Ci sono uomini che impediscono alla compagna di lavorare, altri che le negano la possibilità di avere un conto corrente proprio o che si fanno dare tutti gli scontrini per controllare i soldi spesi. Queste sono tutte forme di un fenomeno più ampio, chiamato “violenza economica”. Secondo l’European Institute for Gender Equality (EIGE), un’agenzia dell’Unione europea, questa forma di violenza comprende gli «atti di controllo e monitoraggio del comportamento di una persona in termini di utilizzo e distribuzione di denaro, nonché la minaccia costante di negarle risorse economiche». In molti casi la violenza economica è associata ad altre forme di violenza, come quella fisica e psicologica, e uscirne è ancora più complicato se non si ha la possibilità di andare via di casa.
Secondo un rapporto pubblicato da ISTAT a novembre 2024, nel 2023 più di 61 mila donne in Italia si sono rivolte a un centro antiviolenza. Di queste, oltre quattro su dieci – quindi circa 25 mila – hanno detto di non essere economicamente indipendenti e di «avere subìto tra le violenze anche quella economica». Per esempio, il compagno ha impedito loro di usare il proprio reddito o di conoscere l’ammontare del denaro disponibile in famiglia.
Per ridurre il fenomeno della violenza economica, dal 2020 in Italia esiste il “reddito di libertà”, una misura che a cinque anni dalla sua introduzione ha ancora molti problemi. Spesso i soldi di questo sussidio sono insufficienti o, peggio, arrivano in ritardo, come è avvenuto l’anno scorso, complici i ritardi burocratici.
Secondo un rapporto pubblicato da ISTAT a novembre 2024, nel 2023 più di 61 mila donne in Italia si sono rivolte a un centro antiviolenza. Di queste, oltre quattro su dieci – quindi circa 25 mila – hanno detto di non essere economicamente indipendenti e di «avere subìto tra le violenze anche quella economica». Per esempio, il compagno ha impedito loro di usare il proprio reddito o di conoscere l’ammontare del denaro disponibile in famiglia.
Per ridurre il fenomeno della violenza economica, dal 2020 in Italia esiste il “reddito di libertà”, una misura che a cinque anni dalla sua introduzione ha ancora molti problemi. Spesso i soldi di questo sussidio sono insufficienti o, peggio, arrivano in ritardo, come è avvenuto l’anno scorso, complici i ritardi burocratici.