Che cosa ne sarà di Forza Italia?

Dall’organizzazione interna alla situazione finanziaria, dopo la morte di Berlusconi il futuro del partito è assai incerto
Ansa
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La morte di Silvio Berlusconi ha spostato l’attenzione della politica su Forza Italia, il partito fondato dall’ex presidente del Consiglio nel 1994, che oggi sostiene il governo Meloni insieme a Fratelli d’Italia, Lega e Noi moderati.

Con la scomparsa del suo fondatore il futuro di Forza Italia appare quantomeno incerto. Al momento non è possibile prevedere come reagirà il partito, che già nel simbolo – il suo nome completo è “Forza Italia-Berlusconi presidente-Partito popolare europeo” – rimarca il suo stretto collegamento con la figura dell’ex presidente del Consiglio. Nei suoi 29 anni di storia, compreso il periodo (2009-2013) in cui è confluita con Alleanza nazionale nel Popolo delle libertà, Forza Italia è stata infatti sempre guidata da Berlusconi. Fino alle elezioni politiche del 2013 quest’ultimo è stato anche il principale leader di tutta la coalizione di  centrodestra. 

Oltre a Berlusconi, che rivestiva la carica di presidente di Forza Italia, l’organigramma del partito è composto dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani nel ruolo di coordinatore nazionale, dalla ministra dell’Università Anna Maria Bernini e dal deputato Alessandro Cattaneo nel ruolo di vice coordinatori. Altri ruoli di primo piano sono quello dell’ex senatore Alfredo Messina, amministratore nazionale e tesoriere del partito, e quello di Sestino Giacomoni, ex deputato e segretario della conferenza dei coordinatori regionali di Forza Italia. I presidenti dei gruppi parlamentari di Forza Italia alla Camera e al Senato, sulle cui nomine in questi mesi c’è stato un acceso dibattito, sono rispettivamente Paolo Barelli e Licia Ronzulli

La successione di Berlusconi

Al netto dei ruoli ufficiali, il favorito per la successione alla guida di Forza Italia è Tajani. Dopo la morte del leader Tajani ha dichiarato che «il progetto di Berlusconi è un progetto che va al di là della sua vita terrena e noi porteremo avanti le sue idee», smentendo le voci che hanno messo in dubbio la sopravvivenza stessa del partito. Forza Italia è infatti un partito personale, modellato intorno alla figura di Berlusconi, e da anni è in atto una discussione sui possibili successori. Fino a qualche tempo fa un’altra esponente in lizza per la guida di Forza Italia era Ronzulli, a lungo considerata una «fedelissima» di Berlusconi e che a maggio 2022 era stata nominata coordinatrice del partito in Lombardia. Nell’ultimo anno Ronzulli ha avuto un ruolo sempre maggiore all’interno del partito, generando polemiche in tutto il centrodestra, anche a causa della sua vicinanza alla Lega. A marzo la corrente interna a Forza Italia capeggiata da Ronzulli è stata però ridimensionata da Berlusconi e Ronzulli ha perso il ruolo di coordinatrice in Lombardia, sostituita da Alessandro Sorte. Nell’operazione è stato coinvolto anche Cattaneo, che ricopriva il ruolo di capogruppo alla Camera ed è stato sostituito da Barelli a causa della sua vicinanza a Ronzulli.

Secondo fonti stampa, un ruolo significativo nella successione di Berlusconi sarà giocato dalla deputata di Forza Italia Marta Fascina, compagna di Berlusconi fino alla sua morte. «Dalla mia esperienza credo che Forza Italia abbia pochissime possibilità di sopravvivenza, la sua parabola è destinata a incrociarsi con quella del suo leader e questo è dovuto soprattutto al fatto che Berlusconi in questi anni non ha saputo o voluto trovare lui stesso un successore», ha detto a Pagella Politica il politologo Marco Valbruzzi, professore di Scienza Politica all’Università di Napoli. Durante la storia di Forza Italia diversi esponenti del partito, tra cui l’ex ministro Angelino Alfano e l’attuale presidente della Liguria Giovanni Toti, sembravano i favoriti come possibili successori di Berlusconi. Quest’ultimo però ha sempre bloccato ogni tentativo di trovare un suo sostituto. Opinioni simili a quella di Valbruzzi sul futuro di Forza Italia sono state espresse anche da importanti figure storiche del partito. Per esempio l’ex coordinatore di Forza Italia in Sicilia ed ex viceministro Gianfranco Micciché ha detto che «con Silvio muore anche Forza Italia» mentre il politologo, cofondatore di Forza Italia e ministro di due governi Berlusconi Giuliano Urbani ha definito il suo ex partito «un partito di maggiordomi senza futuro».

Il ruolo nel governo Meloni

Se da un lato non è chiaro chi sarà – e se ci sarà – il successore di Berlusconi, dall’altro è certo che Forza Italia svolge a oggi un ruolo significativo nel sostegno al governo Meloni. Ogni governo si regge sul voto di fiducia del Parlamento: deve avere il sostegno della maggioranza dei parlamentari (il 50 per cento più uno) sia alla Camera sia al Senato. Alla Camera la maggioranza assoluta corrisponde a 201 voti mentre al Senato a 103. Al momento alla Camera il governo può contare sul sostegno di almeno 238 deputati su 400, mentre al Senato su quello di 116 su 206, considerando i senatori a vita. Tra questi, i parlamentari di Forza Italia sono in totale 62 (circa il 18 per cento): 44 alla Camera e 18 al Senato. I voti dei parlamentari di Forza Italia sono dunque determinanti per la vita del governo Meloni. Senza Forza Italia, infatti, alla Camera il governo conterebbe sul sostegno di 194 deputati (sei in meno rispetto alla maggioranza assoluta), mentre al Senato su quello di 98 senatori (cinque in meno). 
Vari esponenti di Forza Italia ricoprono poi ruoli di rilievo nel governo, tra ministri, viceministri e sottosegretari. Forza Italia può contare al momento su cinque ministri: Tajani, ministro degli Affari esteri e vicepresidente del Consiglio; Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica; Bernini, ministra dell’Università e della ricerca; Paolo Zangrillo, ministro della Pubblica amministrazione; e Maria Elisabetta Alberti Casellati, ministra per le Riforme istituzionali. 

Il partito fondato da Berlusconi esprime due viceministri e sei sottosegretari. «Il ruolo centrale di Forza Italia per il governo Meloni non è rispecchiato solo dai numeri, ma dal fatto che fino a oggi Berlusconi e il suo partito si sono sempre offerti come il baricentro, il punto di equilibrio tra Fratelli d’Italia e Lega e soprattutto tra i rispettivi leader, Meloni e Salvini», ha detto Valbruzzi. 

Il peso nella coalizione di centrodestra

Negli anni il ruolo di Forza Italia all’interno della coalizione di centrodestra è comunque via via diminuito, complice il calo nei risultati elettorali. Alle elezioni politiche del 1994, le prime a cui ha partecipato, Forza Italia aveva preso circa il 21 per cento dei voti, pari a più di 8 milioni di preferenze. Sempre nel 1994, alle elezioni europee Forza Italia aveva ottenuto il suo miglior risultato elettorale: il 30,6 per cento, pari a oltre 10 milioni di voti. In seguito, alle elezioni politiche del 2008 e in quelle europee del 2009 Forza Italia ha preso più del 35 per cento dei voti, ma in entrambe le occasioni il partito si era presentato con il simbolo del PdL insieme ad Alleanza nazionale. 
Negli ultimi dieci anni il consenso a Forza Italia è diminuito in ogni elezione a livello nazionale, mentre è cresciuto quello per la Lega e Fratelli d’Italia. Per esempio alle elezioni politiche del 2013 il PdL aveva preso 7,3 milioni di voti (circa il 21 per cento), la Lega Nord 1,3 milioni (il 4,1 per cento) e Fratelli d’Italia quasi 670 mila (meno del 2 per cento). Cinque anni più tardi, dopo la fine del PdL, alle elezioni politiche del 2018 Forza Italia ha preso circa 4,6 milioni di voti (il 14 per cento), venendo superata dalla Lega che aveva ottenuto circa un milione di voti in più, il 17,3 per cento. In questa occasione, Fratelli d’Italia aveva ottenuto 1,4 milioni di voti, pari al 4,4 per cento. Il risultato peggiore per Forza Italia è stato quello delle elezioni politiche del 25 settembre 2022: circa 2,3 milioni di voti, risultando il terzo partito della coalizione di centrodestra con l’8,1 per cento, dietro Fratelli d’Italia (26 per cento) e Lega (8,8 per cento). 

«In base ai flussi elettorali a nostra disposizione non è possibile prevedere con certezza a chi andranno i voti di Forza Italia qualora si sciogliesse, ma ritengo che saranno ripartiti per il 90 per cento tra Fratelli d’Italia e la Lega», ha detto Valbruzzi. «Non vedo grandi possibilità che i voti di Forza Italia vadano altrove, per esempio a Italia Viva o ad Azione, perché Berlusconi ha sempre rappresentato e immaginato il suo partito come parte integrante del centrodestra».

Le finanze

Sullo stato attuale e sul destino di Forza Italia pesa poi la sua situazione finanziaria. Il partito si regge infatti prevalentemente sui contributi economici della famiglia Berlusconi e delle sue aziende. Basti pensare che da gennaio 2023 a oggi i figli di Berlusconi, Marina, Pier Silvio, Eleonora, Barbara e Luigi, hanno donato al partito 100 mila euro a testa. La stessa somma è arrivata da Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, e da Fininvest, la holding che controlla le varie aziende di proprietà della famiglia tra cui Mediaset, Mondadori e la squadra di calcio del Monza. In totale da gennaio a oggi almeno 700 mila euro di finanziamenti a Forza Italia sono dunque riconducibili a Berlusconi e ai suoi familiari. La stessa cosa era avvenuta lo scorso anno durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 25 settembre, quando i cinque figli dell’ex presidente del Consiglio e Fininvest avevano donato in totale 600 mila euro.

Oltre a essere in maniera indiretta il principale donatore, Berlusconi era comunque il principale creditore di Forza Italia: nel 2015 il fondatore del partito aveva saldato, in qualità di fideiussore, debiti contratti da Forza Italia con le banche per oltre 42 milioni di euro, portando il suo credito nei confronti delle casse del partito a oltre 90 milioni di euro, come si legge nel rendiconto dell’esercizio di Forza Italia del 2014. Dal 2015 a oggi questo credito non è mai stato saldato: nell’ultimo bilancio disponibile, relativo al 2022, si legge infatti che il disavanzo patrimoniale di Forza Italia è superiore ai 100 milioni, di cui circa 5 milioni sono debiti contratti con le banche e oltre 92 milioni sono relativi a debiti «verso altri finanziatori», ossia lo stesso Berlusconi. 

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