L’Ue ci fa sempre le solite cinque raccomandazioni

La Commissione europea è tornata a chiedere all’Italia di intervenire su catasto, agevolazioni fiscali, spesa, tasse sul lavoro e fondi europei 
EPA/OLIVIER MATTHYS
EPA/OLIVIER MATTHYS
Il 19 giugno la Commissione europea ha pubblicato le cosiddette “raccomandazioni specifiche per Paese” con cui ogni anno suggerisce a ognuno dei 27 Stati membri dell’Unione europea gli orientamenti da seguire per stimolare l’occupazione, la crescita economica e gli investimenti, rispettando la solidità delle finanze pubbliche. Le raccomandazioni specifiche per i singoli Stati membri non sono strettamente vincolanti, ma hanno un peso maggiore per quei Paesi, come l’Italia, che hanno i conti pubblici più a rischio. Il conformarsi a queste raccomandazioni è comunque soggetto ad ampi spazi di manovra e trattativa, come dimostra il loro mancato rispetto da parte dell’Italia negli anni passati.

Abbiamo raccolto tutte le raccomandazioni fatte dalla Commissione Ue dal 2011 (primo anno in cui sono state pubblicate) a oggi, e anche quest’anno le autorità europee sono tornate a chiedere al governo italiano almeno cinque interventi già richiesti in passato [1].

La riforma del catasto

Nelle raccomandazioni appena pubblicate la Commissione europea ha chiesto al nostro Paese di aggiornare i cosiddetti “valori catastali”, ossia i valori che il catasto attribuisce per scopi fiscali agli immobili che possono generare reddito. A oggi, per la gran parte degli immobili, questi valori non corrispondono più al reale valore dell’immobile, con la conseguenza che alcuni cittadini pagano imposte più basse del dovuto, se i valori catastali fossero aggiornati, e altri cittadini pagano imposte più alte. 

Oltre a quest’anno, la raccomandazione di intervenire sui valori catastali è stata fatta dall’Ue all’Italia in nove anni diversi: nel 2023, nel 2022, nel 2019, nel 2018, nel 2017, nel 2016, nel 2015, nel 2014 e nel 2013. 

Il governo Draghi aveva provato ad avviare un percorso per la revisione del catasto, ma il suo intento è stato bloccato dall’opposizione di Forza Italia e della Lega. Anche Fratelli d’Italia, che era all’opposizione, era contraria a intervenire sui valori catastali perché secondo la sua leader Giorgia Meloni una revisione del catasto porterebbe automaticamente un aumento delle imposte. Una cosa non vera, come abbiamo spiegato in un altro fact-checking.

La riduzione delle agevolazioni fiscali

Quest’anno la Commissione europea ha raccomandato ancora una volta al governo italiano di ridurre le cosiddette “spese fiscali” (in inglese tax expenditures), ossia le detrazioni e le agevolazioni fiscali che, applicate a varie imposte, riducono il gettito per il fisco. La raccomandazione di intervenire sulle tax expenditures è stata fatta in passato dalla Commissione Ue in altri sette anni: nel 2023, nel 2022, nel 2017, nel 2016, nel 2015, nel 2014 e nel 2013. 

Secondo le stime del Ministero dell’Economia e delle Finanze, evidenziate in un recente rapporto dall’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), alla fine del 2023 in Italia erano in vigore 625 voci di spesa fiscale a cui corrispondono un minore gettito per un valore pari a 105 miliardi di euro. Al contrario di quanto raccomandato dall’Ue, negli anni c’è stato un «sensibile aumento del fenomeno», ha sottolineato l’Upb: «Il numero delle agevolazioni è cresciuto del 34 per cento rispetto al 2018 (+159 voci), mentre gli effetti finanziari sono aumentati del 93,5 per cento». L’imposta su cui si concentra il maggior numero di agevolazioni è l’Irpef, l’imposta che i contribuenti pagano sui loro redditi.

Il contenimento della spesa

Quest’anno, così come già successo nel 2023, nel 2022, nel 2021, nel 2019 e nel 2018, la Commissione Ue ha raccomandato esplicitamente all’Italia di contenere la sua spesa, al netto degli interessi che il nostro Paese paga sul proprio debito pubblico. L’obiettivo è ridurre gradualmente il rapporto tra il debito pubblico italiano e il Prodotto interno lordo (Pil) ed evitare un ricorso eccessivo al deficit, che si registra quando lo Stato spende più soldi di quanti ne incassa. 

In base ai trattati europei, in teoria la soglia del deficit da non superare è fissata al 3 per cento del Pil. Dal 2011 a oggi il valore più basso del rapporto tra deficit e Pil italiano è stato raggiunto nel 2019 (1,5 per cento), ma con l’inizio della pandemia questa percentuale è cresciuta parecchio e ancora nel 2023 ha raggiunto una percentuale pari al 7,4 per cento, la più alta di tutta l’Unione europea.

Questo primato in negativo non resterà senza conseguenze. Il 19 giugno, infatti, la Commissione europea ha proposto di aprire una procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia e di altri sei Paesi Ue (Belgio, Francia, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia). Il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni ha però chiarito che le raccomandazioni per ridurre il debito e il deficit e rispettare i parametri fiscali europei saranno presentate soltanto «tra ottobre e novembre» prossimi.

L’uso dei fondi europei

Quest’anno la Commissione europea ha ribadito all’Italia un’altra raccomandazione, già fatta nel 2023, nel 2022, nel 2015, nel 2014, nel 2013, nel 2012 e nel 2011: spendere di più e in maniera più efficiente i fondi europei. Storicamente il nostro Paese ha un problema nell’usare in tempo tutti i soldi dei fondi che riceve dall’Unione europea e questi ritardi stanno colpendo anche i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). 

Fino a oggi il nostro Paese ha incassato 102 miliardi di euro sugli oltre 194 miliardi del Pnrr, ma è riuscito a spendere una piccola parte e meno rispetto a quanto previsto dalle previsioni iniziali.

Le tasse sul lavoro

Infine, secondo la Commissione europea l’Italia deve intervenire ancora per riformare il suo sistema di tassazione sul lavoro, riducendo per esempio il peso del cuneo fiscale, ossia la differenza tra il lordo e il netto in busta paga.

Sulla scia di quanto fatto dal precedente governo Draghi, il governo Meloni è intervenuto rinnovando il taglio del cuneo fiscale (ossia la differenza tra il lordo e il netto in busta paga), ma solo temporaneamente, per tutto il 2024. Secondo la Commissione, comunque, la revisione del sistema di tassazione sul lavoro deve avvenire in linea con gli obiettivi di sostenibilità fiscale fissati per l’Italia. 

La stessa raccomandazione di ridurre le tasse sul lavoro, spostando eventualmente il carico fiscale su altre voci, è stata fatta dalla Commissione europea anche l’anno scorso, nel 2022, nel 2019, nel 2018, nel 2014 e nel 2013.

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[1] Qui di seguito i testi delle raccomandazioni specifiche per l’Italia pubblicate nel 2024, 2023, 2022, 2021, 2020, 2019, 2018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012 e 2011.

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