Lo scorso 3 giugno il leader della Lega Matteo Salvini, insieme al segretario del Partito radicale Maurizio Turco, ha depositato alla Corte di Cassazione di Roma sei quesiti referendari sulla giustizia, la cui raccolta firme inizierà dal 2 luglio.

Uno dei sei quesiti propone di modificare il Codice di procedura penale per limitare il ricorso della custodia cautelare. Questa proposta va però in una direzione opposta rispetto a quanto promesso dalla Lega nel suo programma per le elezioni politiche di marzo 2018. Insomma, ora Salvini chiede agli elettori di sostenere un referendum che contraddice quanto promesso dallo stesso Salvini agli stessi elettori tre anni fa per prendere voti ed eleggere gli attuali parlamentari.

Che cosa chiede il referendum

Il terzo quesito che Lega e Partito radicale vogliono portare al referendum – per cui manca ancora il via libera della Cassazione e poi la raccolta firme – chiede agli elettori se vogliono che venga modificata una parte dell’articolo 274 del Codice di procedura penale.

Questo articolo stabilisce su quali basi possano essere disposte le cosiddette “misure cautelari”, ossia quei provvedimenti che un giudice può disporre su richiesta del pubblico ministero verso una persona, non ancora condannata in via definitiva, per esigenze, appunto, “di cautela”. Tra queste misure ci sono gli arresti domiciliari, la custodia cautelare in carcere o quella in un luogo di cura.

Oggi, in base all’articolo 274, le misure cautelari possono essere disposte a fronte di gravi indizi di colpevolezza e nei casi in cui ci sia il pericolo di fuga dell’indagato, di inquinamento delle prove, di compimento di nuovi e gravi reati o della reiterazione del reato per cui si è accusati.

Il quesito referendario interviene in particolare sul comma 1, lettera c) dell’art. 274 del codice penale e chiede di eliminare la parte che prevede si possano disporre misure cautelari nel caso in cui ci sia pericolo di reiterazione dello stesso reato.

Se la modifica venisse approvata, un giudice potrebbe disporre la custodia cautelare in carcere, per esempio, solo a un indagato che, a fronte di gravi indizi di colpevolezza ma in assenza di pericolo di fuga o inquinamento delle prove, commettesse un reato grave con l’uso di armi, con la criminalità organizzata o contro l’ordine costituzionale.

Facciamo un esempio concreto. Se uno spacciatore venisse arrestato, ci fossero gravi indizi di colpevolezza, ci fosse la ragionevole certezza che lasciandolo in libertà non commetta gravi reati con l’uso di armi, non fugga e non inquini le prove, non sarebbe possibile disporre la custodia cautelare in carcere anche se ci fosse la ragionevole certezza che in attesa della fine del processo continuerà a spacciare.

La Lega, che della tolleranza zero verso i reati minori ha spesso fatto una propria bandiera, come sta promuovendo questo quesito referendario?

Che cosa dice la Lega oggi

In un grafica pubblicata il 24 giugno sulla pagina Facebook di Salvini si legge che l’obiettivo della modifica del Codice di procedura penale è quello di limitare «gli abusi della custodia cautelare». E ribadisce: «Con il sì al referendum, eliminando la possibilità di procedere con la custodia cautelare per “reiterazione del medesimo reato”, faremo in modo che possano finire in carcere prima della conclusione del processo soltanto gli accusati di reati gravi», continua il poster, intitolato «Chi sbaglia paga!».

Che cosa prometteva ai suoi elettori nel 2018 la Lega, in vista delle elezioni politiche? In breve: una serie di cose che vanno in direzione opposta, in senso più restrittivo, rispetto a quanto promosso oggi.

Che cosa diceva la Lega nel programma del 2018

Nel capitolo dedicato alla giustizia il programma elettorale per le politiche del 2018 della Lega avanzava (pag. 32) alcune proposte per modificare le regole sulla custodia cautelare in carcere, la più severa delle misure cautelari previste dal codice penale.

Lo spaccio di lieve entità

In primo luogo il programma proponeva di reintrodurre la possibilità di disporre la custodia cautelare in carcere per le persone accusate del reato di spaccio di lieve entità, creato nel 2013 per differenziare questa condotta rispetto a quella più grave dello spaccio in generale. Stiamo parlando dello spaccio di quantità modeste di stupefacenti, vendute agli angoli delle strade da “pesci piccoli”, il contrario insomma di un reato “grave”, l’unica tipologia a cui oggi la Lega annuncia di voler applicare la custodia cautelare in carcere.

Oggi in base all’articolo 280 del Codice di procedura penale è infatti necessaria una pena massima di almeno 5 anni affinché possa essere disposta la custodia cautelare in carcere. Lo spaccio lieve si ferma a un massimo di 4 anni.

Il punto della proposta della Lega del 2018 era il seguente: modificare le leggi per far sì che anche un accusato del reato di spaccio di lieve entità potesse essere sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere.

C’è dunque una contraddizione tra la volontà nel programma del 2018 di mandare in carcere gli spacciatori, con misura cautelare, anche se hanno commesso il reato in forma lieve, e la volontà con l’attuale referendum di impedire al giudice di mandare in carcere ad esempio proprio degli spacciatori, anche di quantità non lievi, e anche se rischiano di commettere nuovamente lo stesso reato.

Pene lievi in generale

In secondo luogo il programma proponeva di intervenire sull’articolo 275 del Codice di procedura penale, che disciplina i criteri di scelta delle misure cautelari.

Per come era scritta, la proposta della Lega non aveva senso e nel testo c’era una evidente contraddizione. Ma al di là della scelta infelice delle parole, il senso della proposta sembrava essere quello di voler modificare l’articolo 275 per consentire al giudice di dare la misura cautelare della custodia in carcere anche con la previsione di dare in concreto all’imputato una pena inferiore ai 3 anni.

L’articolo 275 pone – e poneva nel 2018 – già questo limite, tra gli altri: se il giudice ritiene che la pena sarà inferiore ai 3 anni, non deve disporre la custodia cautelare in carcere.

Di nuovo sembra che la promessa della Lega del 2018 sia in contraddizione con quanto si vuol fare adesso con il referendum. Allora si voleva dare la possibilità ai giudici di dare la misura cautelare del carcere anche per reati di lieve entità (puniti in concreto con meno di 3 anni di reclusione), ora invece si chiede di impedire ai giudici di dare la misura cautelare (del carcere o anche misure meno gravi) anche se c’è il pericolo di reiterazione del reato.

E il pericolo «attuale»

Infine in vista delle elezioni del 2018 il partito di Salvini proponeva di cancellare una parte della legge n. 47 del 2015 che ha introdotto il requisito della «attualità», a fianco a quello della «concretezza», circa il pericolo di fuga e per il pericolo di reiterazione del reato, perché il giudice possa disporre la misura cautelare.

In parole povere, la Lega chiedeva di dare ai giudici più libertà nel disporre le misure cautelari, tra l’altro proprio a proposito del pericolo di reiterazione del reato. Adesso invece chiede l’esatto opposto.

In conclusione

Il 2 luglio inizierà la raccolta firme per il referendum sulla giustizia promosso dalla Lega e dal Partito radicale. Uno dei sei quesiti referendari propone di limitare il ricorso alla custodia cautelare, eliminando la possibilità di ricorrere a questo strumento se c’è il rischio che una persona compia nuovamente il reato per cui è accusato. Secondo Matteo Salvini, questa modifica permetterebbe di far finire in carcere prima della conclusione del processo «soltanto gli accusati di reati gravi».

Nel programma elettorale della Lega per le elezioni politiche del 2018, però, le proposte leghiste erano ben diverse, e in generale volevano ampliare il ricorso alla custodia cautelare in carcere, anche per reati meno gravi, come lo spaccio di lieve entità.

Nel giro di oltre tre anni dunque, di cui circa la metà passati al governo del Paese, la Lega di Salvini sembra aver cambiato decisamente idea sulla custodia cautelare, passando da una posizione più severa a una meno.