Che cosa prevede la legge della Toscana sul suicidio assistito

Si tratta della prima legge regionale che, in assenza di una normativa nazionale, attua alcune sentenze della Corte Costituzionale
Ansa
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Lunedì 11 febbraio il Consiglio regionale della Toscana ha approvato una proposta di legge che regolamenta a livello regionale la “morte volontaria medicalmente assistita”, più comunemente chiamata “suicidio assistito” o “eutanasia indiretta”. La legge regionale è stata approvata con 27 voti favorevoli, 13 contrari e un astenuto. A favore della legge hanno votato i partiti di centrosinistra che sostengono la giunta regionale guidata da Eugenio Giani, tra cui il PD e Italia Viva, il Movimento 5 Stelle e il gruppo misto. I partiti di centrodestra, ossia Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, che in Toscana rappresentano l’opposizione, hanno invece votato contro. L’unica astenuta è stata la consigliera regionale del PD Lucia De Robertis. 

Con l’approvazione della legge, la Toscana è la prima regione italiana a dotarsi di una normativa sul suicidio assistito a livello locale, in attesa di una normativa nazionale, che non è mai stata approvata nonostante i numerosi tentativi. Nel 2019, però, una sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato la «non punibilità» di chi, in determinate condizioni, «agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile» che è causa di sofferenze «fisiche o psicologiche» intollerabili. 

La sentenza della Corte Costituzionale era arrivata per il caso della morte di dj Fabo che, dopo essere diventato tetraplegico a causa di un grave incidente, aveva manifestato la volontà di porre fine alla sua vita. Dato che in Italia non era in vigore nessuna legge sul fine vita, dj Fabo aveva deciso di andare in Svizzera, accompagnato da Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, dove aveva fatto ricorso al suicidio assistito in una clinica il 27 febbraio 2017. L’Associazione Luca Coscioni è nata nel 2002 per difendere «le libertà civili e i diritti umani», ed è da sempre in prima linea sui temi della ricerca scientifica. Per questo aiuto, Cappato era stato imputato con l’accusa di istigazione al suicidio, e solo dopo la sentenza della Corte di Cassazione l’attivista è stato assolto.

Cosa dice la legge toscana

Con la sentenza del 2019, poi confermata con un’altra sentenza nel 2024, la Corte Costituzionale ha di fatto concesso alle regioni la possibilità di regolare il ricorso al suicidio assistito, nei limiti di quanto previsto dalla sentenza stessa e salvo l’approvazione di una legge statale. 

Il testo della legge regionale della Toscana non è ancora pubblicamente disponibile, ma Pagella Politica ne ha potuto prendere visione. Il testo si basa sulla proposta di legge di iniziativa popolare presentata proprio dell’Associazione Luca Coscioni e chiamata “Liberi subito”, a cui il consiglio regionale toscano ha apportato alcune modifiche per adeguarlo alla normativa locale. 

Secondo la legge regionale, «possono accedere alle procedure relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle sentenze della Corte Costituzionale 242/2019 e 135/2024». Secondo le due sentenze della Corte Costituzionale, il suicidio assistito è possibile quando la patologia è irreversibile, la persona vive sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili, c’è una situazione di dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e il paziente ha la capacità di prendere decisioni libere e consapevoli.

La legge poi stabilisce che entro 15 giorni dall’entrata in vigore le aziende sanitarie locali «istituiscono una Commissione multidisciplinare permanente per la verifica della sussistenza dei requisiti». La Commissione, individuata su base volontaria, sarà formata da un medico palliativista, cioè specializzato in cure palliative, uno psichiatra e un anestesista, uno psicologo, un medico legale e un infermiere, oltre a un medico specialista della patologia da cui è affetta la persona che richiede il suicidio medicalmente assistito.

Per accedere alla pratica la persona interessata deve presentare all’azienda sanitaria locale un’istanza per l’accertamento dei requisiti, corredata dalla documentazione sanitaria. In seguito, l’azienda sanitaria locale trasmette l’istanza alla Commissione e al Comitato per l’etica nella clinica. La procedura per la verifica dei requisiti si deve concludere entro venti giorni dalla presentazione dell’istanza. La Commissione verifica quindi che il paziente abbia ricevuto informazioni adeguate relative alla possibilità di accedere a un percorso di cure palliative e, se il richiedente conferma la sua intenzione, la Commissione esamina la documentazione. Dopo aver chiesto un parere al Comitato sugli aspetti etici del caso in esame, redige la relazione finale e l’azienda sanitaria comunica gli esiti dell’accertamento alla persona interessata.

La situazione nazionale

Come dicevamo, al momento manca una legge nazionale che disciplina l’accesso al suicidio medicalmente assistito. 

Nella scorsa legislatura, il 10 marzo 2022, la Camera aveva approvato una proposta di legge sul suicidio assistito. Il testo prevedeva che i medici potessero eseguire il suicidio assistito ad alcune condizioni, senza andare incontro a conseguenze penali. In seguito, il testo è passato all’esame del Senato, ma la proposta è decaduta prima dell’approvazione definitiva a causa della fine della legislatura. In mancanza di una legge nazionale, ogni azienda sanitaria locale fino a ora ha gestito i singoli casi. 

Prima della Toscana, altre regioni hanno portato avanti un percorso per approvare norme locali sul tema del suicidio assistito, senza però nessun risultato. Per esempio, a gennaio 2024 il Consiglio regionale del Veneto ha bocciato il progetto di legge di iniziativa popolare dell’Associazione Coscioni. In questo caso, sebbene il presidente della regione Veneto Luca Zaia (Lega) si sia sempre detto favorevole a una regolazione, la maggioranza di centrodestra in consiglio regionale ha bocciato il testo. Lo stesso è avvenuto in Lombardia, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia, tutte regione guidate da maggioranze e presidenti di centrodestra. Tra le altre regioni, al momento l’Emilia-Romagna e la Puglia (entrambe guidate da giunte di centrosinistra) hanno invece adottato non una legge regionale vera e propria, ma una delibera che stabilisce comunque i dettagli tecnici per attuare le sentenze della Corte Costituzionali. 

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