Le posizioni dei partiti sulla riforma della legge per la concessione della cittadinanza

Dopo l’apertura di Forza Italia si è tornati a parlare di ius scholae, su cui ci sono diversi schieramenti in Parlamento
ANSA
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Il 19 agosto, in un’intervista con il Corriere della Sera, il leader di Forza Italia Antonio Tajani ha rilanciato la possibilità di discutere in Parlamento di una riforma della legge che regola la concessione della cittadinanza italiana agli stranieri. In questi giorni, infatti, il vicepresidente del Consiglio ha ribadito in varie occasioni che il suo partito è favorevole al cosiddetto ius scholae (dal latino “diritto di scuola”), il principio in base al quale si dovrebbe concedere la cittadinanza italiana ai bambini stranieri che hanno concluso un percorso di studi nel nostro Paese.

Tajani ha ripetuto anche che al momento la discussione di una riforma della legge sulla cittadinanza non è una «priorità», ma quali sono le posizioni dei partiti in Parlamento su questo tema? Da destra a sinistra, le abbiamo analizzate una per una.

I partiti di governo

Partiamo dai partiti che sostengono il governo Meloni. Come detto, Forza Italia si è detta favorevole allo ius scholae, per voce del suo leader Tajani e di altri esponenti del partito. Sulla stessa posizione è Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, la lista elettorale di centro che supporta il governo. «Siamo favorevoli a concedere la cittadinanza ai ragazzi figli di cittadini stranieri che abbiano frequentato due cicli scolastici completi in Italia», ha dichiarato Lupi. 

Discorso diverso vale per gli altri due alleati di governo. La Lega è contraria a riformare la legge sulla cittadinanza italiana, già da quando si è iniziato a parlare della possibilità di cambiarla negli anni scorsi. Secondo il partito guidato da Matteo Salvini, l’Italia è il Paese che nell’Unione europea concede più cittadinanze di tutti agli stranieri, e quindi le norme devono restare così come sono.
Secondo i dati di Eurostat più aggiornati, nel 2022 l’Italia ha concesso la cittadinanza italiana a quasi 214 mila stranieri: in valore assoluto questo è il numero più alto tra tutti e 27 gli Stati membri dell’Ue. Se si rapporta questo dato al numero di abitanti, invece, l’Italia scende al quinto posto, dietro a Svezia, Lussemburgo, Belgio e Spagna. Il fatto che l’Italia sia il Paese Ue che concede più cittadinanze in valore assoluto non significa però che abbia le regole più generose di tutti: secondo varie organizzazioni indipendenti, l’Italia è tra i Paesi europei con i vincoli più severi per la concessione della cittadinanza agli stranieri (su questi vincoli torneremo più avanti).

In questi giorni vari esponenti di Fratelli d’Italia hanno ribadito che la riforma della legge sulla concessione della cittadinanza non è nel programma di governo e dunque aprirebbe un dibattito delicato e rischioso per la maggioranza. «La legge sulla cittadinanza non è nella nostra agenda. Se è un’emergenza come le opposizioni dicono, perché non sono intervenute quando erano al governo? Vorrei ricordare che in termini di concessione della cittadinanza siamo al primo posto in Ue», ha dichiarato il capogruppo di Fratelli d’Italia Tommaso Foti il 19 agosto in un’intervista con La Stampa. In ogni caso, in passato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, quando era all’opposizione, ha difeso la possibilità di concedere la cittadinanza italiana agli adolescenti stranieri che hanno concluso la scuola dell’obbligo, che nel nostro Paese dura dieci anni, dai 6 ai 16 anni di età.

I partiti all’opposizione

I partiti che in Parlamento sono all’opposizione del governo Meloni sono tutti favorevoli a cambiare le regole sulla concessione della cittadinanza italiana, sebbene con differenze di vedute.

Nel suo programma elettorale per le elezioni europee di giugno, il Partito Democratico ha ribadito di essere favorevole a «una riforma della cittadinanza che garantisca lo ius soli» (dal latino “diritto del suolo”), in base al quale «chi nasce o cresce in Italia è italiano». «Nell’Italia che immaginiamo la cittadinanza non è un privilegio riconosciuto per sangue, ma il segno di appartenenza a una comunità democratica aperta, solidale, inclusiva attraverso l’approvazione di una legge sullo ius soli», ha scritto la segretaria del PD Elly Schlein nella mozione congressuale presentata per partecipare alle primarie del partito, vinte a febbraio 2023. Durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 2022, anche Alleanza Verdi-Sinistra – formata da Sinistra Italiana ed Europa Verde – si è schierata a favore dell’introduzione dello ius soli in Italia. Il 18 agosto il senatore Alessandro Alfieri, che nella segreteria del PD è il responsabile delle riforme, ha detto a la Repubblica che il suo partito è comunque «pronto al dialogo» in Parlamento per cambiare la legge sulla cittadinanza, non necessariamente introducendo lo ius soli.

Il Movimento 5 Stelle è invece contrario alla proposta del PD e di Alleanza Verdi-Sinistra, ma è favorevole a introdurre una forma di ius scholae. In un intervento pubblicato il 18 agosto dal Corriere della Sera, il presidente del partito Giuseppe Conte ha scritto che lo ius soli «produrrebbe l’effetto di attribuire la cittadinanza a chi, anche occasionalmente, nasce su suolo italiano, senza alcuna considerazione per i necessari processi di integrazione». Secondo Conte, bisognerebbe approvare una legge «che condiziona l’acquisizione della cittadinanza al compimento di un intero ciclo di studi per quei bambini nati o arrivati in Italia entro i 12 anni d’età». Una proposta di legge di questo tipo è già stata esaminata dalla Camera nella scorsa legislatura, senza essere approvata. 

In questi giorni anche il leader di Azione Carlo Calenda e quello di Italia Viva Matteo Renzi hanno difeso la necessità di riformare la legge sulla concessione della cittadinanza italiana. In vista delle elezioni politiche del 2022, i due partiti – all’epoca alleati, oggi non più – hanno proposto nel loro programma elettorale di concedere la cittadinanza italiana a chi ha frequentato «per almeno cinque anni un percorso di formazione in Italia» e «a tutti gli studenti stranieri che hanno svolto e completato gli studi universitari» nel nostro Paese. Il 14 agosto il segretario di Più Europa Riccardo Magi ha scritto su X «c’è bisogno di una nuova legge sulla cittadinanza perché quella attuale è semplicemente anacronistica: risale ai primi anni Novanta e non tiene conto della mutata società italiana e soprattutto dell’inverno demografico che tutta l’Europa sta attraversando». Magi ha anche aggiunto che il suo partito sta lavorando alla presentazione di un referendum abrogativo per cancellare alcune parti della legge sulla cittadinanza.

Le regole attuali

Le norme sulla concessione della cittadinanza italiana sono regolate dalla legge n. 91 del 1992, approvata oltre trent’anni fa. In breve, l’ottenimento della cittadinanza italiana è regolato dal principio dello ius sanguinis (dal latino “diritto di sangue”), in base al quale la cittadinanza viene “ereditata” automaticamente alla nascita se almeno uno dei genitori già la possiede.

Le cose si complicano per i bambini nati in Italia da genitori entrambi stranieri. In questo caso, per ottenere la cittadinanza italiana un bambino può riceverla solo dopo aver compiuto 18 anni e se fino a quell’età ha vissuto senza interruzioni sempre nel nostro Paese. Gli altri cittadini stranieri possono ottenere la cittadinanza italiana dopo essere stati residenti per almeno dieci anni in Italia. 

In passato ci sono stati vari tentativi in Parlamento per cambiare la legge n. 91 del 1992, tutti senza successo. In teoria, se Forza Italia trovasse un accordo con i partiti all’opposizione per cambiare la legge, i favorevoli alla riforma avrebbero la maggioranza sia alla Camera sia al Senato, dato che la Lega e Fratelli d’Italia insieme sono in minoranza. Secondo vari esponenti di Forza Italia, il governo non andrebbe in crisi se i partiti di maggioranza si dividessero su questo tema, ma al momento sembra difficile che sia approvata una riforma sulla base dello ius scholae.

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