Che legame c’è tra il ponte sullo Stretto e l’aumento delle spese militari

Il governo vuole far rientrare l’opera tra gli investimenti previsti per rispettare il nuovo impegno con la NATO
Un render del progetto del ponte sullo Stretto, pubblicato dalla Società Stretto di Messina Spa
Un render del progetto del ponte sullo Stretto, pubblicato dalla Società Stretto di Messina Spa
Da settimane, i partiti all’opposizione stanno chiedendo al governo dove intenda reperire le risorse necessarie per portare, entro il 2035, la spesa italiana in difesa al 5 per cento del Prodotto interno lordo (PIL), in linea con il nuovo impegno assunto ufficialmente dai Paesi della NATO. In realtà, questo obiettivo del 5 per cento è composto da due voci distinte: il 3,5 per cento riguarda la spesa per la difesa in senso stretto, come armamenti e personale, mentre il restante 1,5 per cento fa riferimento a spese legate alla sicurezza, per esempio in infrastrutture strategiche.

A oggi, secondo le stime del governo, l’Italia spenderà quest’anno il 2 per cento del PIL in difesa e vera e propria. In base ai nostri calcoli, per arrivare al 3,5 per cento, ogni anno il governo dovrà reperire, in media, tra i 3 e i 4 miliardi di euro in più rispetto all’anno precedente per aumentare gradualmente il bilancio militare. Non si sa invece a che punto sia già l’Italia per quanto riguarda l’obiettivo dell’1,5 per cento. Il 3 luglio, in un’audizione in Parlamento, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha comunque detto (min. 21:00) che «quanto all’1,5 per cento destinato alla sicurezza, questo comprende attività già presenti oggi, ieri, nel bilancio nazionale». 

Negli ultimi giorni, dopo un articolo pubblicato su Politico.eu, è tornata al centro del dibattito una possibilità già emersa in passato: conteggiare la spesa per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina all’interno dell’aumento delle spese militari. A oggi, il costo stimato per la realizzazione dell’opera e delle infrastrutture connesse è di circa 13,5 miliardi di euro, ma nonostante gli annunci, i cantieri non sono ancora stati avviati.

Il ponte nei piani del governo

Il 12 giugno, a margine di un evento, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha dichiarato che «le infrastrutture sono strategiche anche per la sicurezza da tanti punti di vista». «Se investiamo di più in sicurezza, anche alcune infrastrutture strategiche fanno parte di questo piano per la sicurezza», ha aggiunto il segretario della Lega, confermando che «anche il ponte» sullo Stretto rientra tra queste infrastrutture. 

Pochi giorni prima, in un’intervista con MilanoFinanza, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva spiegato che il governo dovrà far capire ai cittadini che «la sicurezza è un’idea più ampia dei soli carri armati, che comprende le infiltrazioni terroristiche e la cybersicurezza». Per onorare gli impegni con la NATO, aveva aggiunto il segretario di Forza Italia, il governo si concentrerà «sulle infrastrutture con usi anche civili, come il ponte sullo Stretto, che rientra nel concetto di difesa visto che la Sicilia è una piattaforma della NATO».

Anche alcuni documenti ufficiali mostrano che il governo sta portando avanti questa linea. A marzo 2023, nel disegno di legge di conversione del decreto che ha riattivato la Società Stretto di Messina Spa, è stato scritto che il ponte rappresenta «un’infrastruttura fondamentale rispetto alla mobilità militare, tenuto conto della presenza di importanti basi NATO nell’Italia meridionale».

Un’infrastruttura da guerra?

Più di recente, ad aprile il governo ha approvato e trasmesso alla Commissione europea una relazione IROPI (acronimo inglese che sta per Imperative Reasons of Overriding Public Interest), nella quale sostiene che il ponte sullo Stretto è un’opera di «rilevante interesse pubblico». Secondo la normativa europea, queste relazioni vanno redatte quando un progetto rischia di avere un impatto negativo su un sito naturale. Per il governo italiano, l’infrastruttura è necessaria per ridurre l’isolamento della Sicilia e garantire sviluppo e sicurezza. Inoltre, un ponte a campata unica è ritenuto l’unica soluzione tecnicamente praticabile, e gli impatti sull’ambiente saranno compensati. Tra le motivazioni citate per definire l’opera di «rilevante interesse pubblico» figurano (a pagina 20 della relazione) anche quelle «inerenti la difesa del territorio nazionale ed europeo».

Nel documento si fa anche riferimento al Military Mobility Action Plan, il piano dell’Unione europea che mira a migliorare la capacità di spostamento rapido delle truppe sul territorio del continente. Secondo il governo, il ponte «si inserirebbe perfettamente in questa strategia», poiché offrirebbe un collegamento stabile tra la Calabria e la Sicilia, in grado di sostenere il traffico sia stradale che ferroviario anche sotto carichi eccezionali. Proprio grazie alla sua struttura multimodale, l’opera faciliterebbe il trasferimento rapido e continuo di mezzi pesanti, personale e attrezzature, riducendo i tempi di reazione non solo per le forze di sicurezza civile ma anche per quelle militari, incluse le operazioni congiunte con altri Paesi Ue.

Secondo il governo, in caso di crisi internazionali o di emergenze sul territorio nazionale, il ponte permetterebbe di rendere più efficienti le operazioni di difesa, logistica e protezione civile. Viene citata, tra le possibili situazioni, anche un’eventuale «evacuazione massiva» dalla Sicilia o il dispiegamento rapido di forze per la messa in sicurezza di aeroporti, porti e impianti energetici. Il collegamento stabile tra le due sponde consentirebbe inoltre una «difesa multidominio» delle infrastrutture civili e militari considerate strategiche per la resilienza del Paese, migliorando il coordinamento tra le autorità civili e militari presenti nei territori calabresi e siciliani.

Resta da capire se questa impostazione sarà accettata anche in sede europea e all’interno della NATO, e se la spesa per il ponte sullo Stretto sarà conteggiata tra quella per le infrastrutture strategiche, compresa nell’obiettivo dell’1,5 per cento. Un funzionario del Dipartimento del Tesoro – che fa parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze – ha spiegato a Politico.eu che, se il governo riuscisse a far rientrare il ponte tra le infrastrutture militari strategiche, ci sarebbero meno ostacoli economici e burocratici per portare avanti la sua realizzazione. Per il momento, però, una decisione definitiva su questa classificazione non è ancora stata presa.
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