Fratelli d’Italia non la racconta giusta sul calo del debito pubblico

Il partito di Giorgia Meloni ha elogiato sui social l’operato del governo, ma usa i dati in modo fuorviante
ANSA
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Il 15 luglio Fratelli d’Italia ha pubblicato un post sui suoi canali social in cui ha esaltato i risultati del governo Meloni nella riduzione del debito pubblico. «Il debito pubblico cala di dieci miliardi. Grazie al Governo Meloni, i conti migliorano e l’Italia cresce. Anche stavolta i fatti smentiscono le narrazioni catastrofiste della sinistra», si legge nella didascalia. 

Il post è accompagnato da una grafica che mette a confronto due notizie, pubblicate rispettivamente da ANSA il 15 luglio e dal Fatto Quotidiano a ottobre 2024. La prima notizia riporta il fatto che tra aprile e maggio di quest’anno il debito pubblico italiano è calato di 10 miliardi di euro. A ottobre dello scorso anno, invece, l’articolo del Fatto Quotidiano recitava: «Il debito pubblico con Meloni sarà il più alto di sempre: la destra cambia il pelo ma non il vizio».
Insomma, secondo Fratelli d’Italia è merito del governo Meloni la recente riduzione del debito pubblico e ciò smentisce chi prevedeva che il debito sarebbe arrivato a livelli record. In realtà, le cose non stanno così e il partito di Meloni ha usato i dati in modo fuorviante. 

A quanto ammonta il debito pubblico 

Il post di Fratelli d’Italia ha fatto riferimento ai dati mensili più aggiornati sulla finanza pubblica diffusi dalla Banca d’Italia il 15 luglio. Secondo la Banca d’Italia, a maggio di quest’anno il debito pubblico italiano è effettivamente calato di 10 miliardi. Si tratta del primo calo registrato quest’anno, visto che da gennaio era aumentato in ognuno dei mesi precedenti. Nel complesso, rispetto a maggio 2024 il debito pubblico è aumentato di circa 100 miliardi di euro, da 2.924 a 3.053 miliardi di euro.
Andamento del debito pubblico italiano tra maggio 2024 e maggio 2025 – Fonte: Banca d’Italia
Andamento del debito pubblico italiano tra maggio 2024 e maggio 2025 – Fonte: Banca d’Italia
Dall’insediamento del governo Meloni, il debito pubblico italiano è aumentato di quasi 300 miliardi di euro, come mostrano le serie storiche mensili della Banca d’Italia. Tra l’altro, la stessa variazione sul singolo mese è minimale: i 10 miliardi di riduzione rappresentano un calo dello 0,33 per cento rispetto alla mole totale del debito italiano. Il post pubblicato da Fratelli d’Italia, dunque, non smentisce l’articolo del Fatto Quotidiano, che anzi racconta una tendenza effettivamente in atto: il livello raggiunto negli ultimi anni è il più alto di sempre per il debito in termini assoluti.

C’è un altro problema però nel post di Fratelli d’Italia. Il partito di Meloni prende in considerazione il valore del debito pubblico in termini assoluti per fare un confronto storico, ma non ha molto senso.

Un numero poco sensato?

Il debito pubblico in termini assoluti tiene conto dei prezzi correnti dei prestiti contratti dallo Stato, senza però considerarli “al netto” dell’inflazione. 

Come per ogni altro debito, l’aumento dei prezzi aiuta il debitore. Poniamo che un debitore prenda a prestito 100 euro oggi e debba restituirne 120 domani. Se i prezzi nel frattempo crescono e il potere d’acquisto si abbassa, i 120 euro che dovrà restituire domani saranno “meno costosi” rispetto a 100 euro di oggi. Per esempio, se volessimo comprare una sedia a prestito per 100 euro a queste condizioni, ma il prezzo della sedia salisse a 150 euro nel momento in cui devo restituire il denaro, avrei la possibilità di pagare 120 euro per un qualcosa che in quel momento ne vale di fatto 150. 

Secondo questa logica, un aumento dei prezzi è conveniente per il debitore, anche quando si tratta di un’intera nazione. Allo stesso tempo, un aumento dei prezzi significa un aumento in valore assoluto del debito: se domani dovrò comprare una sedia a prestito, il prezzo sarà di 150 euro più l’interesse da restituire, proprio perché il costo di beni e servizi, anche quelli che acquista uno Stato, aumenta nel tempo.

Quando valutiamo la mole del debito pubblico, però, non bisogna considerare i prezzi, ma la quantità di beni e servizi cui dovremo rinunciare per restituire il debito. Per esempio, avere un prestito da pagare per la sedia potrebbe impedirci di comprare un tavolo o di prendere un taxi perché non abbiamo abbastanza risorse a disposizione. Non ci interessa il prezzo in sé, ma sapere se il nostro budget sarà sufficiente per permetterci qualcosa in più. È la ragione per cui proviamo a ragionare in termini reali: qual è il reale valore della moneta che andiamo a spendere? Che cosa potrei comprare in alternativa con quei soldi?
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Perché si guarda al rapporto con il PIL

Per questo motivo, piuttosto che il debito in termini assoluti, è meglio considerare il rapporto tra il debito e il Prodotto interno lordo (PIL), che indica il reddito generato da una nazione. Questo rapporto ci mostra la nostra reale capacità di ripagare quello che dobbiamo ai nostri creditori. 

Per capire meglio quello di cui stiamo parlando, possiamo immaginare lo Stato come una famiglia che contrae un prestito. La famiglia guadagna 100 mila euro l’anno e apre un mutuo per 200 mila euro. Un’altra famiglia, con un reddito di 20 mila euro annui, contrae un mutuo da 60 mila euro. Per quale delle due è più probabile che il debito non venga ripagato? 

Ovviamente ci sarebbero molti fattori da tenere in considerazione, dalla stabilità di quei redditi al passato creditizio delle due famiglie, ma possiamo dire con ragionevole certezza che la famiglia con il debito più alto, quello da 200 mila euro, ha più probabilità di pagare il prestito senza problemi. Questo perché il mutuo vale “solo” il doppio del suo reddito, mentre il debito contratto dalla seconda famiglia vale il triplo. Il discorso per gli Stati nazionali è più complesso, ma il principio è simile: non è così importante il livello del nostro debito pubblico, per esempio rispetto a quello tedesco, che è poco più basso, ma quel che conta è rapportarlo alla nostra capacità di generare nuova ricchezza per ripagare quelle risorse prese a debito, ossia, al PIL.

Anche da questo punto di vista, non ci sono indicazioni di un miglioramento. Nel Piano strutturale di bilancio di medio termine, pubblicato a settembre 2024, il governo ha previsto una crescita del rapporto tra debito pubblico e PIL, dal 135,8 al 137,7 per cento tra il 2024 e il 2025. La tendenza generale, dunque, è quella di un aumento e il dato dovrebbe poi rimanere piuttosto stabile nei prossimi anni.

Tiriamo le somme

Insomma, è vero come dice Fratelli d’Italia che il debito ha registrato un calo a maggio, ma in termini percentuali si tratta di una variazione molto piccola. In più, la riduzione è solo mensile, mentre nell’ultimo anno il debito pubblico italiano è aumentato in termini assoluti. 

Al di là di questo, Fratelli d’Italia ha preso in considerazione il valore del debito pubblico solo in termini assoluti e non quello in rapporto al PIL, che è un dato più affidabile per comprendere realmente l’andamento del debito. Se consideriamo il rapporto tra debito pubblico e PIL, lo stesso governo Meloni ha previsto un aumento di questo indicatore tra il 2024 e il 2025.

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