Salvini è stato assolto nel processo “Open Arms”

Secondo il Tribunale di Palermo, nelle accuse contro il leader della Lega “il fatto non sussiste”. La Procura aveva chiesto sei anni per sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio
ANSA/Igor Petyx
ANSA/Igor Petyx
Nella serata di venerdì 20 dicembre, il Tribunale di Palermo ha annunciato la sentenza in merito al processo “Open Arms” che vede coinvolto Matteo Salvini. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti è stato assolto perché “il fatto non sussiste”. La Procura di Palermo aveva chiesto di condannare Salvini a sei anni di carcere con l’accusa di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio. In concreto, i giudici del Tribunale di Palermo hanno stabilito che il reato contestato al leader della Lega non è stato commesso. 

Nei giorni scorsi, così come la mattina del processo, Salvini ha ripetuto più volte di essere «fiero» di aver «difeso» l’Italia e che rifarebbe tutto quello che ha fatto. Oggi il leader della Lega era a Palermo insieme a una delegazione di parlamentari del suo partito e alla sua avvocata Giulia Bongiorno, senatrice della Lega. 

Il processo è iniziato ad aprile 2021 e riguarda fatti avvenuti ad agosto 2019, quando era in carica il primo governo Conte, supportato da Movimento 5 Stelle e Lega. L’allora ministro dell’Interno Salvini impedì per giorni lo sbarco in Italia di 147 migranti salvati nel Mar Mediterraneo dalla nave dell’organizzazione non governativa spagnola Open Arms.

L’udienza del 20 dicembre è iniziata in mattinata con la replica della procuratrice Marzia Sabella all’arringa della difesa del ministro, a cui sono seguite le controrepliche di Bongiorno, che ha chiesto l’assoluzione di Salvini perché a detta sua “il fatto non sussiste”. Al termine del dibattimento, verso le ore 11:30, i giudici si sono riuniti in camera di consiglio per decidere la sentenza, che è stata comunicata solo dopo diverse ore. 

Il 14 settembre scorso la Procura di Palermo, al termine della requisitoria, aveva reso nota la richiesta della condanna di 6 anni di reclusione per Salvini. Poco dopo, il ministro aveva pubblicato un video per difendere le sue ragioni nel processo e raccontare la sua versione dei fatti.

Punto per punto, ripercorriamo le tappe che hanno portato alla sentenza di primo grado nei confronti di Salvini.

I soccorsi della Open Arms

Il 1° agosto 2019 la nave Open Arms, omologata per 19 persone, ha salvato 55 persone migranti a bordo di un barca di legno che imbarcava acqua nella zona Sar (sigla dall’inglese Search and rescue) della Libia. L’equipaggio della nave Ong ha avvisato del salvataggio le autorità libiche, italiane e maltesi. Lo stesso giorno l’allora ministro dell’Interno Salvini, insieme al ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli e della Difesa Elisabetta Trenta (entrambi del Movimento 5 Stelle), ha firmato un decreto interministeriale che vietava alla Open Arms di entrare in acque territoriali italiane. Questo potere era stato dato al governo dal secondo decreto-legge “Sicurezza”, approvato dal governo Conte il 25 luglio 2019 e convertito in legge il 5 agosto. 

Nella notte del 2 agosto la Open Arms ha salvato altre 69 persone migranti a bordo di un gommone in difficoltà in zona Sar di Malta. La nave ha così reiterato le sue richieste per ottenere un porto a Malta e all’Italia, senza ricevere risposta positiva. Il 3 agosto sono state fatte sbarcare dalle autorità italiane due donne in gravidanza e un’accompagnatrice. Passata una settimana, il 9 agosto Open Arms ha salvato ancora 39 migranti in zona Sar maltese. Tra l’11 e il 14 agosto due evacuazioni mediche hanno riguardato altre 13 persone.

L’intervento del TAR

Il 14 agosto il Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio ha sospeso il decreto firmato dai tre ministri del governo Conte, per consentire ad Open Arms di entrare in acque territoriali italiane e ricevere soccorso. Lo stesso giorno Salvini ha firmato un nuovo decreto di divieto di ingresso per l’imbarcazione, che però non è stato emanato perché non è stato sottoscritto dalla ministra Trenta. 

A dicembre 2022, ascoltata durante il processo nei confronti di Salvini, Trenta ha dichiarato di non aver firmato il decreto perché la situazione a bordo della nave «era peggiorata ancora di più». Anche Toninelli, ascoltato a processo, ha detto che secondo lui non aveva senso reiterare un decreto che era già stato sospeso dal TAR. 

Ricordiamo che all’epoca il primo governo Conte era in crisi già da settimane: i rapporti tra il Movimento 5 Stelle e la Lega di Salvini si erano ormai logorati, e i dissidi hanno portato prima alla caduta del governo e poi all’insediamento il 5 settembre 2019 del secondo governo Conte.

Lo sbarco finale

In seguito alla sospensione del decreto da parte del TAR, la nave è arrivata «davanti alle coste siciliane» tra il 14 e il 15 agosto, quando è entrata in acque territoriali italiane, avvicinandosi a Lampedusa.

I 27 minorenni non accompagnati a bordo della nave, invece, sono stati fatti sbarcare il 18 agosto, quindi 18 giorni dopo il primo soccorso effettuato dalla Open Arms, e dopo uno scambio di lettere tra l’allora presidente del Consiglio Conte e il ministro Salvini. In breve: Conte aveva detto a Salvini che era riuscito a trovare un accordo con alcuni Paesi europei per redistribuire i migranti, invitandolo a far sbarcare i minori. Dopo essersi rifiutato, il 17 agosto l’allora leader della Lega gli aveva risposto che «a suo malgrado» avrebbe autorizzato lo sbarco dei minorenni, dicendo però che la responsabilità era del presidente del Consiglio. 

Lo sbarco finale dei migranti rimasti a bordo è avvenuto il 20 agosto dopo che la Procura di Agrigento ha disposto il sequestro dell’imbarcazione. Anche questa scelta all’epoca era stata contestata da Salvini.

La difesa di Salvini

Secondo la difesa di Salvini, la nave Open Arms, nei giorni tra il primo salvataggio e lo sbarco finale di tutti i migranti, ha avuto diverse possibilità di attraccare in altri porti stranieri, a Malta, in Tunisia o in Spagna. Nella sua arringa, l’avvocata Bongiorno ha sintetizzato questa tesi dicendo che la nave Ong «ha bighellonato per giorni» in mare. 

Dalle ricostruzioni fornite dal Tribunale dei ministri e dalla Procura di Palermo, non risulta che la Tunisia abbia proposto alla nave Open Arms di far sbarcare i migranti a bordo in un suo porto. Malta, invece, si era detta disponibile a far sbarcare solo i 39 migranti salvati da Open Arms il 9 agosto. Il comandante della nave ha respinto questa proposta perché avrebbe potuto causare «disordini» tra i migranti a bordo e mettere in pericolo la «sicurezza della navigazione». In tutto questo, Malta aveva chiesto all’Italia di assegnare Lampedusa come porto di sbarco, vista la sua vicinanza. In più, il 13 agosto Malta ha rifiutato la richiesta di Open Arms di potersi avvicinare alle sue coste per ripararsi dal maltempo, invitando la nave Ong ad avvicinarsi alle coste tunisine o di Lampedusa.

Per quanto riguarda la Spagna, Stato di bandiera della nave, ha proposto alla Open Arms di portare i migranti salvati nel porto di Algeciras, vicino allo Stretto di Gibilterra, il 18 agosto, ossia 18 giorni dopo il primo salvataggio. Il giorno successivo, vista la distanza tra Lampedusa e Algeciras (raggiungibile in sei o sette giorni di navigazione, secondo la ricostruzione della Procura di Palermo), la Spagna ha proposto un altro porto nelle isole Baleari. Questa soluzione è stata «sostanzialmente declinata» dalla Open Arms, ha scritto il Tribunale dei ministri, viste le condizioni di difficoltà in cui si trovavano le persone a bordo della nave. È stata anche scartata l’ipotesi, avanzata da Open Arms, di trasbordare i migranti su un’altra nave, che li portasse in Spagna.

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