Il soldi del Pnrr per la sanità sono stati tagliati o no?

Meloni e il ministro Fitto dicono di no, il PD e il Movimento 5 Stelle dicono di sì: abbiamo controllato chi ha ragione
ANSA/TINO ROMANO
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Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta all’interno della newsletter I soldi dell’Europa, dove ogni due settimane, il lunedì pomeriggio, facciamo il punto sullo stato di attuazione del Pnrr. La newsletter è gratuita, ci si iscrive qui.


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Nella mattinata di lunedì 25 marzo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha firmato a Campobasso, in Molise, l’Accordo per lo sviluppo e la coesione tra il governo e la regione amministrata dal presidente Francesco Roberti (centrodestra). Nelle scorse settimane Meloni aveva già firmato intese dello stesso tipo con la maggior parte delle regioni italiane, per concordare con ognuna di esse come spendere le risorse delle politiche di coesione. Su decisione dello stesso governo Meloni, questo settore è di competenza del ministro Raffaele Fitto, che ha le deleghe non solo sugli Affari europei e per il Sud, ma anche sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). In questo numero della newsletter non ci occuperemo di politiche di coesione, ma di una frase che Meloni ha pronunciato presentando ai giornalisti l’accordo firmato con il Molise. 

Come aveva già fatto in Parlamento la scorsa settimana, la presidente del Consiglio ha smentito che il suo governo abbia tagliato i soldi del Pnrr destinati alla sanità. «Le fonti di finanziamento che erano già previste sono rimaste inalterate: quello che noi abbiamo fatto è stato mettere in sicurezza alcuni provvedimenti che rischiavano di perdere le risorse», ha detto Meloni. Da settimane vari partiti all’opposizione, tra cui il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, accusano il governo di aver tagliato dal Pnrr 1,2 miliardi di euro destinati a progetti per la sanità. Già una decina di giorni fa, il 14 marzo, il ministro Fitto aveva smentito in Senato che con la revisione del piano, approvata dalle autorità europee a dicembre, fossero stati tagliati i fondi per la sanità. «Prima della rimodulazione all’interno del piano erano previsti oltre 15 miliardi di euro: la stessa cifra è rimasta dopo la revisione, quindi non c’è stato un cambio», aveva dichiarato Fitto. 

Numeri e norme alla mano, chi ha ragione tra i due schieramenti? I soldi del Pnrr sono stati tagliati oppure no? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Il Pnrr originario, approvato nel 2021 dal governo Draghi, destinava 15,6 miliardi di euro alla Missione 6, quella sulla sanità, tra gli oltre 191 miliardi complessivi del piano. Di questi 15,6 miliardi, 7 miliardi sono stati destinati agli investimenti per potenziare la sanità territoriale, mentre i restanti 8,6 miliardi a quelli per la ricerca e la digitalizzazione del sistema sanitario. La scorsa estate il governo Meloni ha presentato la sua proposta di revisione del Pnrr alle autorità europee, che lo hanno approvato definitivamente all’inizio di dicembre. A inizio marzo il governo ha poi approvato il decreto “Pnrr quater” – di cui abbiamo parlato nello scorso numero di questa newsletter – per modificare i finanziamenti del piano. Ora il decreto è all’esame della Camera e, come mostrano i dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) presentati in un’audizione sul testo, è vero che le risorse alla sanità sono rimaste le stesse. La revisione del Pnrr ha fatto aumentare a 194,4 miliardi le risorse complessive del piano, ma quelle destinate alla Missione 6 sono rimaste le stesse: 15,6 miliardi.
La rimodulazione finanziaria del Pnrr, per missione, prima e dopo la revisione del piano approvata dall’Ue. I numeri sono in miliardi di euro.
La rimodulazione finanziaria del Pnrr, per missione, prima e dopo la revisione del piano approvata dall’Ue. I numeri sono in miliardi di euro.
I traguardi e gli obiettivi del Pnrr, da raggiungere entro la fine di giugno 2026, sono passati da 527 a 617, con la Missione 6 che ha avuto l’aggiunta di una sola scadenza (ora ne conta 29). Sulla base di questi numeri, Meloni e Fitto sembrano quindi avere ragione: i soldi del Pnrr alla sanità non sono stati tagliati. In realtà le cose sono più complicate di così, per almeno due motivi. 

Il primo motivo: anche se i soldi del Pnrr per la sanità sono rimasti poco più di 15 miliardi, questo non significa che con la revisione del piano non ci siano state modifiche ai progetti per la sanità. Tra le altre cose, il governo aveva chiesto all’Ue di cambiare gli obiettivi sulla realizzazione delle cosiddette “case della comunità”, ossia nuove strutture per l’assistenza sanitaria e sociale a livello territoriale. La richiesta era di ridurre il numero di strutture realizzabili da 1.350 a 936 entro i primi sei mesi del 2026. Con le autorità europee si è poi trovato un compromesso: saranno infatti 1.038 le strutture che dovranno essere realizzate dal governo per ottenere una parte dei soldi del Pnrr. Il governo ha motivato la riduzione del numero delle case di comunità con l’aumento dei prezzi delle materie prime ed energetiche. I rincari avrebbero comportato un aumento del costo degli investimenti programmati, in particolare per le opere di edilizia sanitaria. Secondo alcuni esponenti dell’opposizione, questa scelta dimostrerebbe invece che il governo non crede nella sanità territoriale. 

C’è poi un secondo motivo per cui alcuni stanno parlando di “tagli” del Pnrr alla sanità. Tra le altre cose, il decreto “Pnrr quater” è intervenuto sui soldi del Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr, un fondo abbreviato con la sigla “PNC”. Questo fondo, a differenza del Pnrr, non è finanziato con risorse europee, ma con circa 30 miliardi di euro di risorse nazionali. Il suo obiettivo, come suggerisce il nome, è quello di sostenere alcuni progetti finanziati con il Pnrr, seguendone le stesse tempistiche di attuazione. Nel corso del tempo il PNC, approvato dal governo Draghi, ha accumulato ritardi e, secondo il governo Meloni, la sua attuazione ha risentito degli stessi problemi di quella del Pnrr. In tutto questo, che cosa c’entra la sanità?

C’entra perché, come ha sottolineato la Corte dei Conti in un’audizione, un comma dell’articolo 1 del decreto “Pnrr quater” stabilisce che gli investimenti destinati alla realizzazione del programma denominato “Verso un ospedale sicuro e sostenibile”, finanziati con il PNC (dunque tecnicamente non dal Pnrr), debbano essere spostati sul fondo statale (articolo 20 della legge n. 67 del 1988) che finanzia gli interventi di ristrutturazione edilizia degli ospedali e il loro ammodernamento tecnologico. Questa norma vale per tutte le regioni, tra la Campania e le province autonome di Trento e di Bolzano, «senza che ne venga spiegata la ragione», ha sottolineato la Corte dei Conti. In totale, sono stati spostati oltre 1,2 miliardi di euro. Il progetto “Verso un ospedale sicuro e sostenibile”, spiega il Ministero della Salute, «mira a delineare un percorso di miglioramento strutturale nel campo della sicurezza degli edifici ospedalieri, adeguandoli alle vigenti norme in materia di costruzioni in area sismica». 

Secondo la Corte dei Conti, questa modifica voluta dal governo ha dei problemi. «Al riguardo non si può non osservare come, oltre a ridurre l’ammontare complessivo delle risorse destinabili a investimenti in sanità e a incidere su programmi di investimento regionali già avviati, lo spostamento comporta il rinvio dell’attuazione del progetto a quando saranno disponibili spazi finanziari adeguati», ha scritto la Corte dei Conti nella sua audizione. «Se è vero, infatti, che al 31 dicembre 2023 le risorse non ancora utilizzate attribuite all’articolo 20 sono pari a 9,9 miliardi e che esse sono state ripartite tra le regioni, il loro utilizzo effettivo è subordinato alla indicazione in bilancio di importi spendibili compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica. In altre parole, pur previste a legislazione vigente, tali risorse non sono già scontate nel tendenziale e quindi richiederanno apposita copertura. Un allungamento dei tempi che dovrebbe essere valutato alla luce dello stato di attuazione dei progetti attivati e che potrebbero registrare fabbisogni difficilmente rinviabili».

In breve: secondo la Corte dei Conti, c’è il rischio che gli investimenti originariamente coperti con i soldi del fondo complementare al Pnrr non saranno interamente coperti con le altre risorse promesse dal governo. Vedremo se durante l’esame in Parlamento saranno introdotte modifiche alla modifica voluta dal governo o se le cose rimarranno così come sono.

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