Pesa di più l’elusione o l’evasione fiscale?

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha aggiornato le stime sulle imposte non pagate in Italia, da non confondere con quelle sulle tasse “aggirate”
ANSA
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Il 2 gennaio il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato l’aggiornamento della relazione che ogni anno stima il valore dell’evasione fiscale in Italia. Secondo i dati più aggiornati, nel 2021 l’evasione delle imposte e dei contributi si è attestata intorno agli 86 miliardi di euro, in continuo calo rispetto ai 108 miliardi del 2015.

Il tema dell’evasione fiscale compare spesso nelle dichiarazioni dei politici, a volte messo in relazione o sovrapposto a un fenomeno collegato, ma separato: quello dell’elusione fiscale. A dicembre, per esempio, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha dichiarato in un’intervista con il Corriere della Sera che «non possiamo avere un’Europa in cui ci sono i paradisi fiscali senza palme che permettono ad alcuni gruppi multinazionali di pagare aliquote dello zero virgola». A maggio 2023 la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha accusato le banche e le big company di essere le vere responsabili dell’evasione fiscale, e non i lavoratori autonomi. I numeri le davano torto, ma come avevamo raccontato all’epoca è molto probabile che Meloni non facesse riferimento solo all’evasione fiscale, ma anche a tutte quelle tasse il cui pagamento non viene evaso, ma eluso.

Numeri alla mano, qual è l’ordine di grandezza che c’è tra l’evasione fiscale e l’elusione fiscale? Per rispondere a questa domanda bisogna prima fare chiarezza sui due termini.

Le differenze tra evasione ed elusione

Un contribuente, sia esso un cittadino o un’azienda, evade il fisco quando usa un metodo illegale per non pagare quanto dovuto allo Stato in tasse o contributi, come quelli previdenziali. Il concetto di “elusione fiscale” si riferisce invece a un aggiramento delle regole per il pagamento delle tasse che permette, in modo legale o comunque non esplicitamente illecito, di pagare meno sfruttando regimi fiscali agevolati, regole diverse sul livello di tassazione tra Paesi e classificazioni del reddito più vantaggiose. Vediamo un paio di esempi per capire meglio di che cosa stiamo parlando.

Un lavoratore autonomo che registra ricavi pari a 90 mila euro l’anno può decidere di non dichiarare 5 mila euro per poter rientrare nel regime forfettario, previsto per le partite Iva con ricavi fino a 85 mila euro. In questo caso il lavoratore evade l’imposta che avrebbe dovuto pagare sui 5 mila euro addizionali non dichiarati e, allo stesso tempo, elude il fisco, pagando le tasse sul reddito prodotto dagli 85 mila euro di ricavi, ma sfruttando un’aliquota ridotta (la cosiddetta “flat tax” al 15 per cento per le partite Iva). Senza sottodichiarazione avrebbe dovuto pagare un’imposta più alta. 

Un altro esempio classico di elusione fiscale è quello dei grandi gruppi multinazionali che spostano la propria sede legale in Paesi con regimi fiscali vantaggiosi all’interno dell’Unione europea, come i Paesi Bassi o l’Irlanda.

Le stime sull’elusione

Il problema dell’elusione fiscale, soprattutto per le grandi aziende di tecnologia, è che non è semplice calcolare quanto gettito è effettivamente sottratto alle casse dello Stato. Per esempio molte delle attività delle piattaforme di social network o dei siti di commercio online nell’Ue non sono riconducibili a un singolo Paese. I dipendenti di Amazon che lavorano in Italia sono tassati con la legge italiana, dato che si trovano fisicamente nel Paese, ma lo stesso ragionamento non vale per tutti i proventi dalle vendite online o dai servizi come Amazon Pay o Prime. La questione diventa ancora più complicata con le società proprietarie dei social network, che registrano proventi dalla vendita di pubblicità, anche con campagne internazionali, o dalla cessione di dati.

Negli anni sono state pubblicate alcune stime sul valore dell’elusione fiscale a livello internazionale. Lo scorso 14 dicembre Mediobanca, uno dei principali istituti di credito italiani, ha pubblicato il Report WebSoft 2023, che analizza le 25 principali aziende del web nel mondo (undici sono statunitensi, dieci cinesi, due tedesche, una giapponese e una coreana). Secondo le stime di Mediobanca, nel 2022 queste aziende hanno risparmiato quasi 14 miliardi di euro grazie alla fiscalità agevolata in altri Paesi, cifra che sale a quasi 51 miliardi di euro nei quattro anni tra il 2019 e il 2022. «Nel periodo 2019-2022 la tassazione in Paesi a fiscalità agevolata ha determinato per Tencent (proprietaria di WeChat, ndr), Microsoft e Alphabet (proprietaria di Google, ndr) un risparmio fiscale rispettivamente di 19,2 miliardi di euro, 12,3 miliardi e 7,1 miliardi», si legge nel rapporto. 

Questa stima è parziale dato che riguarda solo alcune aziende. Prima della pandemia di Covid-19 l’elusione fiscale in tutta l’Ue era stimata tra i 100 e i 200 miliardi di euro, dunque all’interno di una forbice molto ampia.

I dati sull’evasione

Come detto, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha aggiornato le sue stime sul fenomeno dell’evasione fiscale in Italia. Nel suo aggiornamento il ministero ha stimato che nel 2021 (anno con i dati più aggiornati) in Italia il cosiddetto tax gap delle imposte e dei contributi ha raggiunto un valore pari a 83,6 miliardi di euro. In parole semplici, il tax gap è la differenza tra il valore complessivo delle imposte e dei contributi che lo Stato dovrebbe incassare e il valore di quello effettivamente versato. Nel 2021 l’evasione delle imposte ammontava a 73,2 miliardi di euro, mentre quella dei contributi a 10,4 miliardi. 

In base a questi numeri, il fenomeno dell’evasione fiscale pesa di più dell’elusione: nonostante il calo registrato negli anni, da sola l’evasione fiscale e contributiva in Italia supera la stima fatta da Mediobanca sull’elusione fiscale delle 25 principali società di tecnologia nei quattro anni tra il 2019 e il 2022.

È possibile anche confrontare i dati delle piccole imprese, la cui evasione non avrebbe un grande impatto secondo Meloni, e quelli sulle big company, che trarrebbero un grande vantaggio da elusione ed evasione. Nel 2021 l’evasione dell’Irpef da lavoro autonomo e piccola impresa e dell’Iva, riconducibile principalmente anch’essa alle piccole imprese e agli autonomi, valeva circa 30 miliardi, più di un terzo di tutta l’evasione italiana.

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