Una delle misure contenute nel disegno di legge di Bilancio per il 2023, approvato dal Consiglio dei ministri, riguarda l’estensione del regime forfetario per le partite Iva, quello che da anni la Lega chiama impropriamente flat tax. Al momento, i lavoratori autonomi con ricavi fino a 65 mila euro possono decidere di pagare in imposte una percentuale fissa del 15 per cento. Il governo Meloni ha deciso di alzare questa soglia a 85 mila euro, avvicinandola ai 100 mila euro promessi in campagna elettorale dal programma della coalizione di centrodestra.

La proposta di aumentare la platea dei beneficiari del regime forfetario (attualmente sono circa 2 milioni) è stato uno dei cavalli di battaglia del leader della Lega Matteo Salvini, che nelle settimane precedenti alle elezioni del 25 settembre 2022 ha più volte ripetuto che la flat tax «si paga da sola». All’epoca avevamo spiegato che questo non era vero: se lo Stato decide di tagliare le imposte a una parte dei contribuenti, deve trovare le risorse economiche per colmare le minori entrate. 

Ora le dichiarazioni di Salvini sono state smentite dal viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo (Fratelli d’Italia), compagno di governo del leader della Lega, che è ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il 23 novembre, in un’intervista con il Corriere della Sera, Leo ha ammesso che, secondo le stime del suo ministero, l’aumento dei beneficiari del regime forfetario costerà alle casse dello Stato 281 milioni di euro nel 2023, 347 milioni di euro nel 2024 e 379 milioni di euro «a regime», ossia per ognuno degli anni successivi (Leo ha anche dichiarato che nella legge di Bilancio del governo Meloni «non ci sono condoni» fiscali, ma non è vero, come spieghiamo qui).

Anche la legge di Bilancio per il 2019, approvata dal primo governo Conte sostenuto da Movimento 5 stelle e Lega (con Salvini ministro e vicepresidente del Consiglio), aveva ampliato i beneficiari del regime forfetario fino all’attuale soglia dei 65 mila euro. All’epoca, il governo aveva stimato che, a causa di questa estensione, nel 2019 lo Stato avrebbe perso 330 milioni di euro di entrate, che salivano a 1,8 miliardi di euro nel 2020, per poi stabilizzarsi a un costo annuo di 1,4 miliardi di euro fino al 2028.