Il governo Meloni è tra i più solidi in Europa

Negli altri grandi Paesi Ue – e non solo – i partiti al governo hanno cali nei consensi, mentre la coalizione di centrodestra è cresciuta dalle elezioni
ANSA
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Dopo oltre mille giorni alla guida del Paese, la coalizione di partiti che sostiene il governo Meloni ha più consensi dei voti presi alle elezioni politiche del 2022. Secondo i sondaggi, infatti, se si votasse oggi Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia otterrebbero insieme il 47 per cento dei voti, 4 punti in più rispetto alla percentuale presa tre anni fa.
Questi numeri fanno del governo Meloni uno dei governi più stabili in tutta l’Unione europea, e il più stabile tra i grandi Paesi Ue, smentendo l’idea diffusa sull’instabilità cronica della politica italiana. In passato, l’Italia è stata spesso considerata un’eccezione nel panorama europeo, con governi di breve durata, frequenti crisi politiche e maggioranze parlamentari frammentate. Da più di vent’anni, però, la durata dei governi italiani è aumentata

È vero che i sondaggi non sono un indicatore perfetto della stabilità di un governo, perché la stabilità dipende anche da fattori istituzionali, dalla coesione interna alla coalizione e dal contesto economico e internazionale. Ma il sostegno elettorale rilevato dai sondaggi è un segnale importante della tenuta politica di un governo, perché mostra che, nonostante le difficoltà, i partiti che lo compongono mantengono – o addirittura rafforzano – il legame con il proprio elettorato.

Lo stallo in Francia

In Francia, dopo le elezioni europee del 2024, il presidente Emmanuel Macron ha deciso di convocare nuove elezioni legislative, che hanno portato a un’Assemblea Nazionale divisa in tre blocchi tra loro equivalenti: la sinistra unita, i centristi macroniani e la destra.

Ne sono seguiti mesi di stallo istituzionale e, nell’autunno, Macron ha nominato Michel Barnier come primo ministro di un governo di coalizione di centrodestra. Questo governo è durato appena tre mesi: il 4 dicembre, infatti, è stato sfiduciato dall’Assemblea Nazionale. Si è trattato della prima mozione di sfiducia approvata in Francia dal 1962, a conferma della gravità della crisi politica in corso.

Non potendo sciogliere il Parlamento prima che sia trascorso un anno dalle ultime elezioni, Macron ha nominato il centrista François Bayrou a capo di un nuovo governo, questa volta di minoranza. Bayrou è attualmente impegnato nella preparazione della legge di bilancio, cercando di ridurre il deficit della Francia attraverso una combinazione di tagli alla spesa pubblica e aumenti delle imposte.

Il calo dei Laburisti

Anche i governi del Regno Unito sono da tempo caratterizzati da una forte instabilità. Negli ultimi sette anni si sono alternati cinque primi ministri: Theresa May, Boris Johnson, Liz Truss, Rishi Sunak (tutti e quattro del Partito Conservatore) e l’attuale Keir Starmer, leader del Partito Laburista. 

Poco più di un anno fa, i Laburisti hanno vinto nettamente le elezioni, ma nei mesi successivi è iniziata una crisi di consensi. Al voto, infatti, il Partito Laburista aveva ottenuto il 34 per cento dei consensi; ora i sondaggi lo danno intorno al 23 per cento. Al primo posto, con il 29 per cento, c’è Reform UK, il partito di estrema destra guidato da Nigel Farage, uno dei principali sostenitori della Brexit. 

Il governo Starmer ha dovuto affrontare una serie di decisioni economiche che sta mettendo in crisi i Laburisti e generando divisioni all’interno del partito. Nel frattempo, a sinistra sta nascendo un nuovo partito guidato dall’ex leader del Partito Laburista Jeremy Corbyn e dalla deputata Zarah Sultana. Il gruppo, che al momento utilizza il nome provvisorio “Your Party”, potrebbe sottrarre consensi ai Laburisti, aggravando ulteriormente la crisi politica di Starmer.

La situazione in Germania

La Germania è tornata al voto nel febbraio di quest’anno, dopo la caduta del governo formato da Socialdemocratici, Verdi e Liberali, travolto da profonde divisioni interne e da un drastico calo di consensi. Secondo l’istituto Infratest dimap, l’esecutivo guidato da Olaf Scholz era «il più impopolare nella storia della Germania federale», un giudizio che ha contribuito ad anticipare la fine della legislatura.

Dopo le elezioni, a maggio è entrato in carica il nuovo governo guidato da Friedrich Merz, sostenuto da una coalizione tra l’Unione Cristiano-Democratica (CDU) e i Socialdemocratici. Nonostante il recente insediamento, i due partiti al governo stanno già perdendo terreno nei sondaggi, mentre l’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD) continua a guadagnare consensi. Secondo le rilevazioni più recenti, AfD è oggi a soli tre punti percentuali di distanza dalla CDU, segnalando una crescente instabilità anche nel nuovo assetto politico tedesco.

Le difficoltà del governo Sánchez

In Spagna, il governo guidato dal primo ministro Pedro Sánchez si regge su un’alleanza tra il Partito Socialista e diversi partiti regionali catalani e baschi, tra cui Junts per Catalunya, la formazione indipendentista guidata dall’ex presidente catalano in esilio Carles Puigdemont. Per ottenere il sostegno di questi gruppi, Sánchez ha accettato concessioni di portata storica, tra cui una legge di amnistia per i leader del movimento indipendentista coinvolto nell’organizzazione del referendum illegale sull’indipendenza della Catalogna tenutosi nel 2017.

A fine giugno, il governo è stato scosso da un grave scandalo politico: tre importanti esponenti del Partito Socialista, considerati vicini a Sánchez, sono finiti sotto inchiesta per accuse di corruzione. Nonostante le pressioni ricevute, Sánchez ha scelto di non dimettersi, ma l’esecutivo appare ora particolarmente fragile. Le indagini hanno avuto effetti immediati anche sul piano elettorale: in un mese e mezzo, il Partito Socialista ha perso tre punti nei sondaggi e si trova attualmente dieci punti dietro al Partito Popolare, principale forza di centrodestra nel Paese.

Come va nel resto d’Europa

Oltre ai grandi Paesi Ue, anche in diversi Stati di medie dimensioni – tra cui Polonia, Paesi Bassi e Austria, i governi più recenti sono caratterizzati dall’instabilità. 

In Polonia, il governo centrista guidato dall’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha potuto fare meno di quanto promesso a causa del potere di veto del presidente della Repubblica. Andrzej Duda, politico di destra eletto con il sostegno di Legge e Giustizia (PiS), ha infatti
bloccato diversi provvedimenti del governo. Difficilmente la situazione cambierà nei prossimi mesi. Al ballottaggio delle elezioni presidenziali di giugno, il candidato di destra Karol Nawrocki ha sconfitto di misura il candidato della coalizione di governo. In risposta al voto, Tusk ha fatto un rimpasto di governo. 

Nei Paesi Bassi, le elezioni politiche di novembre 2023 sono seguite alla caduta del governo di Mark Rutte, il più longevo premier olandese. Il partito di estrema destra PVV di Geert Wilders è arrivato primo con 37 seggi su 150, ma la formazione di un nuovo esecutivo è stata complicata. Dopo sei mesi di trattative, a giugno 2024 è nato un governo guidato da Dick Schoof, sostenuto dal PVV e da altri partiti conservatori e centristi.

Il nuovo governo, però, si è retto su un accordo fragile, privo di una maggioranza al Senato e caratterizzato da continui contrasti interni. Il 3 giugno 2025 il PVV si è ritirato dalla coalizione, provocando la caduta del governo dopo 336 giorni. Le nuove elezioni sono previste per ottobre 2025.

In Austria, le elezioni del settembre 2024 sono state vinte in termini di voti dall’estrema destra del FPÖ di Herbert Kickl, ma senza che si formasse una maggioranza di governo. Tutti i principali partiti hanno inizialmente rifiutato di entrare in coalizione con il FPÖ, e a gennaio 2025 il cancelliere uscente Karl Nehammer si è dimesso dopo il fallimento dei negoziati con socialdemocratici e liberali. 

Anche il successivo tentativo di Kickl di formare un governo con il centrodestra è fallito, per profonde divergenze su fisco e rapporti con l’Unione europea. Dopo mesi di stallo, a marzo 2025 è nato un nuovo governo di grande coalizione tra centrodestra (guidato da Christian Stocker, nuovo cancelliere), centrosinistra e NEOS, con una maggioranza di 110 seggi su 183.

L’eccezione ungherese

Un’eccezione al quadro di instabilità che caratterizza molti governi europei è rappresentata dall’Ungheria di Viktor Orbán, che si distingue per l’eccezionale continuità al potere dello stesso leader. Orbán è primo ministro ininterrottamente dal 2010, dopo aver già ricoperto un primo mandato tra il 1998 e il 2002, e ha vinto con un’ampia maggioranza tutte le elezioni degli ultimi 15 anni. 

Le normali turbolenze della democrazia parlamentare sono pressoché assenti in Ungheria: Fidesz – il partito di Orbán – controlla una maggioranza dei due terzi in Parlamento, il che ha permesso a Orbán di modificare la Costituzione e numerose leggi, consolidando un sistema politico accusato da più parti di essere illiberale. 

Nel 2026 ci saranno le elezioni e i sondaggi più recenti danno in vantaggio TISZA, un partito di centrodestra.

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