Il divario di genere nel benessere equo e sostenibile

Nel nuovo rapporto di Istat sui BES, alcuni indicatori che riguardano le donne sono peggiorati rispetto all’inizio della pandemia, mentre sono migliorati per gli uomini
Ansa
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In Italia si parla spesso delle disuguaglianze economiche e sociali tra le varie regioni e territori, ma questi non sono gli unici squilibri che caratterizzano il nostro Paese. Al di là del divario tra Nord e Sud, in Italia i maschi laureati vivono meglio delle altre persone, soprattutto delle donne, specie se quest’ultime hanno un livello basso di istruzione. 

È quanto emerge dall’undicesima edizione del Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES), pubblicato lo scorso 17 aprile dall’Istat. L’istituto nazionale di statistica ha svolto un’analisi approfondita dei livelli, delle tendenze e delle disuguaglianze sugli stili di vita e il benessere nel nostro Paese registrati nel 2023. Al netto di alcuni miglioramenti rispetto al 2022, le donne rimangono ancora svantaggiate nel lavoro e nel benessere economico.

Che cosa sono i BES e perché sono importanti

Il rapporto di Istat si basa sull’analisi dei BES, acronimo di “Benessere Equo e Sostenibile”. Questi sono un insieme di indicatori che misurano il progresso della società non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale. Questi indicatori, divisi in dodici macro temi, tengono conto di vari aspetti della qualità della vita delle persone, tra cui la salute, l’istruzione, il lavoro, le relazioni sociali, la sicurezza, il benessere soggettivo, il paesaggio, il patrimonio culturale e la qualità dei servizi.

I BES forniscono una visione più completa e articolata del benessere di un Paese rispetto al Prodotto interno lordo (Pil). Mentre il Pil misura esclusivamente la ricchezza economica prodotta, i BES permettono di valutare il progresso di una società da vari punti di vista, tenendo conto di aspetti che hanno un impatto diretto sulla vita quotidiana delle persone. Analizzare i BES consente quindi di identificare i settori in cui sono necessari interventi per migliorare la qualità della vita delle persone e ridurre le disuguaglianze.

Come va rispetto al passato

Nell’analisi dei BES, Istat considera oltre 150 indicatori, di cui circa 130 sono confrontabili nel tempo. Nel 2023 l’andamento dei BES rispetto all’anno precedente è stato prevalentemente positivo: oltre la metà degli indicatori ha avuto un miglioramento, ma nonostante questo, quasi il 30 per cento degli indicatori è peggiorato, mentre un quinto circa è rimasto stabile.

In generale, gli indicatori analizzati da Istat hanno segnato un miglioramento rispetto al 2019, ossia prima dell’inizio della pandemia di Covid-19. Nel 2023 il 51 per cento degli indicatori aveva un livello migliore rispetto a cinque anni fa, mentre il 30 per cento era peggiorato. Per esempio il peggioramento ha riguardato gli indicatori sulla tutela del paesaggio e del patrimonio culturale, e quelli sulla qualità e sulla quantità delle relazioni sociali.

Come cambia il benessere tra uomini e donne

L’analisi dei BES mostra un notevole divario tra gli uomini e le donne. Sul fronte lavorativo, il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni è pari complessivamente al 66,3 per cento, ma nella stessa fascia d’età arriva al 76 per cento tra gli uomini, mentre si ferma al 56,3 per cento tra le donne. Come abbiamo spiegato in passato, questo divario è particolarmente forte al Sud, sebbene ci sia stato un miglioramento rispetto al periodo pre-pandemia. Sia gli uomini sia le donne hanno registrato tra il 2019 e il 2023 un aumento di 2,6 punti percentuali del tasso di occupazione.
La maggiore difficoltà per le donne nel mercato del lavoro è evidente se si osservano i dati sul cosiddetto “part-time involontario”, ossia il lavoro part-time imposto dall’azienda e non scelto dal lavoratore. In totale, in Italia il part-time involontario coinvolge il 9,6 per cento dei lavoratori, e riguarda il 5,1 per cento dei lavoratori uomini, mentre il 15,6 per cento delle lavoratrici donne. Questi dati sono comunque migliori rispetto all’inizio della pandemia da Covid-19, quando il part-time involontario coinvolgeva il 19,9 per cento delle lavoratrici donne e il 6,5 per cento dei lavoratori maschi.

Le donne hanno anche una maggiore probabilità di svolgere un lavoro che richiede competenze minori di quelle che hanno acquisito nel loro percorso di studi. Questa categoria di persone è quella dei cosiddetti “occupati sovraistruiti”. Gli occupati sovraistruiti in Italia sono il 27,1 per cento del totale, in aumento di 2 punti rispetto al 2019, ma tra le donne si arriva al 29,4 per cento (+2,9 punti rispetto al 2019), mentre tra gli uomini ci si ferma al 25,4 per cento (+1,7 punti).
Va poi considerato che le donne studiano mediamente di più degli uomini. Tra i 25 e i 34 anni, il 37,1 per cento delle donne ha almeno una laurea, contro il 24,4 per cento degli uomini. In entrambi i casi questi dati sono in miglioramento rispetto al 2019 (+2,5 punti per gli uomini, +3 per le donne). Il 13,1 per cento degli uomini tra i 18 e i 24 anni ha al massimo il diploma di terza media, percentuale che scende al 7,6 per cento tra le donne. Allo stesso tempo, i giovani che non studiano e non lavorano (i cosiddetti Neet) sono il 14,4 per cento tra i maschi e il 17,8 per cento tra le femmine.
Queste differenze hanno effetti sul benessere dei cittadini. Per esempio il rischio di povertà è al 21,7 per cento tra le donne, mentre tra gli uomini è al 18,5 per cento. Rispetto al 2019, questo indicatore è aumentato tra le donne (era il 20,8 per cento), ma diminuito tra gli uomini (19,3 per cento). Le donne in una situazione di grave deprivazione materiale e sociale sono il 4,7 per cento contro il 4,2 per cento degli uomini. Per il 7 per cento delle donne il costo dell’abitazione è troppo alto rispetto al reddito che percepiscono, contro il 6,2 per cento degli uomini. In questo caso, sia per le donne sia per gli uomini c’è comunque stato un miglioramento rispetto al 2019.
Nel complesso le donne mostrano un minore livello di benessere. Il 48,7 per cento degli uomini è soddisfatto del proprio tenore di vita, contro il 44,8 per cento delle donne. Il 32,5 per cento degli uomini ha espresso un giudizio positivo sulle proprie prospettive future, mentre le donne per il 28,3 per cento. Rispetto al 2019, tra le donne la soddisfazione per la propria vita è aumentata di 2,8 punti percentuali, mentre tra gli uomini di 4,1 punti. C’è stato un leggero miglioramento tra gli uomini sulle prospettive future (+0,5 punti), mentre tra le donne non ci sono stati progressi rispetto a quattro anni prima.

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