Il “Taglia leggi” del governo Meloni non convince tutti

Un disegno di legge, approvato dalla Camera, cancella migliaia di atti risalenti alla monarchia. Dall’opposizione sono stati sollevati alcuni dubbi
Ansa
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Il 12 novembre la Camera ha approvato il disegno di legge che cancella oltre 30 mila norme introdotte tra il 1861 e il 1946, prima della nascita della Repubblica. Il disegno di legge, che ora dovrà essere esaminato dal Senato, è il risultato dell’unione di cinque disegni di legge presentati dalla ministra per le Riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia) e approvati dal governo tra maggio e novembre 2023. 

L’obiettivo è chiaro: semplificare il sistema normativo italiano (basti pensare che è impossibile sapere quante sono le leggi in vigore in Italia). «In un Paese moderno non c’è spazio per leggi vecchie e ormai superate: l’Italia ha bisogno di un quadro normativo chiaro che garantisca la certezza del diritto», aveva scritto su X Casellati il 27 giugno dell’anno scorso. In passato altri governi hanno cercato di sfoltire le leggi italiane, con i provvedimenti ribattezzati dalla stampa “Taglia leggi”, ma non con grande successo. E anche sulle misure volute dal governo Meloni, in molti hanno dei dubbi.

Un taglio netto

Il disegno di legge approvato dalla Camera prevede l’abrogazione di alcuni “regi decreti”, ossia quelli approvati dai re d’Italia, e di alcuni atti pre-repubblicani, tra cui quelli approvati da Benito Mussolini. Gli atti che il governo vuole cancellare sono elencati negli allegati al disegno di legge, per un totale che supera le 1.600 pagine. 

Tra i decreti regi di cui si propone l’abrogazione, ce n’è uno che nel 1861 ha imposto alle «Finanze dello Stato» di cedere al «sig. Luigi Rinaldi una casa Demaniale nella Città di Rimini». Le case demaniali sono edifici di proprietà dello Stato assegnati, per esempio, a un funzionario pubblico per svolgere le sue funzioni. C’è poi un regio decreto con cui nel 1870 è stata approvata «la Convenzione per la reciproca estradizione dei malfattori tra l’Italia e la Francia». A questi si aggiungono decreti e leggi che hanno introdotto regolamenti comunali, di polizia, e che hanno imposto tasse comunali oggi non più riscosse. 

Tra le cose più curiose, il disegno di legge chiede di abrogare il decreto regio del 1932, approvato sotto il regime fascista, che disponeva l’emissione di «francobolli celebrativi del Decennale della Marcia su Roma e dell’avvento al potere del Fascismo», e il decreto del 1943, firmato da Mussolini, che stabiliva il «regolamento della produzione, del collocamento e della vendita del seme del baco da seta».

Le correzioni

La Commissione Affari costituzionali della Camera ha iniziato l’esame dei disegni di legge presentati dal governo il 14 dicembre 2023, e ha approvato un testo unico sette mesi dopo. 

Il 18 giugno 2024, durante una seduta della Commissione Affari costituzionali, il deputato del Partito Democratico Federico Fornaro – che pur condivide l’idea di semplificare il sistema normativo – ha chiesto a Casellati e al suo ministero di fare ulteriori controlli affinché non ci fossero atti tra quelli da abrogare che hanno ancora oggi effetti. Dopo essersi consultata con i suoi esperti e con gli altri ministeri, il 3 luglio la ministra è tornata in Commissione Affari costituzionali alla Camera annunciando che sarebbero stati necessari alcuni emendamenti al testo, per eliminare dalla lista una serie di atti la cui cancellazione avrebbe comportato dei problemi.

Il relatore del disegno di legge, Nazario Pagano (Forza Italia), che è anche il presidente della Commissione Affari costituzionali, ha così presentato cinque emendamenti al testo, che sono stati approvati. Con un emendamento sono stati tolti dalla lista degli atti da abrogare alcuni regi decreti che hanno stabilito i confini tra comuni, ancora oggi esistenti. La loro cancellazione avrebbe causato problemi di tipo amministrativo. Per esempio, si è rischiato di cancellare il decreto del re con cui nel 1904 sono stati fissati i confini tra Triora e Molini di Triora, due comuni limitrofi in provincia di Imperia. Un altro emendamento ha eliminato dall’elenco delle norme da abrogare alcuni atti che stabilivano la creazione di nuove parrocchie, tra cui la Parrocchia di Sant’Antonio da Padova nella borgata dell’Arenella a Palermo, ancora oggi esistente. Dopo le correzioni, il 2 ottobre il disegno di legge è stato approvato dalla commissione ed è passato all’esame dell’aula della Camera.
Immagine 1. Il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera Nazario Pagano – Fonte: Ansa
Immagine 1. Il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera Nazario Pagano – Fonte: Ansa

I dubbi

In aula alla Camera alcuni esponenti dei partiti all’opposizione hanno criticato il metodo alla base della semplificazione normativa voluta dal governo. 

Il 12 novembre i deputati del Movimento 5 Stelle hanno ripresentato un emendamento, già bocciato in commissione, che chiedeva al governo di presentare, entro sei mesi, una relazione sull’effetto degli atti che saranno abrogati. Come avvenuto in commissione, i partiti che sostengono il governo hanno bocciato l’emendamento del Movimento 5 Stelle. A questo punto, il Movimento 5 Stelle, insieme al Partito Democratico, ad Alleanza Verdi-Sinistra e a Italia Viva, si è astenuto nel voto finale sul “Taglia leggi”. «È giusto combattere l’ipertrofia normativa, è giusto dare regole certe a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, ma farlo in modo affrettato non è assolutamente conveniente, anche perché il numero di norme che andiamo ad abrogare è enorme», ha detto la deputata del Movimento 5 Stelle Enrica Alifano in aula, precisando che il suo partito non è contrario a prescindere alla semplificazione normativa. «Non siamo pregiudizialmente contrari, come credo nessuno possa esserlo in quest’aula, a un lavoro di pulizia, a un lavoro di delegificazione, a un lavoro che consenta di avere un parco di norme vigenti molto più ristretto e, quindi, più facilmente utilizzabile e conoscibile da parte di tutti. Ma al tempo stesso abbiamo il timore che, in questa furia “semplificatrice”, siano finiti anche provvedimenti che invece mantengono una loro validità», ha aggiunto il deputato del PD Fornaro. 

L’unico partito di opposizione che ha votato a favore del “Taglia leggi”, insieme ai partiti al governo, è stato Azione, che però non ha risparmiato critiche al provvedimento. «Noi esprimeremo un voto favorevole. Per la verità, abbiamo sperato che passasse anche l’unico emendamento proposto [quello del Movimento 5 Stelle, ndr], perché andava nella direzione di recuperare, almeno sotto certi profili, la centralità del Parlamento, cosa di cui abbiamo molto bisogno, che avrebbe ridato alle Camere, almeno sotto questo profilo, un ruolo che dobbiamo provare a recuperare in ogni settore», ha dichiarato in aula il deputato di Azione Antonio D’Alessio.

Anche alcuni esperti hanno sollevato dubbi sul provvedimento voluto dal governo. Secondo il costituzionalista Mauro Volpi, professore di diritto costituzionale all’Università di Perugia, «per semplificare il nostro sistema normativo bisognerebbe innanzitutto evitare di approvare nuove norme che si aggiungono a quelle già esistenti su una stessa materia, complicandone così l’applicazione». Il governo Meloni ha fatto invece proprio questo, soprattutto in ambito penale, per esempio approvando decine di nuovi reati su materie simili tra loro. 

Per essere approvato definitivamente, il disegno di legge che cancella oltre 30 mila tra regi decreti e altri atti pre-repubblicani dovrà essere esaminato dal Senato, che potrà decidere eventuali altre modifiche al provvedimento. Se così fosse, il testo dovrebbe tornare alla Camera per un ulteriore esame: i tempi per la cancellazione definitiva degli atti risalenti alla monarchia potrebbero allungarsi.

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