Che cosa pensano gli esperti della riforma costituzionale della giustizia

Tra chi la considera necessaria per garantire l’imparzialità dei giudici e chi la ritiene pericolosa, la separazione delle carriere e le altre novità dividono giuristi, magistrati e avvocati
Il flash mob dell’Associazione Nazionale Magistrati davanti al Palazzo della Cassazione contro la riforma della separazione delle carriere, 27 febbraio 2025 – Fonte: ANSA/FABIO CIMAGLIA
Il flash mob dell’Associazione Nazionale Magistrati davanti al Palazzo della Cassazione contro la riforma della separazione delle carriere, 27 febbraio 2025 – Fonte: ANSA/FABIO CIMAGLIA
Nella tarda mattinata di giovedì 30 ottobre, il Senato ha approvato in seconda lettura il disegno di legge costituzionale, presentato dal governo Meloni, che introduce la separazione delle carriere dei magistrati. Hanno votato a favore i partiti della maggioranza – Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati – insieme ad Azione. Italia Viva si è astenuta, mentre Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra hanno votato contro.

Con questo voto si è concluso l’iter parlamentare della riforma, che per entrare in vigore dovrà passare da un referendum. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha ipotizzato che la consultazione possa tenersi tra marzo e aprile del 2026. Nei prossimi mesi, quindi, si aprirà una lunga campagna referendaria che vedrà schierati da un lato i sostenitori della separazione delle carriere, convinti che serva a rafforzare l’indipendenza e l’imparzialità dei magistrati, e dall’altro i contrari, che giudicano la riforma non necessaria e potenzialmente pericolosa per l’autonomia della magistratura rispetto al potere politico.

Durante l’esame parlamentare, sono stati ascoltati numerosi esperti di diritto costituzionale e giudiziario, chiamati a esprimere valutazioni sulla riforma. Le loro opinioni sono state tutt’altro che unanimi: alcuni hanno espresso apprezzamento per l’obiettivo di rafforzare l’indipendenza dei magistrati, mentre altri hanno sollevato forti perplessità su diversi aspetti del testo, ritenendo che possa creare nuovi squilibri nel sistema giudiziario.

Una separazione utile?

In base alle regole attuali, tutti i magistrati seguono lo stesso percorso formativo e possono cambiare funzione, passando dal ruolo di giudice a quello di pubblico ministero (Pm) o viceversa, una sola volta durante la loro carriere, e solo entro i primi dieci anni di servizio. Fino al 2022, prima della “riforma Cartabia”, questo limite era di quattro passaggi. In più, oggi tutti i magistrati dipendono da un unico organo, il Consiglio superiore della magistratura (CSM), presieduto dal presidente della Repubblica e incaricato di vigilare sul corretto operato dei magistrati.

La riforma costituzionale proposta dal governo introduce invece una netta separazione: vieta ogni possibilità di passaggio da giudice a Pm e viceversa. Ogni magistrato dovrà scegliere il proprio ruolo all’inizio della carriera, senza possibilità di cambiare in seguito.

Su questo punto le opinioni degli esperti ascoltati si sono divise. Alcuni, come Bonaventura Candido, presidente del Consiglio distrettuale di disciplina della Corte d’Appello di Messina, hanno sostenuto che la separazione rafforzerà l’autonomia dei magistrati e risponde al principio sancito dall’articolo 111 della Costituzione, secondo cui «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, a parità di condizioni, davanti a un giudice terzo e imparziale».

Altri giuristi, invece, ritengono che la riforma sia superflua, poiché nella pratica la distinzione tra le due funzioni esiste già. La prima presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, ha ricordato (min. 1:48:05) che «negli ultimi cinque anni», dopo la “riforma Cartabia”, solo lo «0,83 per cento» dei pubblici ministeri è passato a funzioni giudicanti e lo «0,21 per cento» dei giudici a funzioni requirenti.

Il sostituto procuratore Domenico Airoma, della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha ricordato che oggi il passaggio da un ruolo all’altro è già molto difficile: può avvenire una sola volta, e solo dopo un corso di qualificazione e un giudizio di idoneità del CSM.

L’Unione delle Camere Penali (UCP), che rappresenta gli avvocati penalisti, si è detta favorevole alla riforma, ma ha criticato l’assenza di concorsi pubblici separati per Pm e giudici. A suo giudizio, mantenere un concorso unico è «incongruo sul piano logico» se l’obiettivo è davvero quello di distinguere le due carriere.

Il dibattito sul sorteggio

Una parte molto discussa riguarda la riforma del CSM e il metodo di elezione dei suoi componenti. Il testo approvato dal Parlamento prevede di sostituire l’attuale Consiglio con due nuovi organi: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e quello requirente.

Attualmente, il CSM è composto da 33 componenti: oltre al presidente della Repubblica, ne fanno parte il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione, e gli altri 30 componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati d’Italia (i cosiddetti “membri togati”), e per un terzo dal Parlamento in seduta comune, cioè da tutti i deputati e i senatori (i cosiddetti “membri laici”). I membri laici del CSM sono scelti tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che hanno oltre quindici anni di attività.

In base alla riforma, i due nuovi CSM – giudicante e requirente – saranno guidati entrambi dal presidente della Repubblica e ne faranno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. 

La principale novità riguarda il metodo di selezione: i membri saranno sorteggiati. I magistrati in servizio saranno inseriti in elenchi distinti, dai quali verranno estratti a sorte i membri “togati”; quelli “laici”, cioè professori universitari e avvocati con almeno quindici anni di esperienza, saranno a loro volta scelti tramite sorteggio da un elenco predisposto dal Parlamento.

I sostenitori della riforma ritengono che questo sistema ridurrà il potere delle “correnti” dell’Associazione nazionale magistrati (ANM), le principali aggregazioni interne della magistratura, spesso accusate di influenzare le nomine. L’ANM è un’associazione che rappresenta gli interessi dei magistrati italiani, e al suo interno è divisa in varie correnti politiche, alcune più a destra, altre più a sinistra. 

Secondo l’Unione delle Camere Penali, il sorteggio servirebbe a «ricondurre il CSM alla sua funzione» di organo di garanzia. Ma per altri esperti, come l’ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati, le correnti non spariranno, perché sosterrebbero comunque, «tra i sorteggiati, quei candidati che ritengono più vicini o meno lontani dalle loro idee».

Candido ha riconosciuto invece che il sorteggio «non piace a molti tra noi» magistrati, ma ha sostenuto che «a mali estremi» servono «estremi rimedi»: per questo motivo, considera la novità un rimedio necessario per arginare gli effetti delle correnti, da anni accusate di esercitare un’influenza indebita nelle nomine e nelle carriere.

I dubbi sull’Alta Corte disciplinare

La riforma costituzionale prevede inoltre che i due nuovi CSM non si occupino più dei procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati, che verranno affidati a un organo separato, l’Alta Corte disciplinare. Questa sarà composta da 15 membri: tre nominati dal presidente della Repubblica tra professori e avvocati, tre estratti a sorte da un elenco di esperti, sei giudici e tre pubblici ministeri, tutti con almeno vent’anni di esperienza.

I due consigli avranno il compito di stabilire le assunzioni, i trasferimenti e le valutazioni dei rispettivi magistrati, mentre i procedimenti disciplinari spetteranno a un nuovo organo, l’Alta Corte disciplinare. Questa è composta da 15 giudici: tre sono nominati dal Presidente della Repubblica tra professori e avvocati; altri tre giudici sono estratti a sorte da un elenco di esperti; sei sono sorteggiati tra i giudici mentre altri tre sono estratti tra i Pm, in tutti i casi con almeno vent’anni di esperienza.

Anche in questo caso gli esperti si sono divisi. Per l’Unione delle Camere Penali l’istituzione dell’Alta Corte rappresenta «un passo verso la direzione di un maggiore equilibrio del sistema». Maurizio Fumo, ex presidente della quinta sezione penale della Corte di Cassazione, ha giudicato l’idea valida, ma ha fatto notare che sarebbe stato opportuno istituire un organo simile anche per le altre magistrature, come quella contabile, che fa capo alla Corte dei Conti.

Altri giuristi, tra cui l’avvocato Giuseppe Benedetto e la costituzionalista Giovanna De Minico, hanno osservato che sarebbe stato più coerente creare due Alte Corti disciplinari distinte, una per i giudici e una per i pubblici ministeri, in linea con la logica della riforma.

Una riforma blindata

Nonostante le critiche e i suggerimenti ricevuti nelle audizioni parlamentari, i partiti di maggioranza non hanno modificato il testo del disegno di legge costituzionale presentato dal governo. La versione approvata in via definitiva dal Senato, infatti, è identica a quella approvata dal Consiglio dei ministri a maggio 2024. Durante l’esame, i partiti di centrodestra non hanno presentato emendamenti, mentre le opposizioni ne hanno proposti centinaia, tutti respinti.

Nordio ha difeso più volte l’impianto della riforma, sostenendo che non punta a limitare il potere dei magistrati, ma a garantire maggiore imparzialità nei processi. Ma a luglio scorso l’ANM ha ricordato che l’attuale ministro della Giustizia, nel 1994, quando era magistrato a Venezia, firmò un testo contro la separazione delle carriere. In seguito, lo stesso ministro ha spiegato di non aver cambiato idea per opportunismo politico, ma per il mutato contesto storico. All’epoca, «tra stragi e tangentopoli», secondo Nordio era necessario difendere la magistratura. «Io stesso ero oggetto di attacchi perché avevo arrestato democristiani e socialisti», ha aggiunto.

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