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No, l’Italia non è prima nell’Ue per attuazione del Pnrr

| 04 giugno 2024
La dichiarazione
«L’Italia è la prima nazione europea per realizzazione del Pnrr, nonostante abbia il piano più corposo di tutti i Paesi europei»
Fonte: YouTube | 1 giugno 2024
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Verdetto sintetico
La presidente del Consiglio esagera.
In breve
  • L’Italia ha raggiunto il 29 per cento degli obiettivi e traguardi fissati con l’Ue, la sesta percentuale più alta tra gli Stati membri. TWEET
  • In valore assoluto, il Pnrr italiano è quello con più risorse, ma in rapporto al Pil è il quinto. TWEET
  • Insieme ad altri due Paesi, l’Italia ha ricevuto la quarta rata del Pnrr, ma non tutti ne hanno concordato dieci. In più, anche nel 2023 si sono accumulati ritardi nella spesa dei soldi ricevuti. TWEET
Il 1° giugno, durante un evento elettorale in Piazza del Popolo a Roma, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto che l’Italia è la «prima nazione europea» nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che, secondo la leader di Fratelli d’Italia, è «il piano più corposo di tutti i Paesi europei».

Abbiamo verificato ed entrambe queste dichiarazioni sono esagerate.

Lo stato di attuazione del Pnrr

Il Pnrr, così come i corrispettivi piani degli altri Stati membri, è finanziato con il Recovery and Resilience Facility, un fondo europeo che si basa sull’emissione di debito pubblico in comune. Il piano approvato nel 2021 valeva 191,5 miliardi di euro, di cui oltre il 60 per cento era composto da prestiti da restituire, ma questo valore è salito a 194,4 miliardi di euro alla fine del 2023, con la revisione del Pnrr concordata dal governo Meloni con le autorità europee. 

L’Unione europea eroga i soldi dei vari piani nazionali di ripresa a rate, sulla base del raggiungimento di traguardi (milestone) e obiettivi (target). I traguardi fanno riferimento al raggiungimento di risultati qualitativi (per esempio, l’approvazione di riforme o singoli provvedimenti normativi), mentre gli obiettivi a risultati quantitativi (per esempio, l’assunzione di un determinato numero di personale in un settore specifico).

In totale, l’Italia ha concordato il raggiungimento di 617 tra traguardi e obiettivi (il numero più alto di tutti), aumentati dagli originari 527 dopo la revisione del piano e l’inserimento degli investimenti del REPowerEU, il programma dell’Ue per ridurre la dipendenza degli Stati membri dai combustibili fossili russi. Ogni Stato membro ha concordato un numero diverso di traguardi e obiettivi, e un numero diverso di rate (su questo punto torneremo più avanti). 

A oggi, secondo i dati raccolti dalla Commissione europea, l’Italia ha raggiunto il 29 per cento dei traguardi e obiettivi fissati con l’Ue, contro una media europea del 19 per cento. Almeno cinque Paesi, però, hanno percentuali più alte: la Danimarca (46 per cento), l’Estonia (35 per cento), la Francia (51 per cento), il Lussemburgo (43 per cento) e Malta (39 per cento). Si potrebbe obiettare che i Pnrr di questi Paesi valgono meno di quello italiano. È vero: il Pnrr danese ha un valore pari allo 0,5 per cento del Pil della Danimarca, il Pnrr estone vale il 3 per cento del Pil dell’Estonia, il Pnrr francese vale l’1,6 per cento, il Pnrr lussemburghese vale lo 0,1 per cento del Pil del Lussemburgo, e il Pnrr maltese vale il 2,2 per cento del Pil maltese. Il piano dell’Italia, con i suoi 194,4 miliardi di euro, ha un valore pari al 10,9 per cento. In valore assoluto, è quello più «corposo» di tutti – per usare lo stesso aggettivo usato da Meloni – ma in rapporto al Pil quattro Paesi hanno un Pnrr più grande: la Croazia (17,5 per cento), la Grecia (19,6 per cento), la Romania (11,9 per cento) e la Spagna (13,5 per cento).

I soldi ricevuti

Finora l’Ue ha erogato all’Italia circa 102 miliardi di euro per il Pnrr, che dovrà essere concluso entro giugno 2026. Oltre al prefinanziamento di agosto 2021, il nostro Paese ha ricevuto il pagamento di quattro rate su dieci e ha fatto richiesta della quinta, per gli obiettivi e i traguardi raggiunti nel secondo semestre dell’anno scorso, su cui è in corso la valutazione della Commissione europea. Hanno già ricevuto la quarta rata anche Croazia e Portogallo.

Il fatto che l’Italia sia tra i soli tre Paesi che hanno già ricevuto quattro rate non significa necessariamente che sia il Paese più avanti nell’attuazione del proprio Pnrr. Questo perché non tutti gli Stati membri riceveranno entro giugno 2026 i soldi dall’Ue per i loro Pnrr suddivisi in dieci rate, come ha concordato l’Italia. La Spagna ha concordato l’erogazione dei fondi in dieci rate (all’inizio erano otto, poi sono salite dopo un nuovo accordo con l’Ue), come Belgio, Croazia, Cipro, Grecia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Slovenia; Bulgaria, Repubblica Ceca, Lituania, Polonia in nove rate; Estonia e Ungheria in sette rate; Danimarca, Finlandia, Lettonia e Malta in sei rate; Francia, Germania, Austria, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia in cinque rate. Dunque non si possono fare confronti solo sulla base del numero di rate erogate.

Nella nuova “Relazione annuale sul 2023”, pubblicata il 31 maggio, la Banca d’Italia ha messo a confronto le percentuali di soldi erogati dall’Ue ai vari Stati membri sul totale del valore dei loro piani. Fino a oggi l’Italia ha incassato il 52,7 per cento del suo Pnrr: questa percentuale non è la più alta di tutte. Al primo posto c’è la Danimarca (59,3 per cento) seguita dalla Francia (58,1 per cento) e dall’Italia.

Al di là delle rate erogate e dei soldi ricevuti, l’attuazione del Pnrr va valutata anche sulla base della capacità di spendere le risorse europee. Qui il confronto tra i Paesi europei si fa più difficile perché la Commissione Ue non fornisce dati comparabili. Anche se ci concentriamo solo sull’Italia, la trasparenza sui dati della spesa dei soldi del Pnrr è limitata. Come abbiamo spiegato in passato, è noto che il nostro Paese sta spendendo i soldi più lentamente di quanto stabilito inizialmente. Gli stessi ritardi sulla spesa erano stati citati da Meloni nell’autunno del 2022, poco prima dell’insediamento del suo governo, per criticare il governo Draghi e la gestione del Pnrr.

Fino alla fine del 2023 l’Italia aveva speso 43 miliardi di euro per il piano: circa il 43 per cento dei soldi finora incassati dall’Ue (meno della metà) e il 22 per cento di tutte le risorse su cui può contare il Pnrr (poco più di un quinto). Quasi 28 miliardi, però, sono stati usati per incentivi fiscali, in particolare per il Superbonus edilizio e Industria 4.0 (un piano che incentiva l’innovazione tecnologica delle imprese). Questi sono investimenti nati prima del Pnrr, il cui finanziamento è stato in parte poi inserito nel piano. Togliendo questa spesa da quella raggiunta finora, otteniamo 15 miliardi di euro, una spesa pari a circa il 15 per cento degli oltre 102 miliardi incassati dal nostro Paese. 

In generale, dall’avvio del piano l’Italia ha accumulato ritardi nella spesa. Per esempio, la terza relazione sull’attuazione del Pnrr, pubblicata dal governo a giugno 2023, aveva previsto una spesa di poco inferiore ai 34 miliardi di euro per tutto l’anno scorso. I dati dicono che si è indietro di circa 14 miliardi di euro. Nel 2024, nel 2025 e nel 2026 l’Italia dovrà così spendere ancora circa 151 miliardi di euro, in media oltre 50 miliardi di euro l’anno, più di quanto speso finora tra il 2021 e il 2023.

Il verdetto

Secondo Giorgia Meloni, «l’Italia è la prima nazione europea per realizzazione del Pnrr, nonostante abbia il piano più corposo di tutti i Paesi europei». Abbiamo verificato e la presidente del Consiglio esagera.

L’Italia ha raggiunto il 29 per cento degli obiettivi e traguardi fissati con l’Ue, la sesta percentuale più alta tra gli Stati membri. In valore assoluto, il Pnrr italiano è quello con più risorse, ma in rapporto al Pil è il quinto.

Insieme ad altri due Paesi, l’Italia ha ricevuto la quarta rata del Pnrr, ma non tutti ne hanno concordate dieci. In più, anche nel 2023 si sono accumulati ritardi nella spesa dei soldi ricevuti.

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