Glossario dei referendum sulla giustizia

Da “abrogativo” a “Severino”, passando per “Csm” e “quorum”: ecco le dieci parole chiave da conoscere sul voto del 12 giugno
ANSA / MILO SCIAKY / DBA
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Mancano pochi giorni alla votazione sui referendum abrogativi sulla giustizia, fissata per il 12 giugno. Dall’abolizione della cosiddetta “legge Severino” fino alle firme necessarie per le candidature al Consiglio superiore della magistratura (Csm), gli elettori dovranno esprimere la propria opinione su cinque quesiti, per lo più tecnici, sul funzionamento dell’ordinamento giudiziario. 

Vista la complessità del tema, abbiamo spiegato le dieci parole chiave per orientarsi tra i quesiti referendari. 

Abrogativo

I referendum sulla giustizia indetti per il prossimo 12 giugno sono referendum abrogativi: puntano a eliminare, del tutto o in parte, una serie di leggi attualmente in vigore. Gli elettori dovranno dunque votare Sì o No ai cinque quesiti. 

Chi vota Sì è favorevole alla cancellazione, totale o parziale, delle norme oggetto dei quesiti, mentre chi vota No è contrario alle modifiche proposte, e vuole quindi che le leggi attualmente in vigore non vengano cambiate. 

Consiglio superiore della magistratura

È l’organo che governa la magistratura in Italia: tra le altre cose, decide le assunzioni, i trasferimenti e le promozioni di tutti i magistrati italiani, e valuta il loro lavoro. 

I membri del Csm sono 27 e contano: il presidente della Repubblica, membro di diritto e capo del Csm; il primo presidente della Corte di Cassazione; il procuratore generale presso la Corte di Cassazione; 16 membri “togati” eletti tra i magistrati di tutta Italia; e infine 8 membri “laici”, eletti dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari in materie giuridiche e gli avvocati con almeno 15 anni di esercizio della professione. 

Firme

Per quanto riguarda l’elezione dei membri “togati” del Csm, al momento è necessario che ogni magistrato raccolga almeno 25 firme (e massimo 50), raccolte tra altri magistrati, a sostegno della propria candidatura.

Tra i cinque referendum (vedi la voce “Quesiti”), il quinto quesito punta a eliminare completamente questo obbligo. 

Misure cautelari

Sono i provvedimenti – come gli arresti domiciliari, la custodia in carcere o in luogo di cura – che un giudice può disporre verso una persona, non ancora condannata in via definitiva, per esigenze, appunto, “di cautela”. In base all’articolo 274 del codice di procedura penale, le misure cautelari possono essere disposte a fronte di gravi indizi di colpevolezza e nei casi in cui ci sia il pericolo di fuga dell’indagato, di inquinamento delle prove, di compimento di nuovi e gravi reati o della reiterazione del reato per cui si è accusati.

In quest’ultimo caso, la custodia cautelare si può applicare solo se la pena massima prevista per il reato in questione è superiore a quattro anni, o a cinque anni se il giudice intende disporre la custodia cautelare in carcere.

Il secondo quesito interviene proprio su questo aspetto della normativa. Se la modifica venisse approvata, un giudice potrebbe disporre una misura cautelare solo se – a fronte di gravi indizi di colpevolezza ma in assenza di pericolo di fuga o inquinamento delle prove – ritenesse ci sia il concreto pericolo che l’indagato possa commettere reati con l’uso di armi, con la criminalità organizzata o contro l’ordine costituzionale. Non, per esempio, se ritenesse ci sia il concreto pericolo che venga reiterato un reato come lo spaccio aggravato o la corruzione.

Promotori

Secondo la Costituzione, per indire un referendum abrogativo è necessaria la richiesta di almeno cinque consigli regionali, oppure la raccolta delle firme di 500 mila elettori da depositare alla Corte di Cassazione, l’organo più alto della giustizia in Italia. Nel caso dei cinque referendum sulla giustizia, la raccolta firme è iniziata a luglio 2021 ed è stata organizzata dal comitato promotore “Giustizia Giusta”, formato dalla Lega e dal Partito radicale.

Allo stesso tempo, però, nove consigli regionali (quello della Basilicata, del Friuli-Venezia Giulia, della Liguria, della Lombardia, del Piemonte, della Sardegna, della Sicilia, dell’Umbria e del Veneto) hanno comunicato alla Corte di Cassazione il loro sostegno ai quesiti referendari, rendendo di fatto ininfluente la raccolta firme. 

Quesiti

Sono le richieste su cui gli elettori devono esprimere il Sì o il No in un referendum abrogativo (vedi la voce “Abrogativo”). 

Per quanto riguarda i referendum sulla giustizia, i quesiti sono cinque (qui i testi integrali): il primo sull’abolizione della cosiddetta “legge Severino”, che stabilisce l’incandidabilità di politici e amministratori locali condannati; il secondo, sulla limitazione del procedimento di custodia cautelare, ossia la carcerazione preventiva prima della sentenza definitiva; il terzo, sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri; il quarto, sulla possibilità per gli avvocati di contribuire alla valutazione dei magistrati; e il quinto sull’eliminazione delle firme per le candidature al Csm. 

Un sesto quesito, che puntava a introdurre la responsabilità civile diretta dei magistrati, è stato ritenuto inammissibile dalla Corte costituzionale a febbraio.

Quorum

È la soglia minima affinché una votazione sia valida. In base all’articolo 75 della nostra Costituzione, il quorum per un referendum abrogativo è fissato al 50 per cento più uno degli aventi diritto.

Per i referendum sulla giustizia, il quorum è fissato a circa 26 milioni di votanti.

Riforma del Csm

Due dei cinque quesiti referendari sulla giustizia affrontano questioni su cui al momento interviene anche la riforma del Csm (la cosiddetta “riforma Cartabia”), approvata alla Camera e ora in discussione in Commissione Giustizia al Senato.

Più nel dettaglio, il quesito referendario sulla separazione delle funzioni dei magistrati punta a eliminare del tutto la possibilità per i magistrati di passare dalle funzioni di pubblici ministeri a quelle del giudice (o viceversa) nell’arco della propria carriera, mentre la riforma del Csm punta a ridurre i passaggi di funzione a un massimo di uno, a fronte dei quattro permessi oggi dalla legge. 

Per quanto riguarda la valutazione dei magistrati, i referendum sulla giustizia puntano a estendere anche ai membri “laici”, ossia gli avvocati e i professori universitari, la possibilità di valutare il lavoro dei magistrati. Ad oggi, infatti, la valutazione è riservata solo ai membri “togati”, quindi agli stessi magistrati. La riforma del Csm vuole invece modificare l’intero sistema attuale di valutazione introducendo, per ogni magistrato, un fascicolo di valutazione che raccolga i dati statistici sulle sue attività. 

Separazione delle funzioni

A oggi in Italia tutti i magistrati seguono lo stesso percorso formativo e nel corso della carriera possono decidere di cambiare funzione, passando dal ruolo di giudice a quello del pubblico ministero – colui che svolge le funzioni dell’accusa – fino a quattro volte.

Il terzo quesito referendario punta a eliminare la possibilità per giudici e pm di cambiare la propria funzione nel corso della carriera. Se vincessero i Sì, il magistrato dovrà dunque scegliere se esercitare la funzione di giudice o quella di pm all’inizio della carriera, e non potrà poi modificare la sua decisione.

Severino

È il nome con cui viene chiamata la legge, approvata in via definitiva nel 2012, che ha stabilito una serie di norme sull’incandidabilità e la decadenza dalle cariche pubbliche dei politici nel caso in cui questi abbiano commesso alcune tipologie di reato. La legge prende il nome da Paola Severino, ex ministra della Giustizia del governo Monti. 

Il primo dei cinque quesiti referendari (vedi la voce “Quesiti”) punta a eliminare questa legge.

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