Perché questa ondata è diversa dalle altre

Pagella Politica
Da diverse settimane l’Europa è colpita da una nuova ondata di contagi da coronavirus, con l’Italia che sta registrando un aumento dei casi, seppur ancora contenuto. Il Nord-Est è la zona maggiormente colpita del nostro Paese, ma nell’ultima settimana anche il Nord-Ovest sta peggiorando rapidamente.

La cosiddetta “quarta ondata” è per ora diversa dalle precedenti, per una serie di motivi. Dalla variante delta ai vaccini, abbiamo fatto il punto della situazione.

C’è un virus diverso, ma lo conosciamo meglio

Il primo elemento che distingue questa ondata di contagi dalle precedenti è la presenza della variante delta. Come avevamo spiegato in passato, questa variante è estremamente più contagiosa di quella originale, responsabile della prima e della seconda ondata, e della variante alfa, responsabile della terza ondata.

La variante delta è fino a tre volte più trasmissibile del virus originale: a parità di misure di contenimento, si diffonde dunque con maggiore facilità. Secondo le ultime indagini di prevalenza condotte dall’Istituto superiore di sanità (Iss), la variante delta rappresenta la quasi totalità dei contagi in Italia ed è riuscita a sostituire tutte le altre varianti, godendo di un considerevole vantaggio competitivo.

Rispetto a un anno fa, oggi sappiamo però molte più cose su come si diffonde il coronavirus nella popolazione. E una migliore conoscenza sulle modalità di trasmissione del virus permette di introdurre misure di contenimento basate su prove scientifiche più solide.

Per esempio, siamo ormai sicuri che contagiarsi all’aperto è molto meno probabile che al chiuso, anche se ci sono ancora margini di incertezza. Secondo alcuni studi solo un contagio su dieci avviene all’aperto, mentre secondo altri meno di uno su cento. Un recente studio sui contagi avvenuti tra lavoratori del settore delle costruzioni ha stimato che i positivi hanno contagiato circa un collega su quattro al chiuso, mentre poco più dell’1 per cento all’aperto.

Oggi sappiamo inoltre che quando la trasmissione avviene all’esterno, è dovuta soprattutto a lunghe interazioni tra le persone, mentre le interazioni più rapide, che durano pochi minuti, presentano un basso rischio di trasmissione.

Abbiamo i vaccini

Ma la differenza principale tra questa ondata e quelle precedenti è senza dubbio la presenza dei vaccini. Al 21 novembre è stato completamente vaccinato il 77,1 per cento della popolazione totale, con il 2,2 per cento in attesa di ricevere la seconda dose. Queste percentuali salgono rispettivamente all’85,5 per cento e al 2,5 per cento se si prende in considerazione solo la popolazione vaccinabile, quella dai 12 anni in su.

Fino ad oggi i vaccini contro la Covid-19 si sono dimostrati estremamente efficaci nel prevenire le forme gravi della malattia, limitando anche una parte dei contagi. I dati più recenti mostrano che con il passare del tempo la protezione data dai vaccini cala, senza però sparire.

Nell’ultimo mese, secondo le stime dell’Iss, una persona con più di 80 anni completamente vaccinata da meno di sei mesi ha avuto il 96 per cento di probabilità in meno rispetto a un non vaccinato di finire in ospedale, l’86 per cento in meno di essere ricoverata in terapia intensiva e il 90 per cento in meno di morire. La somministrazione della terza dose è comunque in grado di ripristinare il livello di efficacia iniziale, se non addirittura di portare la protezione a livelli più alti di quelli ottenuti con le due dosi.

Che cosa starebbe succedendo senza vaccini? Rispondere con precisione e certezza a questa domanda è molto difficile, ma si possono comunque ipotizzare alcuni scenari, applicando alla popolazione generale l’attuale situazione dei non vaccinati. Nell’ultimo mese, senza vaccini, avremmo probabilmente registrato 340 mila contagi rispetto ai 126 mila diagnosticati, 31 mila ospedalizzazioni rispetto alle circa 6.300 effettive, 4 mila ricoveri in terapia intensiva a fronte dei 660 reali e circa 5.200 decessi (oltre 170 al giorno) rispetto agli 850 effettivi (meno di 30 al giorno).

Con questi numeri saremmo sostanzialmente ritornati ai livelli dello scorso autunno.

Ma potremmo sottovalutare i rischi

La presenza dei vaccini può però portarci a sottovalutare i rischi di questa ondata e a prendere decisioni tardive per contenere l’epidemia. Se è vero che i vaccini proteggono, è anche vero che quando la circolazione virale è in crescita possono esserci problemi. Diversi Paesi europei stanno infatti introducendo una serie di nuove restrizioni per rallentare la diffusione del coronavirus.

In Italia l’attuale sistema a colori delle regioni si basa quasi esclusivamente sui dati dell’occupazione ospedaliera, con una serie di limiti ancora irrisolti che abbiamo già analizzato più nel dettaglio. Quando si passa a un colore con più restrizioni, le nuove misure di contenimento sono basate su dati che danno una fotografia dell’epidemia di quasi due settimane prima. Questo problema non riguarda solo l’Italia, ma anche altri Paesi, per esempio la Germania.

Come ha osservato il giornalista scientifico di Science Kai Kupferschmidt, utilizzare i ricoveri come misura chiave per stabilire nuove restrizioni «è un po’ come dire al rilevatore di fumo di non iniziare a emettere un segnale acustico quando rileva del fumo, ma solo quando inizia a sciogliersi a causa del calore».

L’Austria, uno dei Paesi europei al momento più colpiti dall’epidemia, mostra che cosa succede quando si introducono in ritardo le misure di contenimento. All’inizio, nonostante una forte crescita dei contagi, l’Austria non ha adottato nuove restrizioni, poi ha scelto di applicare una sorta di “lockdown dei non vaccinati”, per cambiare idea pochi giorni dopo e imporre un lockdown totale per almeno dieci giorni.

Un’ingannevole percezione del rischio, anche dovuta a una comunicazione errata da parte dei politici, può portare le persone a non prendere le dovute cautele o a sottovalutare l’importanza della terza dose di vaccino, nella convinzione che le due dosi già ricevute siano sufficienti. Al 22 novembre in Italia ha ricevuto la terza dose meno della metà delle persone sopra i 60 anni che ne hanno diritto, con enormi differenze tra le regioni (Grafico 1).
Grafico 1. Andamento delle somministrazioni della terza dose – Fonte: Elaborazioni di Lorenzo Ruffino
Grafico 1. Andamento delle somministrazioni della terza dose – Fonte: Elaborazioni di Lorenzo Ruffino

In conclusione

L’Europa sta affrontando una nuova ondata di contagi, con un impatto sull’occupazione ospedaliera e sul numero dei decessi. Per questo motivo diversi Paesi hanno introdotto nuove restrizioni per arginare i contagi. Anche l’Italia sta registrando l’arrivo della quarta ondata, seppure con numeri meno gravi, finora, rispetto ad altre nazioni.

Questa ondata è comunque diversa dalle precedenti, per una serie di motivi.

In primo luogo, siamo in presenza di un virus diverso e più pericoloso rispetto alle precedenti ondate, ma allo stesso tempo sappiamo di più sulle sue modalità di contagio. In secondo luogo, cosa ancora più importante, abbiamo i vaccini. Le persone vaccinate rischiano molto di meno, rispetto ai non vaccinati, di sviluppare forme gravi della Covid-19, che poi causano ricoveri o morti.

Bisogna però fare ancora attenzione: una falsa percezione del rischio può portare a sottovalutare l’attuale situazione e a prendere decisioni in ritardo.

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