Sappiamo chi sono i deputati e i senatori, i loro discorsi in Parlamento, quali progetti di legge presentano e pure le loro dichiarazioni dei redditi. Sappiamo invece pochissimo, se non nulla, su chi collabora con loro, su chi li assiste e li segue nella loro attività dentro e fuori le aule di Camera e Senato. Stiamo parlando dei collaboratori parlamentari, ossia le persone che affiancano deputati e senatori nel loro lavoro, come la scrittura di discorsi, di proposte di legge e di emendamenti.
Come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, a ottobre 2022 la Camera ha approvato per la prima volta regole chiare sulla tutela del lavoro dei collaboratori parlamentari, stabilendo che devono essere pagati direttamente dalla Camera e non più dai singoli deputati come avveniva in precedenza. Una disciplina simile è stata poi adottata dal Senato a partire dal 1° gennaio di quest’anno, in seguito a una delibera del Consiglio di presidenza. In passato, l’assenza di una normativa precisa sul rapporto di lavoro dei collaboratori dei parlamentari aveva generato alcuni problemi e sollevato polemiche. Per esempio, alcuni collaboratori avevano denunciato il fatto che i parlamentari assegnavano loro compiti che nulla avevano a che fare con la scrittura di discorsi o emendamenti, ma che riguardavano la vita privata dei politici, come l’andare a fare la spesa o prenotare appuntamenti dal parrucchiere. Casi del genere hanno contribuito a far conoscere i collaboratori parlamentari con il nome spregiativo di “portaborse”.
Con le nuove regole la Camera e il Senato hanno messo un po’ di ordine alla disciplina sui contratti di lavoro dei collaboratori. Quello che però i due rami del Parlamento non hanno ancora risolto riguarda la trasparenza su chi assiste deputati e senatori.
I siti istituzionali di Camera e Senato non pubblicano nelle pagine di deputati e senatori informazioni su chi siano i loro collaboratori, né i loro curriculum, né i loro contatti. La questione non è da poco. Per esempio, come abbiamo documentato in passato, c’è stato almeno un caso alla Camera di un collaboratore parlamentare che, oltre a seguire l’attività di un deputato, era anche un rappresentante di interessi. I rappresentanti di interessi, meglio noti come “lobbisti”, sono persone che, pur non avendo incarichi, influenzano le decisioni politiche promuovendo dentro e fuori le sedi istituzionali gli interessi dei soggetti per cui lavorano. A differenza di altri grandi Paesi nel mondo, in Italia non esiste una legge nazionale che regoli questa attività e ogni istituzione ha norme proprie, che spesso però non garantiscono sufficiente trasparenza.
Come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, a ottobre 2022 la Camera ha approvato per la prima volta regole chiare sulla tutela del lavoro dei collaboratori parlamentari, stabilendo che devono essere pagati direttamente dalla Camera e non più dai singoli deputati come avveniva in precedenza. Una disciplina simile è stata poi adottata dal Senato a partire dal 1° gennaio di quest’anno, in seguito a una delibera del Consiglio di presidenza. In passato, l’assenza di una normativa precisa sul rapporto di lavoro dei collaboratori dei parlamentari aveva generato alcuni problemi e sollevato polemiche. Per esempio, alcuni collaboratori avevano denunciato il fatto che i parlamentari assegnavano loro compiti che nulla avevano a che fare con la scrittura di discorsi o emendamenti, ma che riguardavano la vita privata dei politici, come l’andare a fare la spesa o prenotare appuntamenti dal parrucchiere. Casi del genere hanno contribuito a far conoscere i collaboratori parlamentari con il nome spregiativo di “portaborse”.
Con le nuove regole la Camera e il Senato hanno messo un po’ di ordine alla disciplina sui contratti di lavoro dei collaboratori. Quello che però i due rami del Parlamento non hanno ancora risolto riguarda la trasparenza su chi assiste deputati e senatori.
I siti istituzionali di Camera e Senato non pubblicano nelle pagine di deputati e senatori informazioni su chi siano i loro collaboratori, né i loro curriculum, né i loro contatti. La questione non è da poco. Per esempio, come abbiamo documentato in passato, c’è stato almeno un caso alla Camera di un collaboratore parlamentare che, oltre a seguire l’attività di un deputato, era anche un rappresentante di interessi. I rappresentanti di interessi, meglio noti come “lobbisti”, sono persone che, pur non avendo incarichi, influenzano le decisioni politiche promuovendo dentro e fuori le sedi istituzionali gli interessi dei soggetti per cui lavorano. A differenza di altri grandi Paesi nel mondo, in Italia non esiste una legge nazionale che regoli questa attività e ogni istituzione ha norme proprie, che spesso però non garantiscono sufficiente trasparenza.