Il Superbonus non ha creato 140 miliardi di euro di gettito in più

Lo sostiene Giuseppe Conte per difendere l’incentivo edilizio, ma questo numero non sta in piedi
ANSA
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Nelle interviste di queste settimane il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ripete un numero sbagliato e parecchio esagerato per dimostrare che il Superbonus ha avuto grossi benefici per le casse dello Stato, nonostante i suoi costi. Per esempio, ospite il 5 maggio a Zona Bianca su Rete 4, Conte ha accusato di «disonestà» i critici del Superbonus «perché parlano solo del costo» e «non ci dicono dei ritorni, dei ricavi diretti e indiretti» generati dall’incentivo edilizio. Nello specifico, Conte si è lamentato del fatto che non si parli «del maggior gettito che ha avuto anche questo governo». «Parliamo nel 2023 di circa 140 miliardi», ha aggiunto il presidente del Movimento 5 Stelle, citando un numero che ha poi rilanciato alcuni giorni dopo. «Il maggior gettito di IVA, il maggior gettito complessivo, le maggiori entrate di 140 miliardi, l’anno scorso da dove sono arrivati?», si è chiesto Conte il 13 maggio, ospite dell’Associazione Stampa estera a Roma, sostenendo che questi soldi sono stati portati nelle casse dello Stato proprio dal Superbonus.

In breve, il ragionamento dell’ex presidente del Consiglio è il seguente: grazie agli incentivi fiscali le aziende del settore edilizio, e non solo quelle, hanno lavorato di più, così l’economia è cresciuta e lo Stato ha incassato più soldi dalle tasse pagate dalle imprese e dai clienti, per esempio attraverso l’IVA. 

Al di là della bontà di questo ragionamento, abbiamo controllato che cosa dicono davvero i numeri: la cifra riportata dal presidente del Movimento 5 Stelle non sta in piedi, per vari motivi.

La fonte di Conte

Innanzitutto, non è chiaro quale sia la fonte del dato citato da Conte. Un indizio, però, viene fornito da alcuni suoi colleghi di partito, che nelle scorse settimane hanno rilanciato la cifra dei «140 miliardi», seppure con sfumature un po’ diverse. Per esempio il 27 marzo la vicepresidente del Senato Mariolina Castellone ha scritto su Facebook che «nei tre anni del Superbonus le entrate fiscali per lo Stato sono aumentate di 140 miliardi». Lo stesso giorno il vicepresidente del Movimento 5 Stelle Mario Turco ha fatto la stessa dichiarazione sui social network: «Negli anni di produzione degli effetti del Superbonus le entrate fiscali per lo Stato sono aumentate di 140 miliardi». 

Come fonte, Turco ha citato un «bollettino» dell’Istat pubblicato il 1° marzo. In effetti, quel giorno l’istituto nazionale di statistica ha pubblicato le stime aggiornate sull’andamento del Prodotto interno lordo (Pil) e dell’indebitamento dello Stato, ma da nessuna parte ha scritto che grazie al Superbonus lo Stato ha incassato 140 miliardi di euro in più in tasse. Si può comunque ipotizzare da dove Turco abbia preso questo numero. Se si calcola la differenza tra le entrate correnti (Tav. 18-19) registrate nel 2022 (919,1 miliardi di euro) e quelle registrate nel 2020 (781,7 miliardi), si ottengono circa 138 miliardi, un numero molto vicino ai «140 miliardi». Nelle entrate correnti rientrano varie voci, tra cui le imposte dirette e indirette, e i contributi sociali.

Prendendo per buono il calcolo fatto da Turco, questo vorrebbe dire che tutte le entrate in più registrate tra il 2020 e il 2022 sarebbero merito del Superbonus, il che è evidentemente impossibile (su questo punto torneremo tra poco). Negli scorsi mesi un errore simile è stato fatto più volte da Conte per quanto riguarda la crescita del Pil e degli occupati: in varie occasioni, sbagliando, il presidente del Movimento 5 Stelle ha dato al Superbonus il merito di tutta la crescita del Pil registrata tra il 2021 e il 2023 e di tutto l’aumento dei posti di lavoro. È vero che il Superbonus ha avuto un impatto sull’economia, ma è sbagliato attribuirgli tutti i meriti della crescita economica post-pandemia.

Prendiamo l’esempio del Pil: nel 2023 il Pil italiano è stato più alto del 13,6 per cento rispetto al 2020. Questa crescita, però, non è stata creata tutta dal Superbonus, approvato a maggio 2020 ma diventato operativo mesi dopo. Secondo le stime più attendibili, il contributo degli investimenti in costruzioni residenziali alla crescita del Pil è stato di due punti percentuali, di cui uno è riconducibile al Superbonus. Dunque il bonus edilizio ha avuto un impatto sull’economia, ma non tanto da essere responsabile di tutta la crescita economica registrata dopo il crollo del Pil nel 2020.

I numeri sulle entrate tributarie

Ritorniamo alla dichiarazione di Conte, secondo cui solo nel 2023 il gettito in più generato dal Superbonus sarebbe stato pari a 140 miliardi. Anche i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze sulle entrate tributarie mostrano l’implausibilità di questa tesi.

Nel 2020 le entrate tributarie hanno raggiunto un valore pari a 446,8 miliardi di euro, nel 2021 a 496 miliardi, nel 2022 a 544 miliardi e nel 2023 a 568,5 miliardi. Tra l’anno scorso e l’anno in cui è iniziata la pandemia c’è dunque una differenza di circa 122 miliardi. Lo stesso ministero ha spiegato per ogni anno le ragioni delle variazioni e da nessuna parte scrive che l’aumento è tutto merito del Superbonus, anzi. In alcuni casi ha sottolineato la crescita di alcune entrate causata da fattori che non dipendono né dal bonus edilizio né, più in generale, dalla crescita dell’economia.

Per esempio, l’aumento del gettito registrato nel 2021 è stato in parte dovuto al fatto che nel 2020 era stato sospeso il pagamento di alcune imposte, sbloccato poi l’anno successivo. Molto semplicemente questo ha portato a pagare nel 2021 imposte che sarebbero dovute essere pagate nel 2020. Nel 2022 sono invece aumentate le entrate di alcune imposte (tra cui quelle sul gioco d’azzardo) «il cui andamento non è direttamente legato alla congiuntura economica», e quindi non legato a un eventuale contributo all’economia dato dal Superbonus. Infine nel 2023, tra le entrate in aumento, ci sono state quelle relative alle accise sui carburanti.

Che cosa dice l’Agenzia delle Entrate

Esistono poi alcune stime su quanto abbia contribuito effettivamente il Superbonus all’aumento del gettito, che mostrano ancora una volta l’implausibilità della dichiarazione di Conte. 

L’Agenzia delle Entrate ha calcolato che tra il 2021 e il 2022 il gettito complessivo del Superbonus è stato pari al 19 per cento circa della spesa, una percentuale in linea con quella stimata dall’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano. Secondo i dati più aggiornati dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), alla fine di marzo 2024 gli oneri a carico dello Stato per il Superbonus hanno raggiunto i 122 miliardi di euro. Applicando a questo valore la percentuale del 19 per cento, si ottiene un gettito per lo Stato pari a circa 23 miliardi di euro, una cifra molto distante dai 140 miliardi di euro rivendicati da Conte. 

In passato lo stesso presidente del Movimento 5 Stelle aveva sostenuto che addirittura il 70 per cento della spesa del Superbonus sarebbe rientrato nelle casse dello Stato grazie alle imposte. La fonte di questa percentuale era un rapporto pubblicato a novembre 2022 dal Censis, un istituto di ricerca socioeconomica, che si occupa anche di consulenza e assistenza tecnica. Quel rapporto era stato scritto in collaborazione con alcune società attive nel settore dell’efficientamento energetico e con organizzazioni del settore delle costruzioni. 

Ma al di là del potenziale conflitto di interessi, le stime fatte dal Censis erano «eccessive», come ha spiegato il 24 novembre 2022 su Il Foglio Leonzio Rizzo, professore di Scienza delle finanze all’Università di Ferrara. Senza entrare troppo nei dettagli, il Censis ha provato a quantificare il cosiddetto “effetto moltiplicatore” del Superbonus. Detto in parole semplici, il Censis ha tentato di stimare il valore della produzione attivata dagli investimenti legati al Superbonus. Secondo i calcoli di Rizzo, però, il centro di ricerca ha sovrastimato il gettito fiscale di «più del doppio rispetto a quello effettivo».

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