è consentito far derivare alcuna conseguenza, né positiva né negativa, in ragione della libera scelta del lavoratore in ordine all’adesione o meno alla campagna vaccinale».

In realtà a scuola non c’è però alcuna discriminazione nei confronti dei non-vaccinati. Coloro che infatti non vogliono sottoporsi all’immunizzazione possono ottenere il green pass, e accedere quindi agli edifici scolastici come tutti gli altri, presentando l’esito di un tampone negativo ricevuto nelle 48 ore precedenti oppure un certificato che attesti l’avvenuta guarigione negli ultimi sei mesi. Quindi ci sono alternative alla vaccinazione, che rimane volontaria.
Negli ultimi giorni si è anche discusso di un’altra questione legata a privacy e green pass, e in particolare della possibilità per gli istituti scolastici di avere a disposizione una lista con i nomi e i cognomi del personale vaccinato.

In un’intervista con La Repubblica del 25 agosto però Pasquale Stanzione, presidente del Garante della privacy, ha escluso questa eventualità affermando che i presidi, o chi per essi, sono tenuti soltanto «a verificare il possesso di una certificazione valida», cioè appunto il green pass, senza entrare nel merito delle scelte vaccinali o della condizione sanitaria dei dipendenti.

È necessario vaccinare anche i più giovani?

Un altro popolare argomento di discussione negli ultimi mesi è la possibilità di vaccinare anche bambini e ragazzi dai 12 ai 17 anni, per i quali al momento l’Agenzia italiana del farmaco ha approvato i vaccini di Pfizer e Moderna.

Diversi esponenti politici infatti hanno sostenuto che immunizzare i giovani potrebbe creare più rischi che benefici per loro, mentre altri parlamentari hanno affermato l’esatto contrario. Il ragionamento di base dei contrari è che, dato che generalmente i minorenni sani contraggono la Covid-19 solo in forma lieve o asintomatica, il rischio di possibili effetti collaterali dei vaccini – che ci sono, ma sono rarissimi – li metterebbe più in pericolo rispetto alla vera e propria malattia.

Come abbiamo spiegato di recente, le cose non sono così semplici e i benefici della vaccinazione dei più giovani sono evidenti non tanto a livello del singolo individuo quanto della comunità. La vaccinazione infatti riesce a ridurre notevolmente la possibilità di essere contagiati – con un’efficacia dell’82,5 per cento, secondo l’ultimo rapporto dell’Iss aggiornato al 18 agosto – e anche quella di trasmettere il virus. Quindi mette in sicurezza non solo il singolo vaccinato ma tutta la popolazione.

Sebbene quindi alcuni dubbi possono essere legittimi, soprattutto perché il tasso di mortalità della Covid-19 i giovani è già molto basso, vaccinare quante più persone possibile rimane comunque fondamentale per contenere la situazione di emergenza sanitaria.

Useremo i tamponi salivari a scuola?

Negli ultimi giorni la Lega sta promuovendo un uso massiccio dei tamponi salivari nelle scuole, visti come uno strumento utile per tenere sotto controllo i contagi e bloccare subito eventuali focolai. Il 25 agosto per esempio Matteo Salvini, ospite ad Agorà su Rai3, ha elogiato (min. 6:25) due assessori della Regione Marche – Filippo Saltamartini (Sanità) e Giorgia Latini (Istruzione), entrambi della Lega – per l’acquisto di 500 mila test salivari «per gli alunni e gli insegnanti, per la riapertura delle scuole».

Come abbiamo spiegato, al momento il piano della Lega è però piuttosto confuso. Non è chiaro infatti a quali tamponi salivari faccia riferimento: esistono infatti quelli molecolari, più sensibili ma che richiedono analisi di laboratorio piuttosto lunghe, oppure quelli antigenici, meno affidabili ma con risultati più immediati – e a chi dovranno essere somministrati.

L’ipotesi più fattibile sembra essere quella di sottoporre al test salivare gli studenti entrati a contatto con un caso positivo, in modo da isolare e mettere in quarantena soltanto coloro che hanno contratto il virus e non tutta la classe. In alternativa alcuni esponenti leghisti, tra cui l’assessore all’Istruzione della Regione Marche Giorgia Latini, hanno proposto che anche i test salivari antigenici (quelli meno affidabili ma più veloci) siano riconosciuti come validi per il green pass.

Alcune Regioni, come il Veneto, si stanno inoltre muovendo per eseguire test a tappeto in una serie di istituti in modo da «monitorare costantemente il livello di circolazione del Covid», un’idea a cui secondo fonti di stampa starebbe lavorando anche l’Iss.

Come anticipato, al momento il governo non ha predisposto un programma di screening o monitoraggio sistematico nelle scuole, e quindi non sono previsti controlli a tappeto.

In conclusione

Tra il 6 e il 20 settembre gli studenti italiani ritorneranno in classe, nel vero senso della parola: quest’anno infatti le lezioni cominceranno al 100 per cento in presenza, una modalità che il governo si augura di poter mantenere per tutto l’anno scolastico.

Una delle novità più importanti sta nell’uso obbligatorio del green pass per il personale scolastico (e gli studenti universitari): al momento questa misura è formalmente attiva solo in Italia, anche se altri Paesi europei – come la Grecia e alcuni länder tedeschi – hanno imposto al personale non vaccinato di effettuare un test anti-Covid almeno due volte a settimana.

Inoltre, il Garante della privacy non ha bocciato l’uso del green pass a scuola, ma solo l’adozione di comportamenti discriminatori nei confronti dei non vaccinati (la certificazione verde è ottenibile anche presentando un tampone negativo o il certificato di recente guarigione).

In ogni caso, è anche importante considerare che secondo gli ultimi dati più dell’80 per cento del personale scolastico risulta completamente immunizzato. Per quanto riguarda invece gli studenti, ricordiamo che vaccinare quante più persone possibili, in tutte le fasce d’età, è fondamentale contenere gli effetti peggiori della pandemia che continua ormai da quasi due anni.

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