Che cosa sta succedendo adesso nei centri?
Faktoje ha visitato le aree in cui sono stati allestiti i centri per migranti a Shëngjin e Gjadër per osservare da vicino la situazione. Dai contatti sul campo (in via non ufficiale), la redazione ha appreso che attualmente lavorano nei centri quattro medici (tre a Gjadër e uno a Shëngjin), mentre a Gjadër si reca regolarmente anche uno psicologo, oltre al personale che si occupa delle pulizie.
Gjadër è una zona povera, un tempo caratterizzata dalla presenza di un aeroporto militare, un piccolo cinema e un’impresa. Oggi, il paese è contraddistinto da edifici in rovina e da una scuola con poche aule. Gli abitanti vivono principalmente grazie al supporto economico delle famiglie. Oggi, a differenza di qualche mese fa, mostrano poco interesse per le attività all’interno del centro migranti, anche se una semplice curva li separa dal perimetro principale del centro, situato nella piana di Zadrima.
A Gjadër la parte posteriore del centro è sorvegliata da una società di sicurezza privata, mentre l’ingresso principale è monitorato da due agenti di polizia albanesi che lo sorvegliano 24 ore su 24. Intorno al campo di Gjadër, Faktoje ha contato dieci auto con targhe albanesi parcheggiate e ha visto lavori in corso per l’installazione di tubature idriche da parte di una compagnia privata, di cui gli abitanti non sono però al corrente.
A Shëngjin il centro di accoglienza è “nascosto” all’interno dell’area del porto ed è circondato da edifici. Si distingue solo per le bandiere italiane e per la diversa struttura architettonica rispetto agli altri edifici. L’intera area si perde nell’infrastruttura del porto, circondata da un lato da barche e dall’altro da due navi abbandonate e due auto bruciate. All’ingresso principale del porto Faktoje ha visto tre auto con targhe italiane e un autobus vuoto utilizzato per il trasporto dei migranti. Le visuali all’esterno del campo sono limitate a causa delle rigide norme di sicurezza. È severamente vietato fotografare i centri, sia dall’interno che dall’esterno, senza il permesso delle autorità competenti. Questo divieto si estende anche alle auto della polizia italiana parcheggiate nella parte posteriore di un hotel a Shëngjin, dove di solito alloggiano le forze dell’ordine italiane. C’è poi un altro hotel, più lontano dal porto, che ospita anch’esso le forze dell’ordine italiane e che durante la visita di Faktoje era vuoto all’ingresso. L’unica traccia visibile della presenza italiana era la bandiera affissa. Anche il ristorante noto con il soprannome “Meloni”, situato di fronte al porto, era quasi vuoto. In entrambi i centri le attività sono attualmente sospese, ma i lavori a Gjadër e le informazioni dal campo suggeriscono che saranno riattivati.
Secondo quanto hanno potuto vedere i giornalisti di Faktoje, è evidente che la popolazione non è completamente al corrente di ciò che succede nei pressi dei centri e in molti casi l’atmosfera è dominata dal timore e dalla diffidenza, sia tra gli abitanti che tra i dipendenti.