È giusto aumentare lo stipendio dei capigruppo alla Camera?

Se ne sta discutendo in questi giorni, dopo una criticata votazione che ha coinvolto tutti i partiti
ANSA
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Il 13 luglio alla Camera dei deputati è stata approvata l’introduzione di un’indennità mensile aggiuntiva di circa 2 mila euro lordi (poco più di 1.200 euro netti) per i presidenti dei nove gruppi parlamentari. I gruppi parlamentari sono gli organismi che rappresentano i partiti in Parlamento e la loro composizione rispecchia il risultato delle elezioni politiche. 

Lo stipendio dei parlamentari è da sempre un argomento dibattuto e, come prevedibile, l’aumento per i nove capigruppo ha generato subito una serie di polemiche. In seguito alle critiche diversi presidenti dei gruppi parlamentari, tra cui anche quelli dei partiti che hanno votato a favore dell’aumento, hanno dichiarato che avrebbero rinunciato alla nuova indennità.

Ma chi ha approvato questa nuova indennità e perché? Da dove verranno presi i soldi per finanziarla? E questo aumento dello stipendio dei capigruppo alla Camera è giustificato oppure no?

Quanto vale l’aumento

L’introduzione della nuova indennità per i capigruppo della Camera è stata decisa dall’Ufficio di presidenza della Camera, un organo collegiale che ha il compito di gestire gli aspetti finanziari e amministrativi dell’aula. L’Ufficio di presidenza è composto, oltre che dal presidente Lorenzo Fontana (Lega), dai quattro vicepresidenti, dai tre deputati questori e da 12 deputati segretari, che rappresentano tutte le forze politiche in Parlamento.

Gli atti dell’Ufficio di presidenza non sono pubblicamente disponibili, ma secondo fonti stampa hanno votato a favore dell’aumento i rappresentanti dei partiti che sostengono il governo Meloni e quelli del Movimento 5 Stelle. I rappresentati del Partito Democratico, di Azione-Italia Viva e di Alleanza Verdi-Sinistra si sono astenuti. 

L’indennità aggiuntiva corrisponde a 2.226,92 euro lordi al mese (1.269,34 euro netti) ed è stata proposta per equiparare il compenso dei capigruppo a quello dei presidenti delle commissioni parlamentari permanenti. Le commissioni parlamentari, che sono 14 alla Camera e 10 al Senato, hanno ognuna uno specifico settore di competenza (per esempio la giustizia o l’agricoltura) ed esaminano le proposte di legge prima che arrivino in aula.

Per quest’anno l’indennità aggiuntiva sarà a carico dei bilanci dei singoli gruppi parlamentari, mentre dall’anno prossimo le risorse per coprire l’aumento saranno prese direttamente dai fondi che ogni anno la Camera stanzia per i gruppi parlamentari. In poche parole, l’operazione è una redistribuzione dei fondi già a disposizione dei gruppi parlamentari e non comporta quindi spese aggiuntive per il Parlamento e i cittadini.

Le rinunce

Nonostante questo, un aumento di stipendio per una classe considerata privilegiata come quella dei politici ha generato non poche critiche da parte dell’opinione pubblica. Dopo le polemiche, alcuni dei nove capigruppo dei gruppi parlamentari alla Camera hanno annunciato che rinunceranno a questa indennità aggiuntiva. Tra questi ci sono la capogruppo del Partito Democratico Chiara Braga, quello di Fratelli d’Italia Tommaso Foti, quello di Azione-Italia Viva Matteo Richetti e anche quello del Movimento 5 Stelle Francesco Silvestri. 

Ma perché il Movimento 5 Stelle ha votato a favore dell’aumento, se poi il suo capogruppo ha rinunciato? Il deputato del Movimento 5 Stelle Filippo Scerra, questore della Camera, ha spiegato a Pagella Politica che inizialmente l’Ufficio di presidenza stava discutendo un’altra proposta, che prevedeva di «prendere i fondi per questa nuova indennità dal bilancio della Camera, e dunque dai cittadini. Noi abbiamo fatto in modo che i partiti che volessero usufruire di questo aumento lo prendano dalle loro casse». In ogni caso, secondo Scerra, «i capigruppo possono rifiutarsi di beneficiare di questa indennità aggiuntiva, e non c’è nemmeno il rischio che l’utilizzo di queste risorse dei bilanci dei gruppi vada a scapito dei collaboratori parlamentari, perché si parla comunque di cifre molto basse se rapportate all’intero bilancio della Camera». 

In effetti l’aumento non influisce granché sulle casse della Camera: sebbene 1.200 euro in più al mese non siano pochi per uno stipendio, sommando le indennità di tutti e nove i capigruppo si arriva a circa 240 mila euro l’anno, ossia lo 0,03 per cento del bilancio della Camera, che ammonta a 943,2 milioni di euro l’anno.

Che cosa fa un capogruppo

Al di là del dibattito sugli stipendi, è vero che i capigruppo di Camera e Senato svolgono un ruolo di primo piano nell’organizzazione dei lavori del Parlamento. 

Sia alla Camera che al Senato, una volta ogni due mesi i capigruppo si riuniscono nella cosiddetta “Conferenza dei presidenti di gruppo”, che approva il programma dei lavori dell’assemblea per i due mesi successivi. Dopo aver dato il via libera al programma dei lavori, la Conferenza dei capigruppo fissa il calendario dei lavori di Camera e Senato, che contiene il dettaglio dei provvedimenti che saranno esaminati giorno per giorno nelle successive tre settimane (un mese per il Senato). Tra le altre cose i presidenti di gruppo hanno anche il compito di dettare i tempi delle singole discussioni, considerando sempre l’importanza degli argomenti discussi. Spesso, sia alla Camera che al Senato, i capigruppo hanno poi il compito di fare le dichiarazioni di voto finali prima della votazione su una proposta o un disegno di legge. 

Come abbiamo scritto di recente in un altro approfondimento, i capigruppo hanno un ruolo significativo nella presentazione degli stessi progetti di legge. I capigruppo presentano le mozioni di fiducia e quelle di sfiducia nei confronti del governo.

Favorevoli e contrari

Una volta chiarito in che cosa consiste questo aumento e in che cosa consiste l’attività di un capogruppo, non resta che stabilire se questa indennità aggiuntiva sia giusta oppure no. Naturalmente non esiste una risposta univoca a questa domanda, visto che negli ultimi giorni esponenti (capigruppo e non) di diversi partiti hanno espresso le loro opinioni sul tema, alcuni criticando l’aumento di stipendio, altri in qualche modo giustificandolo.

Per esempio il capogruppo di Forza Italia alla Camera Paolo Barelli ha dichiarato a Pagella Politica che «questo dibattito manicheo tra favorevoli e contrari lascia il tempo che trova, dato che servirebbe un ragionamento più ampio». Per Barelli, infatti, la scelta dell’Ufficio di presidenza «può avere una sua logica», visto che chi svolge il ruolo di capogruppo «ha delle responsabilità aggiuntive rispetto a quelle degli altri parlamentari». In ogni caso il capogruppo di Forza Italia non ha specificato se intende rifiutare o accettare l’aumento di stipendio, anche se ha precisato: «Sarei disposto a rinunciare anche a tutti i miei compensi, perché un lavoro fuori dal Parlamento ce l’ho. Non sono sicuro che altri sarebbero disposti a fare altrettanto».

Tra i parlamentari che si sono schierati a favore dell’aumento c’è il senatore della Lega Claudio Borghi. «Le camere vanno avanti letteralmente sulle spalle dei capigruppo e i lavori sono decisi dalla loro conferenza, senza contare un numero infinito di rotture di palle derivanti dalla gestione politica di gruppi anche molto numerosi», ha scritto Borghi su Twitter. «Bene quindi hanno fatto a parificare l’incarico di capogruppo a quello di ogni altra carica parlamentare». 

Tra i parlamentari che si sono schierati contro l’aumento c’è invece il leader di Europa Verde Angelo Bonelli, eletto alla Camera nelle liste di Alleanza Verdi-Sinistra. «Noi siamo contrari a quella delibera, diversamente per dire dal Movimento 5 Stelle che ha votato a favore. E la nostra capogruppo Luana Zanella ha già dichiarato che non intende avvalersi della maggiorazione», ha detto Bonelli al Corriere della Sera. Bonelli ha comunque ammesso che «dal punto di vista sostanziale, di merito, la mole di lavoro per un capogruppo è maggiore che per un deputato semplice» e che «un incremento si poteva prevedere, ma gestendolo diversamente».

Quanto guadagna un parlamentare

Il diritto per i Parlamentari di ricevere un’indennità mensile – in parole semplici, una sorta di stipendio – è stabilito dall’articolo 69 della Costituzione. L’ammontare di questa indennità è determinato da una legge del 1965, che aggiunge agli emolumenti previsti per i membri del Parlamento anche una diaria «a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma». Nello specifico la quota mensile spettante a ogni parlamentare è decisa dagli uffici di presidenza delle due camere, che hanno come limite massimo la mensilità lorda dei magistrati con «funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione». 

Questo potere di decisione da parte della Camera deriva dal principio della cosiddetta “autodichia”, in base al quale il Parlamento ha il potere di stabilire la propria organizzazione interna e il trattamento economico dei propri membri in autonomia rispetto agli altri poteri dello Stato. Lo stipendio dei magistrati è fissato per legge e prevede adeguamenti triennali, l’ultimo dei quali risale al 2021. Dal momento che lo stipendio dei parlamentari è collegato a quello dei magistrati, la legge consentirebbe quindi anche ai deputati un adeguamento simile, ma in realtà è dal 2007 che in ogni legislatura gli uffici di presidenza di Camera e Senato approvano un blocco degli aumenti per deputati e senatori.

In generale negli anni lo stipendio dei parlamentari è stato più volte ridotto, passando dai circa 12.500 euro lordi mensili del 2005 ai 10.435 euro attuali. Il sito della Camera specifica che senza questi interventi di riduzione e in assenza del blocco agli adeguamenti, l’indennità parlamentare mensile oggi sarebbe pari a 16.160,58 euro lordi.

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