Il lutto nazionale per Berlusconi è un’eccezione

Negli ultimi 30 anni non è stato concesso a nessun ex presidente del Consiglio, eccetto Leone e Ciampi, che sono stati però presidenti della Repubblica. Le esequie di Stato sono invece previste dalla legge, ma non tutti gli ex premier le hanno volute
ANSA
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Lunedì 12 giugno, a seguito della morte di Silvio Berlusconi, il governo di Giorgia Meloni ha dichiarato il lutto nazionale per la giornata di mercoledì 14 giugno, quando si celebreranno le esequie di Stato dell’ex presidente del Consiglio. Il governo ha anche disposto che dal 12 al 14 giugno le bandiere nazionali ed europee dovranno essere esposte a mezz’asta «sugli edifici pubblici dell’intero territorio nazionale e sulle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all’estero».

Mentre esiste una legge che stabilisce chi può accedere o no ai funerali di Stato, la dichiarazione del lutto nazionale spetta alla Presidenza del Consiglio dei ministri. E il lutto nazionale per i funerali di Berlusconi è un’eccezione se si considerano gli ex presidenti del Consiglio morti negli ultimi 30 anni.

Che cosa dice la legge

In base alla legge n. 36 del 7 febbraio 1987 (art. 1) «sono a carico dello Stato le spese per i funerali» del presidente della Repubblica, del presidente del Senato, del presidente della Camera, del presidente del Consiglio e del presidente della Corte costituzionale, sia che la loro morte avvenga mentre sono in carica sia una volta cessata la carica. L’erogazione della spesa per i funerali avviene con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri. Dunque Berlusconi rientra in questa casistica, dal momento che è stato presidente del Consiglio per 3.339 giorni, un record per la storia repubblicana. 

I funerali di Stato possono essere concessi (art. 2), tra gli altri, anche a «personalità che abbiano reso particolari servizi alla Patria». Per esempio, restando tra le figure politiche, a novembre 2022 il governo Meloni ha disposto i funerali di Stato per l’ex ministro Roberto Maroni, morto lo scorso 22 novembre. In quel caso un comunicato stampa di Palazzo Chigi aveva specificato però che era «fermo intendimento della famiglia dello scomparso sostenere essa stessa i relativi oneri».

Una circolare del 2002 della Presidenza del Consiglio dei ministri chiarisce invece che il lutto nazionale viene dichiarato su iniziativa del Consiglio dei ministri, per esempio in caso di eventi di particolare importanza, come la morte appunto di una personalità di rilievo o una catastrofe naturale. Di recente, per esempio, il lutto nazionale è stato disposto per i morti delle alluvioni in Emilia-Romagna, senza i funerali di Stato. Ad agosto 2018, per il crollo del Ponte Morandi a Genova, erano stati stabiliti sia il lutto nazionale sia i funerali di Stato per le vittime. «Nel periodo di lutto le autorità pubbliche si astengono da impegni sociali, fatta eccezione per le manifestazioni di beneficenza», spiega la circolare.

Ricapitolando: esequie di Stato e lutto nazionale sono due cose distinte. Ma quanto è frequente che entrambe le misure siano disposte per la morte di un ex presidente del Consiglio?

Che cosa è successo in passato

Negli ultimi 30 anni le esequie di Stato sono state celebrate per tre ex presidenti del Consiglio: nel 1994 per Giovanni Spadolini, nel 1999 per Amintore Fanfani e nel 2001 Giovanni Leone, che è stato anche presidente della Repubblica. I funerali si sono invece tenuti senza le esequie di Stato per Giovanni Goria (morto nel 1994), Bettino Craxi (2000), Giulio Andreotti (2013), Emilio Colombo (2013), Ciriaco De Mita (2022), Francesco Cossiga (2010) e Carlo Azeglio Ciampi (2016), in alcuni casi in forma privata su richiesta dei parenti. Cossiga e Ciampi sono stati pure presidenti della Repubblica.

Fatta eccezione per gli ex presidenti della Repubblica Leone e Ciampi, in nessun altro caso per un ex presidente del Consiglio morto sono stati dichiarati uno o più giorni di lutto nazionale.

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