Schlein ha ragione: la crescita italiana è tra le più basse dell’Ue

Secondo la Commissione europea, tra il 2025 e il 2027 l’aumento del PIL sarà sempre sotto l’1 per cento
ANSA/MAX CAVALLARI
ANSA/MAX CAVALLARI
Il 18 novembre, ospite a È sempre Cartabianca su Rete 4, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha commentato (min. 2:10) le nuove previsioni economiche d’autunno pubblicate il giorno prima dalla Commissione europea. Secondo Schlein, i dati dicono che «l’Italia è fanalino di coda per la crescita». 

Numeri alla mano, la segretaria del Partito Democratico ha sostanzialmente ragione.

Secondo le previsioni della Commissione Ue – che per loro natura possono cambiare in base all’andamento dell’economia – nel 2025 il Prodotto interno lordo (PIL) dell’Italia crescerà dello 0,4 per cento rispetto al 2024, una percentuale più bassa rispetto allo 0,7 per cento stimato la scorsa primavera. 

Come mostra il grafico, nel 2025 solo tre Paesi cresceranno meno dell’Italia: Austria, Finlandia e Germania. Nel 2026, la Commissione Ue prevede che il PIL italiano cresca dello 0,8 per cento rispetto al 2025, seconda percentuale di crescita più bassa di tutta l’Ue, sopra solo all’Irlanda (che però nel 2025 crescerà più del 10 per cento). Nel 2027, invece, il PIL italiano è previsto crescere dello 0,8 per cento rispetto al 2026, percentuale più bassa di tutta l’Ue. 
La Commissione Ue ha spiegato in un approfondimento che la crescita italiana resterà debole perché frenata dal calo delle esportazioni e da consumi ancora poco dinamici, mentre a sostenere il PIL saranno soprattutto gli investimenti legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). L’inflazione dovrebbe rimanere contenuta nei prossimi due anni grazie ai prezzi dell’energia in diminuzione, per poi risalire leggermente nel 2027.

I conti pubblici sono attesi in graduale miglioramento sul fronte del deficit, ma il rapporto tra il debito pubblico e il PIL continuerà a restare più o meno stabile perché gli avanzi primari – ossia la differenza positiva tra entrate e uscite, al netto della spesa per  gli interessi sul debito – non saranno sufficienti a compensare il peso degli interessi e alcune passate misure fiscali, come il Superbonus. Anche il mercato del lavoro dovrebbe rallentare dopo gli aumenti degli ultimi anni, mentre i salari reali (cioè i salari depurati dall’inflazione) sono previsti recuperare lentamente, dopo la perdita di potere d’acquisto accumulata negli anni dell’inflazione più alta.

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