Che cosa succede ora a Meloni e agli altri ministri indagati

Dovrà esprimersi il tribunale dei ministri, che potrà archiviare le accuse o chiedere l’autorizzazione al processo. La decisione finale potrebbe spettare al Parlamento
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
In queste ore sta facendo discutere la notizia dell’indagine a carico della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e di altri tre esponenti del governo per il rilascio del capo della polizia giudiziaria libica Njeem Osama Almasri Habish, meglio conosciuto come Almasri. Meloni è indagata insieme al ministro della Giustizia Carlo Nordio, al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano per i reati di favoreggiamento e peculato. Tra il 19 e il 21 gennaio scorsi, Almasri è stato infatti arrestato e rilasciato in poche ore dalle autorità italiane, sebbene su di lui penda un mandato di arresto internazionale spiccato dalla Corte penale internazionale (CPI) il 18 gennaio. 

Al di là del caso di Almasri e delle responsabilità del governo, che cosa succede ora alla presidente del Consiglio e agli altri tre suoi colleghi indagati? In breve: nell’immediato poco o nulla, dato che potrebbero essere necessari alcuni mesi prima di eventuali sviluppi a livello giudiziario. E non è escluso che possa essere il Parlamento a dire l’ultima parola sulla vicenda.

Il ruolo del tribunale dei ministri

Come abbiamo spiegato in questo fact-checking, il 28 gennaio Meloni e i suoi colleghi non hanno ricevuto «un avviso di garanzia», come ha erroneamente annunciato la presidente del Consiglio, bensì una comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati.

L’informazione di garanzia, meglio nota come “avviso di garanzia”, è lo strumento con cui un indagato viene a conoscenza di un procedimento penale a suo carico nel momento in cui il pubblico ministero compie un atto di indagine al quale il difensore ha diritto di assistere. La comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati, invece, è un’informativa che viene mandata come atto dovuto ai soggetti interessati da una notizia di reato. Alla luce dell’esposto contro Meloni e i ministri, la procura della Repubblica doveva dunque aprire per forza un’inchiesta.

In base alla legge costituzionale del 1989, che stabilisce le regole sui procedimenti giudiziari nei confronti degli esponenti del governo, dopo avere ricevuto la denuncia nei confronti di un ministro il procuratore della Repubblica deve inviare entro quindici giorni gli atti al cosiddetto “tribunale dei ministri” e deve per l’appunto comunicare la notizia anche al diretto interessato, ossia l’esponente del governo coinvolto nel caso, senza compiere indagini («omessa ogni indagine», dice la legge). Il tribunale dei ministri è una sezione specializzata del tribunale ordinario competente per i reati commessi dal presidente del Consiglio e dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni.

Archiviazione o autorizzazione a procedere

A sua volta, entro 90 giorni da quando ha ricevuto gli atti, il tribunale dei ministri potrà decidere di archiviare le accuse – facendo decadere ogni accusa – oppure chiedere al Parlamento l’autorizzazione a procedere nei confronti della presidente del Consiglio e dei suoi colleghi. Secondo l’articolo 96 della Costituzione, i membri del governo possono essere sottoposti a un procedimento giudiziario solo se viene data autorizzazione della Camera o dal Senato. In questo caso, per Meloni e Nordio l’autorizzazione a procedere dovrà eventualmente essere data dalla Camera, essendo loro due deputati, mentre per Piantedosi e Mantovano, che non sono parlamentari, spetterà al Senato.

Il percorso parlamentare che porta a un’eventuale autorizzazione a procedere può durare parecchio tempo. Una richiesta di autorizzazione a procedere deve essere infatti prima esaminata dalla Giunta per le autorizzazioni, nel caso della Camera, oppure dalla Giunta delle elezioni e le immunità parlamentari nel caso del Senato. Questi organi ricoprono un ruolo sensibile a livello parlamentare: nel caso di accuse nei confronti dei deputati e dei senatori, queste giunte svolgono infatti un primo esame sulle richieste di avviare un processo e sui provvedimenti che limitino la libertà personale dei parlamentari. E lo stesso ruolo lo esercitano nei confronti dei ministri e degli altri membri del governo nei procedimenti che riguardano eventuali reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni. Entrambe le giunte sono per prassi guidate da esponenti dei partiti di opposizione. Alla Camera il presidente della Giunta per le autorizzazioni è il deputato Devis Dori (Alleanza Verdi-Sinistra), mentre il presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato è il senatore Dario Franceschini (Partito Democratico).

Nel caso di Meloni e di Nordio, se ci sarà la richiesta di autorizzazione a procedere da parte del tribunale dei ministri, la Giunta per le autorizzazioni della Camera dovrà esprimere un parere entro 30 giorni da quando ha ricevuto gli atti riguardanti il caso. Nello specifico, la giunta ha tre opzioni: può ritenere di non essere competente a giudicare il caso, rimandando gli atti all’autorità giudiziaria; può negare l’autorizzazione a procedere, oppure può approvarla. La giunta per le elezioni può decidere di non essere competente su un caso se ritiene che il ministro in questione abbia compiuto le azioni per cui è accusato al di fuori delle sue funzioni. In questo caso, il procedimento passerebbe alla giurisdizione ordinaria, ossia la magistratura che indaga per tutti i reati non riguardanti speciali categorie di persone, come per l’appunto gli esponenti del governo.

Al di là di questo caso, la Giunta per le autorizzazioni può esprimere un parere favorevole oppure contrario all’autorizzazione a procedere. In caso di parere favorevole, l’autorizzazione a procedere viene convalidata senza dover passare per un voto dell’aula della Camera. Al contrario, se la giunta esprime parere contrario all’autorizzazione, la decisione finale passa all’aula della Camera. Nello specifico, la richiesta di negare l’autorizzazione a procedere deve essere votata dall’assemblea. Se almeno il 50 per cento più uno dei deputati vota per negare l’autorizzazione a procedere, l’autorizzazione è respinta, altrimenti si considera approvata.

Lo stesso procedimento è previsto per l’esame delle autorizzazioni a procedere al Senato, a cui potranno essere eventualmente sottoposti, come anticipato, il ministro Piantedosi e il sottosegretario Mantovano.

I precedenti

Prima di Meloni e dei suoi colleghi, diversi esponenti di altri governi sono stati coinvolti in situazioni simili. 

Un esempio piuttosto recente è il caso “Open Arms”. Quest’ultimo è il caso che vede imputato il segretario della Lega Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e di omissione di atti d’ufficio per fatti avvenuti ad agosto del 2019. All’epoca era in carica il primo governo Conte, supportato da Movimento 5 Stelle e Lega, e l’allora ministro dell’Interno Salvini impedì per giorni lo sbarco in Italia dei migranti salvati dalla nave Ong Open Arms. In quel caso, il tribunale dei ministri aveva chiesto l’autorizzazione a procedere per Salvini. A seguire, a maggio 2020, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari ha respinto l’autorizzazione a procedere. All’epoca, avevano votato a favore dell’autorizzazione il Partito Democratico, Liberi e Uguali e la maggioranza dei senatori del Movimento 5 Stelle in giunta. Contro l’autorizzazione a procedere si erano espressi invece Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e il senatore del Movimento 5 Stelle Dino Giarrusso. Italia Viva si era invece astenuta. Il 30 luglio 2020, poco prima della caduta del governo, l’aula del Senato ha però ribaltato il parere della giunta, votando contro la relazione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari e autorizzando il processo per Salvini. In quel caso, era stato decisivo il voto contrario di Italia Viva, che in giunta si era invece astenuta. Lo scorso 20 dicembre Salvini è stato assolto comunque con sentenza di primo grado dalle accuse nel caso Open Arms.

Nel processo a Open Arms, Salvini è stato seguito all’avvocata Giulia Bongiorno, senatrice della Lega dal 2018, già legale dell’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Secondo fonti stampa, Bongiorno sarà la legale anche di Meloni, Nordio e Piantedosi e Mantovano nel procedimento sul caso di Almasri. 

In ogni caso, prima ancora di Open Arms, Salvini era stato coinvolto nel caso della nave “Diciotti”. Il 26 agosto 2018 l’allora ministro dell’Interno è stato indagato dalla Procura di Agrigento per sequestro di persona, abuso d’ufficio e arresto illegale, per il caso dei 137 migranti salvati dalla nave “Diciotti”, fatti sbarcare da Salvini dopo averli trattenuti per cinque giorni su un pattugliatore della guardia costiera ormeggiato nel molo del porto di Catania. Il 24 gennaio 2019 il tribunale dei ministri aveva quindi chiesto l’autorizzazione a procedere per Salvini, ma due mesi dopo, il 20 marzo 2019 l’autorizzazione è stata negata dall’aula del Senato dopo il parere contrario anche della Giunta per le elezioni e le autorizzazioni.

In passato, anche l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato coinvolto in una situazioni simile. Il 30 novembre 2020, quando era alla guida del suo secondo governo, Conte è stato indagato per peculato, in seguito alla denuncia di un esponente di Fratelli d’Italia per un fatto risalente alla fine di ottobre dello stesso anno. In pratica, il 26 ottobre 2020 la compagna di Conte Olivia Paladino era stata fermata sotto casa da un giornalista de Le Iene, Filippo Roma, che le chiedeva dei presunti problemi con il fisco di suo padre. La fidanzata del presidente del Consiglio, per sfuggire alle domande, era entrata in un supermercato, per poi essere portata via dalla scorta del presidente del Consiglio. In pratica, secondo l’accusa, Conte avrebbe fatto un uso improprio della sua scorta, utilizzandola per “mettere al riparo” la compagna lontano dalle domande del giornalista de Le Iene. In quel caso, gli atti sono stati trasmessi al tribunale dei ministri, che in seguito ha però dichiarato l’archiviazione del caso relativo a Conte. 

Ricapitolando: la strada del procedimento a carico di Meloni e dei tre colleghi per il caso Almasri è ancora lunga. Entro 90 giorni dovrà esprimersi il tribunale dei ministri, che potrà decidere di archiviare direttamente il caso, facendo decadere tutte le accuse. In alternativa, il tribunale potrebbe chiedere al Parlamento l’autorizzazione a procedere per la presidente del Consiglio e i suoi ministri. In quel caso, la decisione spetterà ai parlamentari che dovranno votare per mandare o meno a processo Meloni e i suoi colleghi.

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