No a eutanasia e cannabis, sì alla giustizia: cos’ha deciso la Corte costituzionale sui referendum

Ansa
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Il 15 e 16 febbraio la Corte costituzionale si è espressa sull’ammissibilità di otto quesiti referendari: sei sulla giustizia, uno sull’eutanasia legale e uno sulla cannabis legale. Di questi, cinque sono stati approvati mentre tre sono stati ritenuti inammissibili.

Punto per punto, vediamo per che cosa andremo molto probabilmente a votare nella prossima primavera, tra il 15 aprile e il 15 giugno.

La bocciatura sull’eutanasia

Nella serata del 15 febbraio la Corte costituzionale ha bocciato il quesito referendario sull’eutanasia, ritenuto «inammissibile». Il giorno successivo, in conferenza stampa, il presidente della Consulta Giuliano Amato ha spiegato (min. 1:00) che il referendum non riguardava tanto l’eutanasia quanto l’«omicidio del consenziente», e una sua approvazione avrebbe legittimato questa pratica «ben al di là dei casi nei quali ci si aspetta che l’eutanasia possa aver luogo», compresi potenzialmente quelli in cui la persona in questione non è malata.

Il referendum sull’eutanasia legale è stato promosso da una lunga lista di organizzazioni, guidate dall’Associazione Luca Coscioni. Il loro obiettivo era abrogare una parte dell’articolo 579 del Codice penale che punisce, appunto, il reato di «omicidio del consenziente». In particolare, il referendum voleva eliminare la pena dai 6 ai 15 anni di carcere per chi uccide una persona con il suo consenso, a meno che quest’ultimo sia un minore, un infermo mentale, una persona sotto effetto di alcol o sostanze stupefacenti, o una persona il cui consenso è stato estorto con le minacce o con la forza.
Ad oggi è in esame alla Camera una proposta di legge per regolamentare la «morte volontaria medicalmente assistita», più comunemente chiamata “suicidio assistito”. Ma al momento i tempi per una sua approvazione sembrano tutt’altro che brevi, viste le divisioni interne alla maggioranza.

Inammissibile anche il quesito sulla cannabis legale

Nella serata del 16 febbraio la Corte Costituzionale ha poi bocciato anche la proposta referendaria sulla legalizzazione della cannabis. Il referendum – promosso da una serie di organizzazioni, tra cui l’Associazione Luca Coscioni – aveva l’obiettivo di modificare alcune parti del “Testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope”, depenalizzando la coltivazione (ma non la produzione o la vendita) della cannabis con Thc e di altre piante, come l’oppio, le foglie di coca o i funghi allucinogeni. Il quesito referendario chiedeva poi di eliminare la pena del carcere per le condotte illecite relative alla cannabis e di eliminare la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per chi «detiene sostanze stupefacenti o psicotrope» o ne fa «uso personale».
In conferenza stampa Amato ha chiarito (min. 9:50) che il quesito presentato dal comitato presentava problemi di formulazione e avrebbe di fatto permesso la coltivazione non tanto della cannabis, ma di «droghe pesanti» come «papavero» o «coca», una condizione che avrebbe portato l’Italia a «violare obblighi internazionali plurimi». Per questo il quesito è stato ritenuto inammissibile.

Giustizia: ammessi cinque quesiti su sei

La Corte costituzionale ha infine ritenuto ammissibili (min. 5:20) cinque dei sei quesiti a tema giustizia presentati dalla Lega e dal Partito radicale. Più nel dettaglio, i cittadini saranno chiamati a votare sulle proposte relative all’incandidabilità di politici o amministratori locali condannati (disposizioni introdotte dalla cosiddetta “legge Severino”); alla parziale eliminazione del procedimento di custodia cautelare; alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri; all’eliminazione delle firme per le candidature al Consiglio superiore della magistratura (Csm); e infine alla possibilità per gli avvocati di contribuire alla valutazione dei magistrati. È stato invece ritenuto inammissibile il quesito sulla responsabilità diretta dei giudici.
Il voto sui quesiti approvati dalla Consulta si terrà «in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno», così come previsto dalla legge n. 352 del 25 maggio 1970 che regola lo svolgimento dei referendum.

In parallelo, il governo e il Parlamento stanno lavorando alla riforma del Csm, che negli ultimi anni è stato spesso criticato per l’influenza eccessiva delle correnti che lo compongono e per la possibilità dei magistrati di ottenere anche incarichi politici. L’11 febbraio il Consiglio dei ministri ha presentato degli emendamenti a una proposta di legge in merito già in discussione alla Camera. L’esecutivo spera di approvare la legge entro l’estate in modo che il rinnovo del Csm, previsto per luglio, possa svolgersi secondo le nuove normative.

Le reazioni

Le decisioni della Corte costituzionale hanno diviso la politica e la società civile.

Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e tra i principali promotori dei referendum su eutanasia e cannabis, ha criticato le decisioni della Consulta sull’eutanasia: «È una brutta notizia per la democrazia nel nostro Paese»,ha dichiarato Cappato, a proposito della decisione sull’eutanasia, aggiungendo che il comitato continuerà a sostenere la causa con gli strumenti disponibili, la «disobbedienza civile, i ricorsi, le elezioni». Cappato ha inoltre contestato la tesi della Corte secondo cui i quesiti sarebbero stati formulati in modo poco corretto.

Di idee diverse è la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che ha definito il quesito sull’eutanasia come «inaccettabile ed estremo», e la bocciatura di quello sulla cannabis «una vittoria». Il leader della Lega Matteo Salvini si è invece detto «dispiaciuto» per la decisione della Corte sull’eutanasia, ma si è detto soddisfatto per l’approvazione di cinque dei sei quesiti sulla giustizia di cui il suo partito è promotore.

Dal centrosinistra, il segretario del Partito democratico Enrico Letta ha sfruttato la bocciatura del referendum sull’eutanasia per esortare il Parlamento ad approvare la legge attualmente in discussione sul suicidio assistito. Sulla stessa linea anche il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, secondo cui su questioni come eutanasia e cannabis «la risposta migliore deve darla il Parlamento».

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