L’Italia non è prima nella realizzazione del Pnrr, nonostante Meloni lo ripeta

La presidente del Consiglio rivendica costantemente un primato che i numeri smentiscono
ANSA
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Il 2 luglio, in un video pubblicato sulle sue pagine social, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commentato l’annuncio della Commissione europea che ha dato la sua valutazione positiva preliminare sull’erogazione della quinta rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). 

Secondo Meloni, l’Italia è il primo Paese in tutta l’Unione europea «per obiettivi raggiunti e avanzamento finanziario del Pnrr». «Siamo lo Stato membro che finora ha ricevuto l’importo maggiore», ha aggiunto la leader di Fratelli d’Italia, dicendo che l’Italia ha ottenuto 113,5 miliardi di euro, il «58,4 per cento del totale del nostro Pnrr».

In altre occasioni la presidente del Consiglio aveva già rivendicato questo primato, che resta esagerato, visto che i numeri dicono un’altra cosa.

L’attuazione dei traguardi e degli obiettivi

Il Pnrr può contare su 194,4 miliardi di euro: nel piano originario, approvato nel 2021 dal governo Draghi, questa cifra era pari a 191,5 miliardi di euro e lo scorso anno è aumentata con la revisione del piano approvata dal governo Meloni e l’aggiunta delle risorse del REPowerEU. Quest’ultimo è un programma creato dall’Unione europea per finanziare progetti in ambito energetico e ridurre la dipendenza degli Stati membri dai combustibili fossili provenienti dalla Russia. 

L’erogazione dei soldi del Pnrr italiano – così come di quelli dei Pnrr degli altri Paesi – è legata al raggiungimento periodico di una serie di traguardi (chiamati in gergo tecnico milestone) e obiettivi (i target). I traguardi fanno riferimento al raggiungimento di risultati qualitativi (per esempio l’approvazione di riforme o singoli provvedimenti normativi), mentre gli obiettivi a risultati quantitativi (per esempio l’assunzione di un determinato numero di personale in un settore specifico). 

L’Italia ha concordato l’erogazione dei fondi del Pnrr in dieci rate, a fronte del raggiungimento di 617 tra traguardi e obiettivi (nel piano originario erano 527, aumentati con la revisione del Pnrr). Ogni sei mesi l’Italia ha un certo numero di traguardi e obiettivi da raggiungere: se sono raggiunti, può chiedere l’erogazione della rata corrispondente, la cui richiesta deve essere valutata dalla Commissione europea.

Secondo il sito ufficiale della Commissione europea che monitora lo stato di avanzamento dei piani nazionali di ripresa dei 27 Paesi Ue, a oggi l’Italia ha raggiunto 178 dei 617 traguardi e obiettivi concordati: il 29 per cento sul totale. Questa percentuale, però, non tiene conto dei 54 traguardi e obiettivi centrati dal governo Meloni con la quinta rata, relativi al secondo semestre del 2023. Come detto, il 2 luglio la Commissione europea ha dato la sua valutazione preliminare positiva sul raggiungimento di questi 54 obiettivi, ma ora il Comitato Economico e Finanziario avrà quattro settimane di tempo per ufficializzare il rispetto delle scadenze e l’erogazione della quinta rata. Se diamo per certo il raggiungimento dei 54 traguardi e obiettivi della quinta rata, la percentuale di attuazione del Pnrr italiano supera quindi il 37 per cento: 232 traguardi e obiettivi raggiunti sui 617 concordati.

Come sono messi gli altri Paesi europei nell’attuazione dei loro traguardi e obiettivi? Qui è importante sottolineare che i 27 Paesi Ue hanno tutti concordato un numero diverso di traguardi e obiettivi e che l’Italia è lo Stato membro con il numero più alto. Dunque, per fare un confronto sensato tra l’attuazione dei piani, non bisogna comparare il numero dei traguardi e degli obiettivi in valore assoluto, ma il loro numero in rapporto percentuale rispetto a quelli raggiunti sul totale. Come detto, la percentuale dell’Italia è pari al 37 per cento circa, valore superato da quattro Paesi: finora, infatti, la Francia ha raggiunto il 73 per cento dei traguardi e obiettivi concordati con l’Unione europea, la Danimarca il 46 per cento, il Lussemburgo il 43 per cento e Malta il 39 per cento.
Cinque Paesi (Belgio, Svezia, Ungheria, Irlanda e Paesi Bassi) sono al momento fermi allo zero per cento di obiettivi e traguardi raggiunti, anche se qualcosa si sta muovendo. Per esempio il 2 luglio la Commissione europea ha dato la sua valutazione preliminare positiva alla prima richiesta di pagamento del Belgio, che avrebbe raggiunto 19 dei 20 traguardi e obiettivi concordati con la prima rata. C’è però un problema: secondo la Commissione europea, la riforma delle pensioni approvata dal Belgio non rispetta alcune delle condizioni concordate, quindi l’erogazione dei soldi è stata fermata e il governo belga avrà un mese di tempo per rispondere alle osservazioni della Commissione.

Le rate erogate

Un altro metro di paragone per confrontare l’avanzamento dei piani nazionali di ripresa è il numero di rate ricevute. 

Fino a oggi l’Unione europea ha erogato all’Italia quattro rate del Pnrr, a cui si aggiungerà presto la quinta rata, salvo sorprese. Dunque, stiamo parlando della metà esatta delle dieci rate concordate con l’Unione europea. Tenendo conto delle revisioni dei piani degli altri Paesi, secondo le nostre verifiche altri cinque Stati membri hanno concordato l’erogazione dei fondi dei loro Pnrr in dieci rate: Spagna, Croazia, Cipro, Grecia e Portogallo; Slovacchia, Bulgaria e Polonia hanno concordato invece nove rate; Belgio, Romania e Lituania otto; Slovenia, Repubblica Ceca, Estonia e Ungheria sette; Finlandia, Lettonia, Malta e Austria sei; Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi cinque; e la Svezia quattro. 

Anche in questo caso, al posto di confrontare il numero di rate ricevute in valore assoluto, ha più senso confrontare il numero di rate ricevute in rapporto al numero di rate concordate. In questa classifica, l’Italia è al secondo posto, dietro alla Francia che finora ha ricevuto tre rate su cinque: il 60 per cento.

I soldi ricevuti

Si potrebbe obiettare che il Pnrr francese è più piccolo di quello italiano. È vero: il piano della Francia può contare su 40,3 miliardi di euro, una cifra pari all’1,4 per cento del Prodotto interno lordo (Pil) francese. Gli oltre 194 miliardi di euro del Pnrr dell’Italia valgono il 9,3 per cento del Pil italiano. Questa percentuale, però, non è la più alta tra tutti e 27 i Paesi Ue. 

Come si vede dal grafico, quattro Paesi hanno un Pnrr più “ricco” di quello italiano. Il piano della Grecia vale infatti il 16,3 per cento del Pil nazionale, quello della Croazia il 13,1 per cento e quello della Spagna l’11,1 per cento. 
Nel rivendicare il primato italiano, Meloni ha detto che l’Italia è lo Stato membro che finora «ha ricevuto l’importo maggiore» del Pnrr: 113,5 miliardi di euro, ossia il «58,4 per cento» sul totale del piano. In realtà finora l’Italia ha ottenuto l’erogazione di 102,5 miliardi di euro: ai 113,5 miliardi di euro si arriva considerando come già fatta l’erogazione degli 11 miliardi di euro della quinta rata, che ancora non è ufficiale.

Ma assumiamo che la quinta rata sia data per fatta: è vero che contando questa rata l’Italia ha ricevuto il 58,4 per cento di tutti i soldi del Pnrr. Questa percentuale è davvero la più alta di tutta l’Ue? Secondo le nostre verifiche, la risposta è no: abbiamo incrociato i dati della Commissione europea sui soldi erogati ai Paesi e il valore complessivo dei singoli piani e anche in questo caso Francia e Danimarca hanno due percentuali più alte dell’Italia, rispettivamente pari al 76,6 per cento e al 59,3 per cento.
Come mostra il grafico, Svezia, Irlanda e Paesi Bassi non hanno ancora ricevuto un euro dall’Unione europea per i loro piani e non hanno nemmeno raggiunto un traguardo o un obiettivo. Anche Belgio e Ungheria non ne hanno raggiunti, ma hanno comunque ricevuto la rata di prefinanziamento dei loro piani, come i rimanenti 22 Paesi.

Il problema della spesa

Fare una classifica sull’attuazione dei Pnrr confrontando la percentuale di soldi ricevuti, come ha fatto Meloni, mostra un quadro incompleto: un conto infatti è ricevere i soldi, un altro è spenderli. 

Secondo i dati del governo Meloni, alla fine del 2023 l’Italia aveva speso 43 miliardi di euro del Pnrr, il 43 per cento circa dei soldi incassati fino ad allora. Questa percentuale scende però al 15 per cento se si tolgono le risorse impiegate in incentivi fiscali, come il Superbonus e Industria 4.0 (un piano che incentiva l’innovazione tecnologica delle imprese), che sono nati prima del Pnrr e il cui finanziamento è stato in parte poi inserito nel piano. In generale, la spesa del Pnrr è in ritardo rispetto alla tabella di marcia originaria, un problema che già si era notato durante il governo Draghi. In questo caso, l’Italia è più in ritardo di altri o tutti i Paesi Ue stanno spendendo i soldi troppo lentamente?

La Commissione europea non fornisce dati aggiornati su quanti dei soldi ricevuti dai 27 Paesi Ue per i loro piani nazionali di ripresa siano stati spesi. Per rispondere alla domanda, però, abbiamo analizzato il contenuto delle cosiddette “raccomandazioni specifiche per Paese”, pubblicate dalla Commissione europea lo scorso 19 giugno. Ogni anno, con queste raccomandazioni l’Ue suggerisce a ognuno dei 27 Stati membri gli orientamenti da seguire per stimolare l’occupazione, la crescita economica e gli investimenti, rispettando la solidità delle finanze pubbliche. Nelle raccomandazioni dell’Italia, la Commissione europea ha scritto che il nostro Paese deve affrontare i «ritardi» nell’attuazione del Pnrr e nell’impiego delle sue risorse. Il riferimento ai «ritardi» nei piani nazionali di ripresa e alla necessità di accelerare l’attuazione compare anche nelle raccomandazioni di altri 20 Paesi: Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Romania, Slovenia, Spagna e Svezia. Dunque, anche questi Paesi hanno registrato ritardi e problemi nell’attuazione dei loro piani, anche se non è possibile fare una classifica di chi è messo meglio e di chi è messo peggio.

In ogni caso, nelle raccomandazioni fatte a Danimarca, Estonia, Francia, Lettonia, Lussemburgo e Malta, la Commissione europea ha usato un tono diverso, dicendo di continuare nella «rapida ed efficace implementazione» dei piani nazionali, senza fare riferimento alla necessità di accelerare o di affrontare ritardi.

Tiriamo le somme

Ricapitolando: se si fa la classifica sull’attuazione dei piani nazionali di ripresa tra i 27 Paesi Ue, bisogna sempre tenere presente che ogni piano è diverso dall’altro. Questo vale sia per il valore complessivo, sia per il numero di traguardi e obiettivi concordati con l’Ue, sia per il numero di rate, sia per il valore rapportato alle economie dei singoli Paesi.

Considerando tutti questi fattori, l’Italia non è il primo Paese dell’Ue nell’attuazione del Pnrr, anche se è vero che è tra i primi in classifica.

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