No Matteo, io esco: che sia dalla Corte penale internazionale (CPI) o dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dall’Unione europea, dalla NATO oppure dall’ONU, per Matteo Salvini la soluzione a ogni minima controversia tra l’Italia e il resto del mondo sembra essere quella di uscire da una qualsiasi delle organizzazioni internazionali di cui il nostro Paese fa parte e che spesso ha contribuito a fondare.
L’ultima “exit strategy” in ordine di tempo è quella nei confronti della Corte penale internazionale (CPI), che in questi giorni è al centro di una polemica con l’Italia per il caso della liberazione del carceriere libico Almasri. Il 10 febbraio infatti Salvini ha incontrato a Gerusalemme il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sul quale pende un mandato di arresto internazionale della CPI per crimini di guerra a Gaza: dopo l’incontro, il ministro delle Infrastrutture italiano ha scritto su Facebook di aver «confermato» le sue «perplessità rispetto alle recenti e indecenti decisioni della Corte penale internazionale, organismo la cui esistenza e utilità dovranno essere rimessi in discussione».
Al di là dell’opinione personale del leader della Lega sulla CPI, le parole di Salvini suonano senza dubbio come una proposta di eliminare la CPI o quantomeno far uscire l’Italia dai Paesi che la riconoscono. Lo stesso concetto era già stato espresso l’8 febbraio a Madrid, durante l’evento pubblico del gruppo dei “Patrioti per l’Europa” al Parlamento europeo: «È ora di mettere in discussione realtà come la Corte penale internazionale, che mettono sullo stesso piano i terroristi islamici di Hamas e un premier democraticamente eletto come Bibi Netanyahu», ha detto Salvini dal palco dell’evento.
Insomma, secondo il leader della Lega il modo per risolvere il contenzioso tra il nostro Paese e la CPI riguardo il caso Almasri sarebbe quello di uscire dalla lista di Stati che riconosce l’autorità della Corte, che tra l’altro è stata istituita nel 1998 proprio a Roma con un trattato internazionale chiamato, appunto, “Statuto di Roma”. E questa è solo l’ultima iniziativa simile da parte del leader della Lega, che nella sua storia politica ha proposto di uscire da molte cose.
L’ultima “exit strategy” in ordine di tempo è quella nei confronti della Corte penale internazionale (CPI), che in questi giorni è al centro di una polemica con l’Italia per il caso della liberazione del carceriere libico Almasri. Il 10 febbraio infatti Salvini ha incontrato a Gerusalemme il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sul quale pende un mandato di arresto internazionale della CPI per crimini di guerra a Gaza: dopo l’incontro, il ministro delle Infrastrutture italiano ha scritto su Facebook di aver «confermato» le sue «perplessità rispetto alle recenti e indecenti decisioni della Corte penale internazionale, organismo la cui esistenza e utilità dovranno essere rimessi in discussione».
Al di là dell’opinione personale del leader della Lega sulla CPI, le parole di Salvini suonano senza dubbio come una proposta di eliminare la CPI o quantomeno far uscire l’Italia dai Paesi che la riconoscono. Lo stesso concetto era già stato espresso l’8 febbraio a Madrid, durante l’evento pubblico del gruppo dei “Patrioti per l’Europa” al Parlamento europeo: «È ora di mettere in discussione realtà come la Corte penale internazionale, che mettono sullo stesso piano i terroristi islamici di Hamas e un premier democraticamente eletto come Bibi Netanyahu», ha detto Salvini dal palco dell’evento.
Insomma, secondo il leader della Lega il modo per risolvere il contenzioso tra il nostro Paese e la CPI riguardo il caso Almasri sarebbe quello di uscire dalla lista di Stati che riconosce l’autorità della Corte, che tra l’altro è stata istituita nel 1998 proprio a Roma con un trattato internazionale chiamato, appunto, “Statuto di Roma”. E questa è solo l’ultima iniziativa simile da parte del leader della Lega, che nella sua storia politica ha proposto di uscire da molte cose.