Sulle spese militari il governo non sta rispettando gli impegni con la Nato

L’alleanza militare stima che nel 2024 la spesa in difesa dell’Italia varrà l’1,49 per cento del Pil, poco meno del 2023. Quest’anno otto Paesi su 31 non raggiungeranno l’obiettivo del 2 per cento
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Sulle spese in difesa, i partiti che sostengono il governo di Giorgia Meloni non stanno mantenendo la parola data nel loro programma in vista delle elezioni politiche del 25 settembre 2022. Prima del voto di ormai quasi due anni fa, Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati hanno promesso di rispettare gli «impegni assunti» con gli altri Paesi membri della Nato «in merito all’adeguamento degli stanziamenti per la difesa». Nel 2014 gli Stati dell’alleanza militare hanno concordato di portare le spese militari a un valore pari al 2 per cento del Prodotto interno lordo (Pil), un impegno poi confermato dai governi italiani entrati in carica negli anni successivi. Le stime più aggiornate, pubblicate il 17 giugno dalla Nato, mostrano però che nel 2024 l’Italia sarà uno degli otto Paesi sui 31 membri dell’alleanza militare che non raggiungerà l’obiettivo del 2 per cento. L’anno scorso quelli che non hanno raggiunto questa soglia sono stati invece 21: dunque, secondo la Nato, 13 Paesi che nel 2023 non avevano centrato l’obiettivo del 2 per cento lo faranno quest’anno.
Secondo la Nato, quest’anno la spesa in difesa dell’Italia raggiungerà un valore pari all’1,49 per cento del Pil, mentre nel 2023 questa percentuale si stima sia stata pari all’1,50 per cento e nel 2022 all’1,52 per cento. La Nato considera come “spesa in difesa” i pagamenti effettuati dai governi per le necessità delle forze armate, inclusi gli stipendi, le pensioni, le operazioni di mantenimento della pace, e gli investimenti in ricerca e sviluppo, finanziati dai ministeri della Difesa e da altri ministeri.

Come mostra il grafico, tra il 2015 e il 2018 c’è stato un costante aumento della spesa in difesa, seppur limitato, mentre la crescita più marcata è stata registrata nel 2020, quando è iniziato un continuo calo. L’unico altro Paese della Nato in cui tra il 2023 e il 2024 c’è stato un calo del rapporto tra le spese in difesa e il Pil è la Slovenia, dove si stima che questo indicatore passerà dall’1,34 per cento all’1,29 per cento. In tutti gli altri 29 Paesi ci sarà un aumento, in alcuni casi lieve, in altri più marcato.
Se si guarda la spesa in difesa espressa in valori assoluti e in termini reali, ossia corretta per tenere conto dell’impatto dell’inflazione, tra il 2023 e il 2024 quella italiana crescerà leggermente, passando da poco meno 29,8 miliardi di dollari a poco più di 29,8 miliardi. La variazione percentuale è comunque dello 0,12 per cento, la più bassa tra tutti e 31 Paesi della Nato fatta eccezione per la Slovenia, dove si stima un calo dell’1,37 per cento. Tra i grandi Paesi dell’Unione europea, quest’anno rispetto al precedente in Germania la spesa aumenterà del 29,5 per cento, in Francia del 6,1 per cento e in Spagna del 9,3 per cento.

Come detto, in base alle previsioni attuali, oltre all’Italia sono sette i Paesi della Nato che nel 2024 non raggiungeranno l’obiettivo di spendere in difesa una cifra pari al 2 per cento del Pil. Tra questi ci sono la Croazia, il Portogallo, il Canada, il Belgio, il Lussemburgo, la già citata Slovenia e la Spagna. Al primo posto per spesa in difesa in rapporto al Pil c’è la Polonia (4,12 per cento), al secondo posto l’Estonia (3,43 per cento) e al terzo posto gli Stati Uniti (3,38 per cento). Ovviamente alla fine dell’anno queste percentuali potranno variare a seconda di come cambierà il Pil dei singoli Paesi e se i governi nazionali sceglieranno di stanziare più risorse per la difesa o di toglierne.
Come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, l’obiettivo di spendere il 2 per cento del Pil in difesa preso dagli Stati membri della Nato non è un impegno legalmente vincolante. Per capirci, al momento non sono previste conseguenze o sanzioni specifiche per chi non lo rispetta. Il sito della Nato spiega che la decisione di raggiungere questa soglia è stata presa per «assicurare la prontezza militare della Nato», e che questo è un «indicatore della volontà politica dei diversi Paesi di contribuire agli sforzi comuni di difesa», dato che le capacità militari di ogni membro si riflettono poi sulla «percezione complessiva della credibilità dell’alleanza come organizzazione politico-militare». 

Dopo l’inizio della guerra in Ucraina, si è tornati a parlare con insistenza nel dibattito politico italiano della necessità, o meno, di aumentare le spese in difesa per portarle al 2 per cento del Pil. Alcuni partiti, come il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra, sono apertamente contrari, mentre in altri schieramenti, come il Partito Democratico, le posizioni sono meno nette.

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