Non è vero che il governo ha alzato l’età della pensione

L’accusa è stata fatta dal Movimento 5 Stelle e dalla CGIL, ma le cose non stanno così
Ansa
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Da qualche giorno si sta discutendo di un presunto aumento dell’età pensionabile, introdotto dal governo Meloni, che entrerà in vigore a partire dal 2027. 

La questione è stata sollevata il 9 gennaio dal CGIL, che in una nota ha denunciato «la recente modifica unilaterale dei requisiti pensionistici operata dall’INPS sui propri applicativi, senza alcuna comunicazione ufficiale da parte dei ministeri competenti e in totale assenza di trasparenza istituzionale». Il sindacato ha notato che il simulatore dell’INPS “La mia pensione futura” – con cui si può calcolare il valore della propria pensione – riportava condizioni più restrittive per poter accedere alla pensione rispetto a quelle attualmente in vigore. In base ai criteri contenuti nel simulatore, risultava che dal 2027 gli uomini avrebbero avuto accesso alla “pensione anticipata” dopo aver versato i contributi per 43 anni e un mese (le donne dopo un anno in meno), e non dopo i 42 anni e 10 mesi previsti oggi. Discorso analogo vale per la “pensione di vecchiaia”, a cui secondo il simulatore i lavoratori avrebbero potuto accedere raggiunti i 67 anni e tre mesi di età dal 2027 e raggiunti i 67 anni e cinque mesi dal 2029, al posto dei 67 anni previsti oggi.

La denuncia della CGIL è stata rilanciata dal Movimento 5 Stelle, che ha accusato il governo di non rispettare le promesse fatte in campagna elettorale.
Dopo alcune ore, l’INPS ha smentito di aver introdotto nuovi requisiti per andare in pensione all’insaputa dei lavoratori e dei futuri pensionati. La pagina web del simulatore è stata messa in manutenzione ed è stata aggiornata senza contenere più le condizioni aggiornate.

Ma quindi, come stanno davvero le cose? È vero o no che l’età della pensione aumenterà nei prossimi anni? E se sì, quali sono le responsabilità del governo Meloni in questa vicenda? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

I requisiti per andare in pensione oggi

In Italia la legge che stabilisce gli attuali requisiti per andare in pensione è la cosiddetta “legge Fornero” (o “riforma Fornero”). Questa norma è stata approvata nel 2011 dal governo Monti, quando la ministra del Lavoro era Elsa Fornero, per rendere più sostenibile il sistema pensionistico italiano. Tra le altre cose, la legge “Fornero” ha fissato a 67 anni l’età per accedere alla pensione di vecchiaia, e a 42 anni e dieci mesi il periodo minimo di contributi versati dai lavoratori uomini per accedere alla pensione anticipata (i requisiti per le lavoratrici sono di 41 anni e dieci mesi). 

Negli anni successivi, vari governi hanno introdotto requisiti più flessibili per permettere ad alcuni lavoratori di andare in pensione prima rispetto a quanto previsto dalla legge “Fornero”, ma sempre in via temporanea. 

L’adeguamento alla speranza di vita

I criteri legati all’età del lavoratore con cui si può andare in pensione devono essere aggiornati dal governo di turno in base a come cambia l’età della popolazione. Il motivo è il seguente: se i lavoratori vivono più a lungo e l’età pensionabile non viene adeguata a questo aumento, una volta smesso di lavorare percepiscono la pensione per più anni, aumentando i costi per lo Stato e rischiando di rendere il sistema insostenibile nel lungo periodo, dal momento che non versano più i contributi. Da tempo la speranza di vita in Italia, ossia il numero medio di anni che una persona può aspettarsi di vivere, è in continuo aumento (a parte gli ultimi anni, come vedremo tra poco). Per questo motivo è stato introdotto l’adeguamento dell’età pensionabile agli aumenti della speranza di vita, ma questo meccanismo è stato deciso già prima della legge “Fornero”.

Il principio dell’adeguamento dell’età pensionabile all’incremento della speranza di vita è stato introdotto nel 2009, durante il quarto governo Berlusconi. Inizialmente, il primo adeguamento sarebbe dovuto avvenire dal 1° gennaio 2015, ma nel 2010 lo stesso governo Berlusconi lo ha anticipato al 1° gennaio 2013. Il compito di stabilire l’adeguamento è stato affidato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che deve tenere in considerazione i dati ISTAT sulla speranza di vita a 65 anni di età, ossia il numero medio di anni che una persona di 65 anni può aspettarsi di vivere.

Questo sistema di adeguamento è rimasto operativo fino al 31 dicembre 2018. A gennaio 2019 il primo governo Conte, sostenuto da Movimento 5 Stelle e Lega, lo ha bloccato fino al 31 dicembre 2026, con il decreto-legge che ha introdotto la cosiddetta “quota 100”. Per i tre anni dal 2019 al 2021, questa misura ha dato la possibilità di richiedere il pensionamento anticipato con un’età anagrafica di almeno 62 anni e con un minimo di 38 anni di contributi versati (la somma di questi due numeri dà come risultato, appunto, 100). Nel 2022 “quota 100” è stata sostituita da “quota 102”, introdotta sotto il governo di Mario Draghi , che prevedeva l’accesso alla pensione anticipata con 64 anni di età e 38 anni di contributi versati, in via temporanea solo per il 2022. Con la legge di Bilancio per il 2023, il governo Meloni ha introdotto “quota 103”, che permette il pensionamento anticipato ai lavoratori con almeno 62 anni e 41 anni di contributi. Inizialmente, “quota 103” è stata finanziata solo per il 2023, ma in seguito il governo l’ha prorogata sia per il 2024 sia per il 2025. 

Tutte queste misure hanno un costo per le casse dello Stato, dato che bisogna trovare risorse per compensare i mancati contributi versati dai lavoratori che sono riusciti ad andare in pensione prima del previsto.

Che cosa ha fatto il governo Meloni

La legge di Bilancio per il 2024, approvata dal Parlamento alla fine di dicembre 2023, ha anticipato dal 31 dicembre 2026 al 31 dicembre 2024 la scadenza del periodo in cui era stato bloccato l’adeguamento dell’età pensionabile all’andamento della speranza di vita. Di conseguenza, dal 1° gennaio 2025 è tornato operativo il sistema di adeguamento dei requisiti pensionistici. Questa decisione, però, non ha comportato sùbito un aumento dell’età in cui si può andare in pensione. 

Come spiega un dossier della Camera, la riduzione del periodo in cui è rimasto bloccato l’adeguamento delle pensioni ha avuto «una valenza solo formale». Un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze di luglio 2023, pubblicato a ottobre di quell’anno, ha certificato infatti che nei tre anni tra il 2019 e il 2021 la speranza di vita per le persone con 65 anni di età non è aumentata, anzi: è leggermente calata a causa della pandemia di COVID-19. «A decorrere dal 1° gennaio 2025 i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici – si legge nel decreto – non sono ulteriormente incrementati».

Ricapitolando: dal 1° gennaio di quest’anno è ripartito il meccanismo di adeguamento dei requisiti pensionistici alla variazione della speranza di vita, in base a quanto previsto dal governo Meloni nella legge di Bilancio dello scorso anno. Almeno fino al 1° gennaio 2027, però, non ci saranno ricadute sui requisiti per accedere alle pensioni, dato che la modifica è stata solo formale. 

Nel suo simulatore, con tutta probabilità l’INPS ha incorporato le previsioni diffuse negli scorsi mesi dal presidente di ISTAT Francesco Maria Chelli. A ottobre, in un’audizione in Parlamento, Chelli aveva detto che i nuovi dati sull’incremento della speranza di vita «presagiscono una crescita importante, a legislazione vigente, dell’età al pensionamento». «Rispetto agli attuali 67 anni, si passerebbe a 67 anni e 3 mesi dal 2027, a 67 anni e 6 mesi dal 2029 e a 67 anni e 9 mesi a decorrere dal 2031, per arrivare a 69 e 6 mesi dal 2051», aveva dichiarato il presidente di ISTAT. 

Dunque, se non ci saranno provvedimenti da parte del governo, e se non ci saranno cambiamenti demografici inaspettati, dal 2027 l’età per andare in pensione crescerà. In ogni caso, questo dovrà essere certificato con un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze. 

Le posizioni dei partiti

Negli scorsi giorni alcuni esponenti dei partiti che sostengono il governo Meloni hanno già annunciato che vogliono intervenire per scongiurare la possibilità che l’età per andare in pensione aumenti a causa degli adeguamenti alla speranza di vita. «Abbiamo tutto il tempo per trovare soluzioni», ha dichiarato il 10 gennaio il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega), annunciando che il suo partito si opporrà «in qualsiasi modo» a un eventuale aumento dell’età pensionabile. Il senatore Alberto Bagnai (Lega) ha annunciato di voler convocare i vertici dell’INPS in audizione di fronte alla Commissione di controllo degli enti gestori della previdenza sociale, di cui lo stesso Bagnai è presidente. La commissione guidata da Bagnai è un organo bicamerale, formato da nove deputati e da nove senatori, che ha il compito di vigilare sull’INPS e sugli altri istituti di previdenza.

Nel suo programma per le elezioni politiche del 2022, la Lega ha definito la revisione del sistema pensionistico «un’esigenza non più rimandabile» e ha promesso di «superare la legge “Fornero”». Anche Fratelli d’Italia ha promesso nel suo programma elettorale lo «stop all’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita». Al momento né la Lega né Fratelli d’Italia stanno rispettando l’impegno preso con gli elettori, visto che la legge “Fornero” non è stata superata e l’adeguamento dei requisiti pensionistici in base alla speranza di vita è stato riattivato. 

In occasione delle elezioni politiche del 2022, Forza Italia, invece, non ha presentato un proprio programma elettorale, ma aveva sottoscritto quello della coalizione di centrodestra insieme a Lega e Fratelli d’Italia. Il programma della coalizione di governo contiene una promessa più generica: «Flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e accesso alla pensione, favorendo il ricambio generazionale».

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