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Meloni non la dice tutta sui costi delle armi all’Ucraina

| 01 marzo 2023
La dichiarazione
«Noi non spendiamo soldi per comprare armi che mandiamo agli ucraini»
Fonte: Cinque minuti – Rai 1 | 27 febbraio 2023
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Verdetto sintetico
La dichiarazione della presidente del Consiglio è parziale e fuorviante.
In breve
  • Finora l’Italia ha inviato sei pacchetti di armi all’Ucraina: le liste non sono pubbliche e dunque non è possibile conoscerne il valore. Sappiamo comunque che sono armamenti già a disposizione delle forze armate italiane, quindi non nuovi. TWEET
  • Il ministro Crosetto ha già detto che servirà ripristinare le scorte di armi visti gli aiuti mandati all’Ucraina, e questo avrà un costo. TWEET
  • Inoltre l’Italia contribuisce al finanziamento dello “Strumento europeo per la pace”, un fondo dell’Ue che finora ha stanziato 3,6 miliardi di euro per l’assistenza militare all’Ucraina. TWEET
Il 27 febbraio, ospite del nuovo programma di Bruno Vespa Cinque minuti su Rai 1, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato (min. 3:06) del sostegno italiano all’Ucraina, dichiarando che l’Italia non spende soldi «per comprare armi che mandiamo agli ucraini». «Noi abbiamo delle armi che riteniamo oggi fortunatamente di non dover utilizzare e quindi non c’è niente che stiamo togliendo agli italiani», ha aggiunto la presidente del Consiglio.

Davvero l’Italia non spende nulla per inviare armi all’Ucraina? Abbiamo verificato e Meloni non la dice tutta: la sua dichiarazione è parziale e fuorviante.

Le armi italiane all’Ucraina

Dall’inizio della guerra l’Italia ha inviato sei pacchetti di armi e mezzi militari all’Ucraina: cinque sono stati approvati dal governo di Mario Draghi e uno dal governo di Giorgia Meloni. Il primo invio è stato stabilito con un decreto del Ministero dell’Interno del 2 marzo 2022. I successivi decreti sono datati 22 aprile 2022, 10 maggio 2022, 26 luglio 2022, 7 ottobre 2022 e 31 gennaio 2023. I primi cinque decreti ministeriali poggiano su un decreto-legge approvato alla fine di febbraio 2022 dal governo Draghi, e poi convertito in legge dal Parlamento, che ha concesso al governo di inviare armi all’Ucraina fino alla fine del 2022. Il sesto decreto ministeriale poggia su un decreto-legge presentato dal governo Meloni sulla falsariga di quello di Draghi, convertito dal Parlamento per consentire al governo di inviare armi agli ucraini fino alla fine del 2023. In entrambi i casi la Camera e il Senato hanno approvato due risoluzioni per consentire l’invio di armi e mezzi.

Al momento non è possibile sapere quante e quali armi ha inviato l’Italia all’Ucraina. Le liste degli armamenti sono infatti segrete, o meglio sono considerate «documenti classificati» per ragioni di sicurezza. Il loro contenuto è stato comunque divulgato ai membri del ​​Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), che controlla l’operato dei servizi di intelligence italiani. Dunque non è possibile conoscere il valore delle armi e dei mezzi ceduti gratuitamente all’Ucraina. Il primo decreto-legge approvato dal governo Draghi per sostenere l’Ucraina – quello su cui si basano i primi cinque pacchetti di aiuti – autorizzava (art. 2) solo la spesa di 12 milioni di euro per «mezzi e materiali di equipaggiamento militari non letali». Come spiega un dossier del Senato, una parte di questa cifra faceva riferimento ai costi di trasporto degli aiuti militari in Ucraina. 

Dall’inizio del conflitto alcuni esponenti del governo e fonti stampa hanno divulgato il valore degli aiuti militari inviati dall’Italia all’Ucraina. All’inizio di marzo 2022, per esempio, alcuni quotidiani sostenevano che il primo pacchetto di aiuti avesse un valore tra i 100 e i 150 milioni di euro. A gennaio 2023 il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato al Corriere della Sera che i primi cinque pacchetti di aiuti militari avevano un valore complessivo di circa un miliardo di euro. Come detto, senza una lista pubblica di che cosa è stato mandato all’Ucraina, non è possibile verificare se queste cifre sono corrette oppure no.

In ogni caso è vero che l’Italia non sta comprando armamenti nuovi da mandare all’Ucraina: si tratta di mezzi, munizioni, armi e strumenti già a disposizione delle forze armate italiane. Qui però si apre una prima questione legata ai costi di questa operazione: le armi e i mezzi che stiamo inviando all’Ucraina dobbiamo poi ricomprarli?

La questione delle scorte

Come spiega un dossier della Camera sul decreto-legge che ha prorogato l’invio di armi per tutto il 2023, non esiste una «corrispondenza diretta tra il materiale ceduto e l’esigenza di ripianamento delle scorte, la cui programmazione, così come l’acquisizione di nuovi equipaggiamenti, è indipendente dalle cessioni». Tradotto in parole semplici: in base alle leggi l’Italia non è obbligata a ricomprare le armi che sta regalando all’Ucraina. Questa, almeno, è la versione che è stata espressa dal governo Meloni a dicembre 2022, durante l’esame del decreto in Parlamento. 

In realtà nelle settimane successive il ministro della Difesa Guido Crosetto è intervenuto sul tema dicendo esplicitamente che l’Italia dovrà comprare di nuovo le armi che ha regalato all’Ucraina. Il 25 gennaio 2023, durante un’audizione di fronte alle commissioni Difesa di Camera e Senato, Crosetto ha infatti dichiarato: «L’aiuto che abbiamo dato in questi mesi all’Ucraina è un aiuto che in qualche modo ci impone di ripristinare le scorte che servono per la difesa nazionale». 

Dunque, a differenza di quello che lascia intendere Meloni, un costo per l’invio delle armi all’Ucraina sembra esserci, sebbene spostato nel futuro.

Il contributo dell’Ue

C’è poi una seconda questione che mostra come la presidente del Consiglio non la racconti tutta sui costi dell’invio delle armi all’Ucraina. 

A marzo 2021 l’Unione europea ha istituito lo “Strumento europeo per la pace” (Epf, dall’inglese European peace facility). Questo è un fondo esterno al bilancio comunitario dell’Ue che ha l’obiettivo di finanziare una serie di azioni nel settore militare e della difesa. Come spiega un dossier del Parlamento, l’Ue ha finora stanziato 3,6 miliardi di euro per la fornitura all’Ucraina di attrezzatura militare attraverso sette pacchetti di aiuti. Tra le altre cose l’Epf ha l’obiettivo di rimborsare anche una parte del valore delle armi inviate dai Paesi Ue all’Ucraina.

Il fondo è finanziato dagli Stati membri in modo proporzionale alla quota del loro Reddito nazionale lordo (Rnl), che si ottiene sommando o sottraendo al Prodotto interno lordo (Pil) i redditi guadagnati da o pagati a persone o aziende estere (anche i contributi alla Nato funzionano in un modo simile). L’Italia contribuisce al fondo Epf per circa il 12,8 per cento, quindi per circa 460 milioni di euro sui 3,6 miliardi stanziati finora per l’Ucraina.

Il verdetto

Secondo Giorgia Meloni, l’Italia non spende nulla per «comprare armi» e mandarle all’Ucraina. In realtà la presidente del Consiglio non la dice tutta: la sua dichiarazione è parziale e fuorviante. 

Finora l’Italia ha inviato sei pacchetti di armi all’Ucraina: le liste non sono pubbliche e dunque non è possibile conoscerne il valore. Sappiamo comunque che sono armamenti già a disposizione delle forze armate italiane, quindi non nuovi.

Il ministro Crosetto ha però già detto che servirà ripristinare le scorte di armi visti gli aiuti mandati all’Ucraina, e questo avrà un costo. Inoltre l’Italia contribuisce al finanziamento dello “Strumento europeo per la pace”, un fondo dell’Ue che finora ha stanziato 3,6 miliardi di euro per assistenza militare all’Ucraina.

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