Nella serata di mercoledì 17 dicembre, la Corte di cassazione ha confermato l’assoluzione del leader della Lega Matteo Salvini nel caso “Open Arms”, già decisa in primo grado dal Tribunale di Palermo a dicembre 2024. Salvini era accusato di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio per aver impedito, nell’agosto 2019, quando era ministro dell’Interno, lo sbarco dei migranti soccorsi dalla nave della Ong spagnola Open Arms.

Contro l’assoluzione di primo grado, la Procura di Palermo aveva presentato ricorso direttamente in Cassazione, l’ultimo grado di giudizio della giustizia italiana, saltando la Corte d’appello. Il pubblico ministero sosteneva che il Tribunale di Palermo, assolvendo Salvini con la formula “il fatto non sussiste”, avesse applicato in modo scorretto la normativa sullo sbarco, escludendo l’esistenza di un obbligo di consentirlo una volta che la nave era entrata nelle acque territoriali italiane.

La Corte di cassazione non è stata chiamata a rivalutare i fatti o le prove, ma a svolgere un giudizio di legittimità, verificando se la decisione dei giudici di primo grado fosse stata adottata nel corretto rispetto della legge e delle regole procedurali.

Nel procedimento davanti alla Cassazione, anche il procuratore generale, cioè il magistrato che rappresenta l’accusa nel giudizio di legittimità, ha chiesto la conferma dell’assoluzione di Salvini. Nella sua memoria ha riconosciuto che nel caso Open Arms vi fosse stata una violazione di legge, in particolare in relazione al diritto di asilo, ma ha ritenuto che questo elemento non fosse sufficiente per affermare la responsabilità penale di Salvini. Secondo il procuratore generale, infatti, nel ricorso non erano dimostrati tutti gli elementi richiesti per configurare i reati contestati, a partire dal dolo, ossia la consapevole volontà di commetterli.

Dopo la decisione della Cassazione, Salvini ha commentato sostenendo che la sentenza dimostrerebbe che «difendere i confini non è reato». Le motivazioni dell’assoluzione di primo grado, però, non andavano in questa direzione. Il Tribunale di Palermo, infatti, aveva respinto l’idea che il semplice transito di una nave Ong con migranti a bordo possa essere considerato automaticamente “offensivo” o illecito ai sensi delle norme sul controllo delle frontiere. Secondo i giudici, il soccorso in mare non rende di per sé illegittimo il passaggio di una nave nelle acque territoriali e, nel caso della Open Arms, non era emerso alcun collegamento con attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La nave, al contrario, aveva agito nel rispetto delle convenzioni internazionali sul soccorso in mare.