Come è messa la giustizia italiana, in cinque mappe

Dalla spesa ai tempi dei processi, passando per giudici e avvocati: un confronto con gli altri Paesi europei
ANSA/ FILIPPO VENZIA
ANSA/ FILIPPO VENZIA
Il 30 ottobre il Senato ha approvato definitivamente la riforma costituzionale della giustizia, che introduce la separazione delle carriere dei magistrati. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha annunciato che, molto probabilmente, il referendum per confermare o meno la riforma si terrà tra marzo e aprile 2026.

Secondo i sostenitori della separazione della carriere, la riforma renderà più giusto ed efficiente il sistema giudiziario italiano. Secondo i contrari, invece, rischia di compromettere l’indipendenza della magistratura, creando una distanza eccessiva tra giudici e pubblici ministeri.

Mentre il dibattito politico si concentra sui principi e sulle conseguenze della riforma, in che stato è la giustizia italiana? E come è messa rispetto al resto d’Europa? Vediamo che cosa dicono i numeri, in cinque grafici. Come fonte, abbiamo usato i dati – relativi al 2022 – contenuti nel report pubblicato lo scorso anno dalla Commissione per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa (un organismo che non va fa parte dell’Ue e non va confuso né con il Consiglio europeo né con il Consiglio dell’Ue).

Il conto della giustizia

Uno dei modi più diretti per valutare la giustizia di un Paese è capire quanto si investe per farla funzionare.

L’Italia spende circa 100 euro per abitante per il proprio sistema giudiziario, una cifra più alta della mediana europea, che si aggira intorno ai 75 euro. Quello italiano è un livello intermedio nel panorama continentale: spendiamo meno di Paesi come Germania, Svizzera o Lussemburgo, ma più di Francia e Spagna. In generale, una ventina di Stati europei spendono meno dell’Italia nella giustizia.
La differenza non dipende solo da quanto si spende, ma anche da come si spendono le risorse. Nei Paesi che destinano più fondi, una parte consistente va al patrocinio gratuito, lo strumento che garantisce il diritto alla difesa anche a chi non può permetterselo. In Italia questa voce rappresenta appena il 6 per cento della spesa complessiva, una quota simile a quella di Germania e Spagna ma molto inferiore a quella di altri Paesi europei. In Francia il patrocinio pesa circa il doppio, mentre in Scandinavia e nei Paesi Bassi può arrivare a coprire fino a un quarto o più del totale.

Pochi giudici, molti avvocati

Un altro indicatore importante riguarda le persone che lavorano nella giustizia, dal numero di magistrati a quello degli avvocati.

Nel nostro Paese ci sono 5,4 giudici ogni 100 mila abitanti, a fronte di una mediana europea di 17,8. Solo Francia e Irlanda ne hanno di meno. Al contrario, i Paesi dell’Europa orientale e dei Balcani registrano valori molto più alti, in alcuni casi oltre otto volte quelli italiani. Anche in Svizzera, Svezia e Portogallo il numero di magistrati giudicanti è nettamente superiore.

Lo stesso vale per i pubblici ministeri, cioè chi porta avanti l’accusa nei processi. In Italia sono poco meno di 4 ogni 100 mila abitanti, a fronte di una mediana europea di circa 11.
Nel nostro Paese, inoltre, il numero di pubblici ministeri è piuttosto alto rispetto a quello dei giudici: rappresentano circa il 70 per cento del totale. Si tratta di una delle quote più elevate d’Europa, superata solo da Francia e Irlanda, mentre nella maggior parte degli altri Paesi europei il rapporto è più basso.

L’Italia si distingue anche per il numero di avvocati: nel nostro Paese ce ne sono circa 400 ogni 100 mila abitanti, più del doppio della mediana europea. Siamo tra i primi Paesi del continente, ben sopra a Germania, Francia e Spagna, e secondi solo a Stati più piccoli come Grecia, Lussemburgo e Cipro.

Tribunali in ritardo

Una delle critiche più frequenti al sistema giudiziario italiano riguarda la sua lentezza. Confrontare la durata dei processi tra i diversi Paesi europei non è semplice, ma un’indicazione utile arriva da due indicatori che misurano le prestazioni dei tribunali: il clearance rate e il disposition time.

Il clearance rate valuta la capacità dei tribunali di smaltire i procedimenti, confrontando il numero dei casi chiusi con quello dei nuovi casi aperti in un anno. Se il valore è pari a 100, significa che il sistema riesce a concludere tanti processi quanti ne avvia; un valore superiore indica una riduzione dell’arretrato, mentre uno inferiore segnala un accumulo. 

Nel 2022 l’Italia ha registrato un clearance rate di 104, leggermente sopra la mediana europea di 99. Ciò significa che, almeno nei giudizi civili e commerciali di primo grado, il nostro Paese è riuscito a smaltire più procedimenti di quanti ne siano arrivati, recuperando parzialmente sull’arretrato. Solo pochi Paesi, come Serbia, Croazia e Slovacchia, hanno ottenuto risultati migliori, mentre Francia e Germania si collocano su livelli simili e la Spagna resta poco sotto la media. In gran parte d’Europa, comunque, il dato si mantiene vicino alla soglia di equilibrio.
Il disposition time misura invece quanto tempo servirebbe per smaltire tutti i procedimenti pendenti se i tribunali continuassero a lavorare al ritmo attuale. È un indicatore teorico, una sorta di “tempo medio” dei processi, che fotografa l’efficienza complessiva del sistema.

Su questo fronte l’Italia mostra una delle peggiori performance d’Europa: servirebbero circa 540 giorni, cioè un anno e mezzo, per esaurire tutti i fascicoli oggi pendenti se non ne arrivassero di nuovi. La media europea è meno della metà, intorno ai 240 giorni. Paesi come Spagna e Francia si collocano su livelli intermedi, mentre Germania, Svizzera e Austria completano i procedimenti in tempi molto più rapidi.
Sull’efficienza incide anche il numero di cause che arrivano ogni anno nei tribunali. In Italia si registrano circa 2,2 nuovi casi ogni 100 mila abitanti, un valore leggermente superiore alla mediana europea. Alcuni Paesi, come Spagna, presentano volumi ancora più alti, mentre altri – tra cui Germania, Norvegia e Svezia – gestiscono un carico di lavoro molto più contenuto.

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