Quando un politico in una dichiarazione parte «da un dato o da una asserzione non del tutto irrealistica, ma come minimo vaga o eccessivamente generale, per poi trarne conclusioni scorrette», si merita un “Pinocchio andante” tra i nostri verdetti.

Nel 2019 ne abbiamo dati 51, pari al 16 per cento circa del totale dei nostri verdetti: più del doppio delle “Panzane pazzesche”, le affermazioni dei politici completamente e gravemente sbagliate.

Ma quali sono stati i “Pinocchi” più memorabili dell’anno? Vediamoli insieme.

In Europa vado io o vai tu?

Ministri e governi vengono spesso accusati dall’opposizione di turno di non aver fatto abbastanza in sede europea o di non essere stati sufficientemente presenti in Europa. A volte però queste critiche contengono delle significative imprecisioni.

È questo il caso, ad esempio, di due dichiarazioni rilasciate sul tema da Manlio di Stefano (M5s) e Nicola Zingaretti (Pd) nel corso del 2019, entrambe aggiudicatesi un “Pinocchio andante”.

Con la sua dichiarazione, Di Stefano voleva marcare una distinzione tra i ministri del M5s – a detta dell’esponente M5s sempre presenti alle riunioni europee – e l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di essere spesso assente. Dati alla mano (qui consultabili), risulta però che molti dei ministri del governo gialloverde (M5s e non) erano soliti far presenziare sottosegretari o diplomatici competenti in materia, collezionando – in alcuni casi – un numero di assenze in proporzione superiore a quello di Salvini.

Il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha invece accusato con le sue parole il governo gialloverde di non aver partecipato a 6 delle 7 riunioni del Consiglio dell’Ue in formazione “Giustizia e Affari interni” in cui si discuteva di immigrazione. Il dato citato da Zingaretti è però impreciso. Infatti, l’allora ministro dell’Interno aveva partecipato a 2 delle 8 riunioni tenutesi nel periodo in cui era in carica. Ma al di là di questa leggera imprecisione, la sua assenza non significa – come fatto credere da Zingaretti – che il governo italiano e le sue posizioni non venissero rappresentate in quella sede. Infatti, a queste riunioni ha partecipato nella maggioranza dei casi l’allora sottosegretario al ministero dell’Interno Nicola Molteni (Lega), rappresentando le posizioni del governo di cui faceva parte.

Pinocchi gialloverdi e non

Anche due delle misure cardine del governo gialloverde – quota 100 e il reddito di cittadinanza – sono state occasione per dichiarazioni piuttosto imprecise.

Quota 100

Per quanto riguarda quota 100, Alessia Morani, deputata del Pd, si è aggiudicata un “Pinocchio andante”, quando il 1° luglio 2019 ha affermato che «il governo [gialloverde n.d.a] taglia 4 miliardi alla scuola per finanziare quota 100». Morani ha però sbagliato su due fronti. Da una parte, la riduzione di 4 miliardi in spese per l’istruzione tra il 2019 e il 2020 prevista in legge di Bilancio 2019 ha a che vedere con il fatto che le spese per i supplenti con contratto a tempo determinato della durata di un anno vengono contabilizzate solamente per il periodo in cui il contratto è in vigore (appunto per il 2019). Per gli anni successivi, non sapendo con certezza quali contratti verranno rinnovati e, quindi, quale sarà la spesa per i supplenti nel 2020 e nel 2021, il Ministero delle Finanze ha deciso di non mettere a bilancio quelle spese. In questo modo, la differenza di 4 miliardi poteva sembrare un taglio quando, in realtà, era semplicemente una questione di contabilità.

Dall’altra parte, l’aumento dei fondi tra il 2019 e il 2020 per quota 100 (pari a 4 miliardi), riguardava semplicemente gli stanziamenti. Ciò non significa perciò che lo Stato avrebbe per forza speso 4 miliardi in più nel 2020 per finanziare questa misura. Ciò sarebbe avvenuto solamente se le richieste per quota 100 fossero state in linea con quanto preventivato. Fatto però non verificatosi, dato che già al momento della dichiarazione di Morani il governo gialloverde – visto un numero di richieste inferiore alle aspettative – aveva rivisto le risorse destinate a questa misura, “congelando” 1,5 miliardi di risorse non spese.

Sulla stessa quota 100, anche la maggioranza si è rivelata essere piuttosto imprecisa. A febbraio, infatti, Matteo Salvini si era aggiudicato un “Pinocchio andante” per aver detto che con quota 100 «un milione di persone andranno in pensione e al loro posto entreranno i giovani». La relazione positiva tra prepensionamento e nuove opportunità lavorative per i giovani non è però dimostrata. Anzi. Gli economisti sono concordi (come si può leggere in questo report dell’Ufficio parlamentare di bilancio) nel dire che, viste le diverse competenze e vocazioni generazionali, le politiche di prepensionamento sono inefficaci quando si tratta di creare posti di lavoro per i giovani.

Inoltre, bisogna ricordare che una parte delle persone che hanno aderito alla misura erano disoccupati e che, secondo i dati aggiornati al 21 novembre 2019, le richieste di prepensionamento con quota 100 sono state circa 205 mila. Numeri ben inferiori al «milione» prospettato da Salvini.

Reddito di cittadinanza

L’altra misura cardine del governo gialloverde ad essere stata oggetto di dichiarazioni poco accurate è il reddito di cittadinanza (Rdc). Queste dichiarazioni sono arrivate sia dalle fila della maggioranza che da quelle dell’opposizione.

Tra i sostenitori imprecisi troviamo, a titolo d’esempio, la deputata del M5s Vittoria Baldino, che l’11 dicembre ha attribuito al reddito di cittadinanza una riduzione della povertà del 60 per cento. Anche se la stessa percentuale è stata menzionata in un’intervista dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico e, di recente dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel suo discorso di fine anno, il dato non trova riscontro negli studi ufficiali dell’Istat o di altri enti di ricerca istituzionali. Gli unici dati in materia di Rdc riguardano le persone coinvolte dalla misura pari a 2,38 milioni di individui, ossia circa il 47 per cento dei 5 milioni di italiani in povertà assoluta. Il 60 per cento citato sarebbe invece la platea di persone in povertà assoluta che potrebbe beneficiare dell’Rdc. In ogni caso, anche se questi individui venissero raggiunti dal Reddito di cittadinanza non è per forza detto che la povertà assoluta si ridurrebbe di pari proporzione.

Anche i detrattori dell’Rdc hanno riportato dati in maniera piuttosto scorretta e fuorviante. Una di questi è Giorgia Meloni, che il 1° dicembre ha scritto in un post Facebook che grazie al governo giallorosso 3,6 milioni di extracomunitari avranno meno difficoltà a beneficiare di questo sussidio. La dichiarazione è però errata su diversi fronti. In primo luogo, i precettori del Reddito di cittadinanza di origine extracomunitaria erano stimati essere circa 172 mila a settembre 2019.

In secondo luogo, 3,6 milioni (o meglio, 3,7) è il totale dei residenti di origine extracomunitaria nel nostro Paese al 1° gennaio 2019. Ciò non significa però che queste persone possano beneficiare dell’Rdc. Da una parte, solo una parte di essi rispettano il requisito dei 10 anni di residenza necessario per ottenere il sussidio. Ma soprattutto, i cittadini extracomunitari che si trovano in condizione di povertà assoluta sono meno di 3,6 milioni, dato che il totale degli stranieri (extracomunitari e non) che si trova in questa condizione è pari a circa 1,5 milioni.

Pinocchi di acqua e di plastica

A chiudere il nostro speciale sui “Pinocchio andante” troviamo poi le bufale legate all’ambiente. Anche su questo fronte, alcuni politici italiani hanno riportato informazioni scorrette.

Tra questi troviamo il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che il 18 settembre 2019 ha scritto su Twitter che «il 79 per cento del nostro #territorio è a forte #rischio idrogeologico». La percentuale riportata da Costa non trova però riscontro nei dati ufficiali dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), istituto sottoposto al controllo dello stesso ministero dell’Ambiente, che invece classifica il 16,6 per cento del territorio nazionale come area caratterizzata da alto grado di pericolosità per frane o alluvioni.

A fare compagnia al ministro Costa troviamo anche Roberto Morassut (Pd) – sottosegretario dello stesso ministero presieduto da Costa – che il 25 ottobre 2019 ha dichiarato che «in Italia ogni anno si disperdono in mare 150 mila tonnellate di plastiche in gran parte monouso e proveniente per l’80 per cento dalle acque interne (fiumi e laghi)».

I dati del Wwf (il World wildlife fund, la più grande organizzazione mondiale per la conservazione della natura) mostrano però un quadro diverso rispetto a quello presentato da Morassut. Infatti, sulla base di diversi studi scientifici, il Wwf stimache nel 2016 erano 53 miliardi le tonnellate di plastica riversate in mare dall’Italia. 150 mila tonnellate (il numero citato da Morassut) sarebbe invece la stima minima della quantità di plastica riversate ogni anno nell’intero Mar Mediterraneo da tutti i Paesi che si affacciano su di esso.

A questo si aggiunge poi il fatto che lo stesso Wwf riporta che solo il 4 per cento della plastica di origine italiana deriva dai fiumi e dai laghi (contro l’80 per cento citato da Morassut), mentre la maggior parte di essa (pari al 78 per cento del totale) proviene dalle attività costiere, «a causa – a detta del Wwf – di una gestione inefficiente dei rifiuti, l’intenso flusso turistico e le attività ricreative».