Il fact-checking delle comunicazioni di Meloni in Senato

Dall’immigrazione alla sicurezza energetica, abbiamo verificato quattro dichiarazioni della presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 23-24 marzo
ANSA
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Nella mattinata di martedì 21 marzo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta in Senato per parlare del prossimo vertice del Consiglio europeo, in programma il 23 e 24 marzo con i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi dell’Unione europea.
Dall’immigrazione alla sicurezza energetica, passando per il sostegno militare all’Ucraina, abbiamo verificato quattro dichiarazioni di Meloni per vedere quali sono supportate dai fatti e quali no.

I numeri degli sbarchi

«Alla frontiera meridionale marittima dell’Europa stiamo assistendo a una pressione migratoria senza precedenti»

Secondo i dati del Ministero dell’Interno, dal 1° gennaio al 21 marzo 2023 in Italia sono sbarcati quasi 20.400 migranti: nello stesso periodo del 2022 erano stati circa 6.400 e in quello del 2021 6 mila (Grafico 1). Quest’anno gli sbarchi sono di fatto triplicati rispetto all’anno scorso, ma si tratta di numeri «senza precedenti»? In passato numeri simili si erano già visti.

Nei primi tre mesi del 2017, secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), in Italia erano sbarcati oltre 24 mila migranti, mentre nello stesso periodo del 2016 quasi 19 mila. In totale nel 2016 sono poi sbarcati in Italia oltre 180 mila migranti, il numero più alto di sempre, mentre nel 2017 circa 118 mila, con un calo dovuto ai criticati accordi sottoscritti dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti (Partito democratico) con alcune fazioni libiche. Nel solo mese di ottobre 2016 gli sbarchi sono stati quasi 27.400: più di tutti quelli registrati in questo inizio di 2023.
Grafico 1. Sbarchi di migranti sulle coste italiane dal 1° gennaio al 21 marzo 2023, 2022 e 2021 – Fonte: Ministero dell’Interno
Grafico 1. Sbarchi di migranti sulle coste italiane dal 1° gennaio al 21 marzo 2023, 2022 e 2021 – Fonte: Ministero dell’Interno

I costi delle armi all’Ucraina

«Considero puerile la propaganda di chi racconta che l’Italia starebbe spendendo soldi per mandare armamenti in Ucraina sottraendoli di fatto alle tante necessità dei nostri concittadini. Questo è falso. L’Italia sta inviando all’Ucraina materiali e componenti già in suo possesso, che, per fortuna, noi non abbiamo necessità di utilizzare»

Al di là del giudizio contro chi critica il governo, è vero che l’Italia non sta spendendo soldi per comprare le armi che il governo manda agli ucraini per difendersi dall’invasione russa? Di recente abbiamo affrontato questo tema in un fact-checking di una dichiarazione di Meloni. In breve: finora l’Italia ha inviato sei pacchetti di armi all’Ucraina. Le liste non sono pubbliche e dunque non è possibile conoscerne il valore. Sappiamo comunque che sono armamenti già a disposizione delle forze armate italiane, quindi non nuovi. A fine gennaio il ministro della Difesa Guido Crosetto ha però dichiarato che servirà ripristinare le scorte di armi visti gli aiuti mandati all’Ucraina, e questo avrà un costo.  Inoltre l’Italia contribuisce al finanziamento dello “Strumento europeo per la pace”, un fondo dell’Unione europea che finora ha stanziato 3,6 miliardi di euro per l’assistenza militare all’Ucraina.

L’aumento delle spese militari

«Questo governo non ha mai fatto mistero di voler aumentare i propri stanziamenti in spese militari, come del resto hanno fatto i governi precedenti un po’ di soppiatto»

È vero: il programma elettorale del centrodestra in vista delle elezioni del 25 settembre 2022 contiene l’impegno di rispettare gli impegni presi con la Nato e di portare le spese militari dell’Italia a un valore pari al 2 per cento del Pil. Questo impegno, sebbene non sia vincolante, è stato preso per la prima volta dai membri della Nato nel 2014 ed è stato confermato negli anni successivi dai vari governi italiani, tra cui quelli guidati da Giuseppe Conte e Mario Draghi.

Il calo del prezzo del gas

«La decisione dell’Unione europea, fortemente lavorata e perseguita dall’Italia, di fissare un tetto massimo al prezzo del gas ha interrotto i fenomeni speculativi ai quali avevamo assistito nei mesi scorsi, con un enorme beneficio per le famiglie e le imprese italiane ed europee»

Come abbiamo spiegato più nel dettaglio in un fact-checking di una dichiarazione della stessa Meloni, è vero che a gennaio e a febbraio il prezzo del gas è sceso in Italia e in Europa. Ma è sbagliato attribuire questo merito all’introduzione del tetto al prezzo del gas importato dalla Russia, entrato in vigore a febbraio. 

Alla fine di gennaio due agenzie dell’Ue hanno evidenziato che il prezzo del gas è iniziato a calare a livello internazionale già dalla fine di settembre 2022, dunque prima dell’accordo sul tetto al prezzo del gas, a causa di una serie di fattori. Per esempio, la domanda di gas delle industrie si è ridotta a causa dei prezzi elevati e delle misure di efficientamento introdotte nei mesi precedenti. Nell’Ue il livello degli stoccaggi di gas all’inizio dell’autunno era più alto rispetto agli anni precedenti, contribuendo ad abbassare i prezzi. Su quest’ultimi hanno pesato anche il rallentamento dell’economia cinese, il maggiore ricorso al gas naturale liquefatto (Gnl) e un aumento della produzione dalle energie rinnovabili. Nelle settimane in cui è stato adottato il tetto al prezzo del gas le temperature sono state particolarmente miti rispetto agli anni precedenti.

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