C’è una lunga lista d’attesa per entrare nell’Ue

Dall’Ucraina alla Bosnia-Erzegovina, passando per la Turchia e l’Albania: vari Paesi vorrebbero aggiungersi agli attuali 27 Stati membri, ma il percorso è tutt’altro che semplice e breve
Ansa
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Il 12 marzo la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha raccomandato al Consiglio dell’Unione europea di aprire i negoziati per l’ingresso della Bosnia-Erzegovina nell’Unione europea. «In poco più di un anno sono stati compiuti più progressi che in un decennio», ha dichiarato von der Leyen per giustificare questa scelta. Su questo punto i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri saranno chiamati a discutere in occasione del Consiglio europeo in programma il 21 e 22 marzo.

La Bosnia-Erzegovina non è l’unico Paese in lista d’attesa. Il processo di “allargamento” dei confini dell’Ue è fermo da più di dieci anni, da quando nel 2013 la Croazia è stato l’ultimo Paese a fare il suo ingresso nell’Ue. Da allora la complessa procedura di adesione prevista dai trattati europei non è stata portata a termine per nessun candidato.

Il processo di adesione all’Unione europea

L’adesione di nuovi Paesi all’Unione europea è disciplinata dall’articolo 49 del Trattato sull’Unione europea (TUE). Ogni Stato europeo può presentare domanda di adesione, a condizione che «rispetti i valori di cui all’articolo 2 e si impegni a promuoverli». Il riferimento è ai valori fondanti dell’Unione europea che sono elencati all’articolo 2 dello stesso TUE: il «rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto» e il «rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze». 

La procedura di adesione prevede che lo Stato richiedente trasmetta la sua domanda al Consiglio dell’Ue, ossia l’istituzione che rappresenta i governi dei 27 Stati membri dell’Unione europea. Il Consiglio dell’Ue chiede quindi alla Commissione europea di verificare la capacità del Paese richiedente di soddisfare i criteri di adesione (i cosiddetti “criteri di Copenaghen”, chiamati così perché sono stati stabiliti nel 1993 da un Consiglio europeo riunito a Copenaghen). Nello specifico, il criterio politico riguarda la stabilità istituzionale, necessaria per garantire la democrazia e i valori dell’articolo 2. Il criterio economico consiste nell’esistenza di un’economia di mercato funzionante, capace di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale nell’Ue. Il criterio giuridico riguarda la capacità di assumersi gli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Ue, con particolare attenzione agli obiettivi di unione economica e monetaria. 

Al termine della valutazione della Commissione, gli Stati membri dell’Ue decidono all’unanimità se concedere al Paese lo status di candidato. Alla Bosnia-Erzegovina, per esempio, questo status è stato riconosciuto dal Consiglio europeo nel dicembre 2022.

Il riconoscimento dello status di candidato non comporta automaticamente l’avvio dei negoziati ufficiali di adesione. Questi prendono il via quando gli Stati membri concordano all’unanimità sul quadro negoziale delle trattative con il Paese candidato. Durante i negoziati, che sono strutturati in capitoli, il potenziale Stato membro deve adottare le leggi e le riforme necessarie per allinearsi al quadro normativo dell’Ue. La Commissione monitora i progressi compiuti e informa periodicamente il Consiglio dell’Ue e il Parlamento europeo. Una volta conclusi i negoziati in tutti i settori, la Commissione esprime il proprio parere sull’idoneità del Paese a diventare uno Stato membro. Sulla base di questo parere, e dopo l’eventuale via libera del Parlamento europeo, il Consiglio dell’Ue decide all’unanimità se concludere il processo negoziale. Alla pronuncia del Consiglio dell’Ue segue la fase di ratifica del trattato di adesione da parte di tutti gli Stati membri e del Paese candidato, che può così diventare uno Stato membro dell’Ue.

Sala d’attesa

Oltre alla Bosnia-Erzegovina sono otto i Paesi a cui è attualmente riconosciuto lo status di “candidato”: Albania, Georgia, Moldova, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia, Turchia e Ucraina. Per alcuni di questi Paesi i negoziati di adesione non sono ancora partiti, per altri sono in corso e per altri ancora sono fermi da anni.

Tra i Paesi ancora in attesa di avviare i negoziati ci sono Ucraina, Moldova, Georgia e Bosnia-Erzegovina. Mentre per quest’ultima si attendono sviluppi nel corso del prossimo Consiglio europeo, a dicembre 2023 i leader dei 27 Stati membri hanno invitato il Consiglio dell’Ue ad adottare il quadro dei negoziati con Ucraina e Moldova. Nella stessa data i capi di Stato e di governo hanno riconosciuto alla Georgia lo status di candidato, senza però dare indicazioni sull’avvio dei negoziati.

Con quattro Paesi le trattative sono al momento in corso. L’Ue ha tenuto le prime conferenze intergovernative con Albania e Macedonia del Nord nel 2022: in queste occasioni i ministri e gli ambasciatori degli Stati membri dell’Ue e del Paese candidato si incontrano per svolgere i negoziati nei diversi settori. Le trattative sono in fase più avanzata con Serbia e Montenegro, con cui è già stata aperta la maggior parte dei capitoli negoziali.

La situazione è diversa per la Turchia. Dopo l’ottenimento dello status di candidato nel 1999, nel 2005 sono stati avviati i negoziati di adesione, ma dal 2008 questi sono in una fase di stallo a causa della regressione del Paese in materia di democrazia, Stato di diritto e libertà fondamentali.

A questa lista di attesa si aggiunge il Kosovo, che per il momento è considerato un “potenziale candidato”. Il Paese ha presentato domanda ufficiale di adesione nel 2022, ma l’ostacolo principale è rappresentato dal mancato riconoscimento da parte di tutti gli Stati membri. Solo 22 Paesi dell’Ue su 27 lo riconoscono come Stato indipendente: Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna sostengono la versione della Serbia, che afferma che il Kosovo fa parte del suo territorio nazionale. Poiché per approvare qualsiasi allargamento è richiesta l’unanimità degli Stati membri, una simile opposizione impedisce l’ingresso del Kosovo nell’Ue.

Le fasi dell’allargamento

Al momento della sua nascita, la prima comunità europea – la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), istituita dal Trattato di Parigi del 1951 – comprendeva solo sei Stati: Francia, Repubblica Federale di Germania (la Germania ovest), Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Grazie al processo di allargamento, oggi l’Unione europea è arrivata a contare 27 Stati membri. L’espansione non è avvenuta tutta d’un tratto, ma si è sviluppata gradualmente negli anni. 

Il primo allargamento risale al 1973, quando il Regno Unito, l’Irlanda e la Danimarca sono entrati a far parte della comunità europea. Anche la Norvegia aveva firmato il trattato di adesione, salvo ritirarsi in seguito all’esito negativo del referendum popolare indetto per confermare il suo ingresso. Nel 1981 è stato il turno della Grecia, seguita nel 1986 da Spagna e Portogallo: per questi tre Paesi l’adesione alle comunità europee avvenne poco dopo l’uscita dai regimi autoritari che li avevano a lungo governati. I confini si sono ulteriormente allargati nel 1990, quando la riunificazione della Germania ovest con la Germania est è risultata di fatto in un ampliamento del territorio comunitario. Austria, Finlandia e Svezia sono Stati membri dal 1995. In questa occasione anche la Norvegia aveva tentato la strada dell’ingresso, ma in seguito al fallimento di un nuovo referendum popolare il governo norvegese ha dovuto fare un passo indietro. 

Il maggiore allargamento nella storia dell’Unione europea è avvenuto nel 2004 con l’ingresso di dieci nuovi Stati membri: Cipro, Estonia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Repubblica Ceca e Ungheria. Questi Paesi avevano caratteristiche molto diverse tra loro: dalle isole mediterranee di Cipro e Malta alle cosiddette “Repubbliche baltiche”, che erano state sotto occupazione sovietica per oltre 50 anni, passando per la Slovenia, in precedenza parte della Jugoslavia, e i quattro Paesi che avevano fatto parte del Patto di Varsavia. 

L’allargamento del 2007 ha riguardato poi altri due Paesi dell’ex blocco orientale: la Romania e la Bulgaria. Entrambe non erano riuscite a rispettare le tempistiche utili per entrare nell’Ue già nel 2004. La Croazia è stato l’ultimo Paese ad aderire all’Unione europea nel 2013, quando ha portato il totale degli Stati membri a 28 (poi scesi a 27 con l’uscita del Regno Unito nel 2020).

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