Sul Kosovo Salvini rilancia le tesi di Putin e dell’estrema destra

Secondo il leader della Lega, «una minoranza cristiana sta resistendo e combattendo in Serbia». Ma le cose non stanno proprio così
ANSA
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Il 6 aprile, durante il congresso federale della Lega a Firenze, il leader del partito Matteo Salvini ha detto che «il tema della pace e della guerra vede il più grande tradimento della sinistra». «Ce lo ricordiamo quando le bombe con D’Alema andarono a colpire la Serbia, e adesso è una minoranza cristiana quella che sta resistendo e sta combattendo in Serbia», ha aggiunto Salvini. 

Il riferimento è al 1999, quando, sotto il governo guidato da Massimo D’Alema (Partito Democratico della Sinistra), l’Italia partecipò ai bombardamenti aerei sulla Serbia durante la guerra con il Kosovo. 

Al di là delle opinioni legittime sulla guerra e sulla sinistra, la ricostruzione fatta dal leader della Lega ha diversi problemi, e rispecchia la stessa narrazione promossa in Europa da movimenti di estrema destra e dal presidente russo Vladimir Putin.

Serbia o Kosovo?

Innanzitutto, bisogna chiarire il contesto a cui si riferisce Salvini quando parla di una «minoranza cristiana» che «sta resistendo e sta combattendo in Serbia». 

Da mesi in Serbia si susseguono manifestazioni di piazza: ogni fine settimana, migliaia di persone protestano a Belgrado contro il presidente Aleksandar Vučić. Le proteste, innescate dal crollo di una pensilina della stazione di Novi Sad, che ha causato la morte di 15 persone, si sono allargate a una critica più generale verso la classe politica serba, accusata di corruzione. A fine gennaio, le manifestazioni hanno portato alle dimissioni dell’allora primo ministro Miloš Vučević, sostituito il 6 aprile da Djuro Macut. 

In Serbia, però, la stragrande maggioranza della popolazione è cristiana. Secondo il Pew Research Center, un centro studi statunitense, oltre il 90 per cento dei credenti serbi è cristiano, e meno del 5 per cento musulmano. E come abbiamo visto, le proteste di questi mesi in Serbia non hanno a che vedere con questioni religiose.

Visto il riferimento a D’Alema e ai bombardamenti del 1999, è probabile che Salvini intendesse parlare del Kosovo, che nel 2008 ha dichiarato la propria indipendenza dalla Serbia ed è riconosciuto dall’Italia come Stato sovrano.
Negli ultimi mesi il Kosovo ha vissuto una fase di tensione legata alla minoranza serba, per lo più di fede cristiana ortodossa, e alle sue relazioni con la Serbia, che non ha mai riconosciuto l’indipendenza kosovara. È quindi possibile che Salvini abbia confuso la “Serbia” con il “Kosovo” nel fare riferimento all’area in cui si stanno verificando le tensioni politiche. 

Non si può escludere, però, che il leader della Lega abbia parlato deliberatamente di “Serbia”, non riconoscendo di fatto l’esistenza di uno Stato che l’Italia riconosce pienamente. Come vedremo più avanti, le posizioni della Lega sull’indipendenza del Kosovo sono da tempo ambigue. 

In ogni caso, con le sue parole Salvini ha ripreso alcune tesi della propaganda di estrema destra, sostenendo che in quelle aree una «minoranza cristiana» stia lottando e resistendo.

Il conflitto tra serbi e albanesi

Per spiegare meglio quanto sta succedendo in Kosovo, ci siamo rivolti ai colleghi di Hibrid.info, un sito kosovaro di informazione e fact-checking.

«La narrazione di una “minoranza cristiana che resiste e combatte” in Kosovo può essere fuorviante se non contestualizzata correttamente. Sebbene sia vero che il Kosovo sia una società a maggioranza musulmana e che i serbi del Kosovo, molti dei quali sono cristiani ortodossi, costituiscano una minoranza, rappresentare il conflitto o le tensioni in termini religiosi semplifica eccessivamente una questione profondamente politica, storica ed etnica», ha spiegato Festim Rizanaj, un fact-checker di Hibrid.info, a Pagella Politica. 

Alla base del lungo conflitto tra Serbia e Kosovo ci sono, più che motivazioni religiose, «questioni di identità nazionale, controllo territoriale e autonomia politica». 

Questa versione dei fatti è stata confermata a Pagella Politica anche da Giovanni Savino, professore di Storia contemporanea e di Storia dell’Europa Orientale all’Università Federico II di Napoli. «In Kosovo le tensioni sono iniziate negli anni Ottanta e sono legate a quello che era lo status di autonomia della regione. Sono proteste legate a una questione nazionale ed etnica, ossia lo scontro tra la popolazione kosovara di origine albanese e quella di origine serba», ha spiegato Savino. 

Il conflitto tra serbi e albanesi esplose alla fine degli anni Novanta, quando il presidente della Serbia Slobodan Milošević avviò una campagna repressiva contro la popolazione kosovara-albanese e l’Esercito di Liberazione del Kosovo, un gruppo paramilitare che lottava per l’indipendenza. La repressione serba spinse la NATO a intervenire con l’operazione Allied Force, a cui partecipò anche l’Italia: da marzo a giugno 1999, l’alleanza militare bombardò la Serbia e la sua capitale Belgrado. La campagna portò alla resa serba e il Kosovo fu riconosciuto come una regione autonoma, posta sotto il controllo delle Nazioni Unite. Nel 2008, il Kosovo ha infine dichiarato l’indipendenza, che però la Serbia continua a non riconoscere.

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Tra realtà e propaganda

Stabilire con esattezza quanti serbi vivano oggi in Kosovo non è facile, a causa del boicottaggio del censimento da parte di questa minoranza, messo in atto su spinta dei partiti politici serbi. Secondo alcune stime, i serbi rappresentano circa il 5 per cento della popolazione in Kosovo.

Rizanaj ha spiegato che questa minoranza «sta affrontando delle sfide, in particolare nel Nord del Kosovo e in altre enclavi, dove le questioni di sicurezza, integrazione e rappresentanza politica rimangono sensibili». «Alcuni individui e gruppi all’interno di questa comunità resistono alle istituzioni del Kosovo, spesso con il sostegno o l’influenza del governo serbo. Ma questa resistenza è di natura politica ed etnonazionale, non religiosa», ha proseguito il fact-checker di Hibrid.info.

Perché allora Salvini ha parlato di una «minoranza cristiana»? Secondo Faik Ispahiu, direttore dell’organizzazione non governativa Internews Kosova, che promuove i media indipendenti nel Kosovo, questa è una narrazione portata avanti dall’estrema destra nazionalista europea. «In pratica, per questi politici il bombardamento della Serbia da parte della NATO alla fine degli anni Novanta sarebbe stato un errore politico, perché avrebbe portato alla liberazione degli albanesi musulmani, che hanno popolato il Kosovo, costringendo i serbi cristiani che vivono nella regione a una situazione difficile a causa della repressione albanese», ha spiegato Ispahiu a Pagella Politica

Va comunque ricordato che i bombardamenti NATO furono effettuati senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e sono ancora oggi oggetto di critiche. Secondo l’organizzazione non governativa Human Rights Watch, l’operazione militare della Nato causò la morte di circa 500 civili serbi.

Savino ha sottolineato che ricondurre la situazione attuale in Kosovo a quei bombardamenti «è riduttivo», perché trascura tutto ciò che è avvenuto dopo. Anche secondo lo storico, il discorso di Salvini si inserisce in una narrazione usata dall’estrema destra europea, funzionale alla propaganda nazionalistica serba e filorussa. «All’epoca la Russia fu certamente uno dei Paesi che non apprezzarono l’intervento della NATO in Serbia e che, anzi, lo videro malissimo. E ancora oggi la Russia si oppone all’autonomia del Kosovo», ha spiegato Savino, che è esperto di Russia ed Europa Orientale.

«Il punto però è che per Putin non si tratta di una questione religiosa, non si tratta di difendere una minoranza cristiana. Il problema per Putin è politico, perché riconoscere l’autonomia del Kosovo vorrebbe dire ammettere che tutte le istanze autonomiste devono essere ascoltate, anche quelle all’interno della Russia stessa», ha aggiunto il professore. Savino ha citato l’esempio della Cecenia, dove la Russia ha represso duramente l’indipendentismo tra la metà degli anni Novanta e i primi anni Duemila. La Cecenia è una repubblica della Federazione Russa confinante con la Georgia: la maggior parte della sua popolazione è musulmana. 

«Il discorso di Salvini rimanda a una certa narrazione, molto edulcorata, secondo cui la Russia di Putin sarebbe l’unico difensore dell’integrità cristiana nel continente europeo. Questa però è una finzione, perché bisogna ricordare che in Russia ci sono 16 milioni di musulmani, molti dei quali sono appunto ceceni», ha aggiunto Savino. «Da parte di Putin non c’è mai stato davvero un discorso anti-islamico. Anzi, anche per convenienza politica Putin è sempre stato molto attento a sottolineare come i suoi valori siano quelli delle tre grandi religioni monoteiste, ossia cristianesimo, ebraismo e islamismo». 

La Russia e la Serbia, comunque, non sono gli unici Paesi a non riconoscere l’indipendenza del Kosovo. Nell’Unione europea il Kosovo non è riconosciuto da cinque Paesi: Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna. Fuori dall’Ue, non lo riconoscono Bosnia-Erzegovina, Georgia, Moldova, Ucraina e Cina. «Il Kosovo non viene riconosciuto dai Paesi che a loro volta hanno qualche problema con minoranze interne. Per esempio, la Spagna non lo riconosce perché da anni ha notoriamente una questione aperta sia con la Catalogna sia con i Paesi Baschi, e riconoscere il Kosovo vorrebbe dire per la Spagna legittimare chi chiede maggiore autonomia rispetto al governo centrale», ha spiegato Savino.
Pagella Politica

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I rapporti tra Lega e Serbia

Oltre alle recenti dichiarazioni di Salvini, la Lega ha sempre mostrato una certa vicinanza alla causa serba, anche ai tempi della Lega Nord guidata da Umberto Bossi.

Il 23 aprile 1999, durante i bombardamenti della NATO, Bossi andò a Belgrado per incontrare il presidente serbo Milošević, insieme ad altri esponenti del partito. «Noi siamo per la pace e vogliamo aiutare chi sta subendo questa guerra, che sia serbo o profugo del Kosovo», aveva dichiarato Bossi, che era stato il secondo politico italiano a incontrare Milošević, dopo Armando Cossutta (Partito dei Comunisti Italiani).

Le posizioni di Bossi sul conflitto tra Serbia e Kosovo erano chiare, nonostante il leader della Lega Nord si fosse presentato come un mediatore. «Io non credo che esista il progetto della “Grande Serbia”. Penso invece che esista il progetto della “Grande Albania”, finanziato da Bill Clinton [all’epoca presidente degli Stati Uniti, ndr] e anche dagli aiuti italiani che arrivano a Tirana. Un progetto che mira a destabilizzare tutta l’Europa, a renderla debole e asservita alle lobbies di Washington», aveva detto Bossi a La Stampa, durante la sua visita in Serbia. «I serbi stanno difendendo il loro territorio», aveva aggiunto il leader della Lega Nord.

Secondo Bossi, dietro le richieste kosovare di indipendenza si nascondeva un disegno statunitense per disgregare definitivamente la Jugoslavia, lo Stato socialista di cui fecero parte alcuni Paesi dei Balcani, tra cui appunto la Serbia. 

Fonti vicine allo stesso Bossi hanno spiegato a Pagella Politica che il leader leghista non era contrario all’autonomia del Kosovo in sé, ma all’interventismo degli Stati Uniti e ai bombardamenti della NATO. Durante il conflitto, l’Umanitaria Padana, un’associazione collegata con la Lega Nord, inviò aiuti umanitari e medicinali in Serbia e in Kosovo.
L’incontro Bossi e Milošević in un articolo de La Stampa del 23 aprile 1999 – Fonte: Archivio storico della Stampa
L’incontro Bossi e Milošević in un articolo de La Stampa del 23 aprile 1999 – Fonte: Archivio storico della Stampa
I rapporti tra Lega e governo serbo sono proseguiti anche sotto la guida di Salvini. A maggio 2014, in un’intervista con il think tank geopolitico Il Nodo di Gordio, il leader della Lega ribadì una posizione simile a quella espressa pochi giorni fa durante il congresso della Lega a Firenze. «Per il Kosovo sono intervenuti i bombardieri della Nato su Belgrado e si è trattato di un’indipendenza portata con le bombe e la guerra alla Serbia», aveva detto Salvini oltre dieci anni fa, ricordando l’impegno di Bossi contro i bombardamenti della NATO. 

In più, Salvini aveva chiesto che fosse riconosciuta anche l’annessione della Crimea alla Russia. Da marzo 2014 la Crimea, che faceva parte dell’Ucraina, è stata di fatto annessa alla Russia dopo un referendum non riconosciuto dalla maggioranza della comunità internazionale. All’epoca l’Assemblea generale delle Nazioni Unite aveva approvato una risoluzione per condannare l’annessione con 100 voti favorevoli, 58 astensioni e dieci Paesi contrari. «Mi domando: perché per USA e Unione europea l’INDIPENDENZA di Bosnia e Kosovo andava bene, e invece quella della Crimea no???», aveva scritto Salvini su Twitter (oggi X) a marzo di quell’anno.

Negli anni successivi, Salvini ha poi avuto alcuni incontri istituzionali con esponenti del governo serbo. A maggio 2019, quando era vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno del primo governo Conte, Salvini ha incontrato il presidente serbo Vučić, discutendo anche della questione del Kosovo. «Penso che possiamo contare sull’Italia come su di un amico sincero e su Salvini come amico del nostro Paese, e questo non è poca cosa per la Serbia», aveva detto all’epoca Vučić. In quell’occasione, Salvini aveva assicurato il suo sostegno alla richiesta di adesione della Serbia all’Ue. La Serbia è uno dei Paesi che chiede da tempo l’ingresso nell’Ue, assieme, tra gli altri, allo stesso Kosovo. Più di recente, a luglio 2023 Salvini ha incontrato l’allora ministro della Difesa serbo Miloš Vučević, a cui ha rinnovato «la vicinanza al popolo serbo».

Tiriamo le somme

Ricapitolando: parlare della «resistenza» di una «minoranza cristiana» in Serbia, come ha fatto Salvini, è fuorviante sotto diversi aspetti. 

Il primo è quello geografico, visto che gli eventi a cui il ministro si riferisce si stanno svolgendo in Kosovo, che è uno Stato riconosciuto dall’Italia, ma non dalla Serbia, da cui si è staccato nel 2008 dopo anni di conflitto. 

In secondo luogo, inquadrare il conflitto in termini religiosi è riduttivo. Le tensioni tra Kosovo e Serbia hanno radici etniche e politiche, legate al nazionalismo e all’indipendentismo del popolo kosovaro, in gran parte di origine albanese.

Come ci hanno spiegato vari esperti, il racconto di una contrapposizione tra cristiani e musulmani – ripreso anche da Salvini – è parte di una narrazione costruita negli anni dall’estrema destra europea in chiave filorussa.

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