Forse è la volta buona per la riforma del fisco

È stato raggiunto un accordo tra il governo e i partiti di centrodestra, che da tempo bloccano l’esame del provvedimento in Parlamento
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Il 5 maggio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha incontrato a Palazzo Chigi il segretario della Lega Matteo Salvini, che dopo la riunione ha annunciato un accordo per sbloccare l’approvazione della riforma fiscale, ferma da un mese alla Commissione Finanze alla Camera. 

Negli scorsi mesi, durante i lavori a Montecitorio, Lega e Forza Italia avevano più volte votato contro le posizioni del governo – di cui fanno parte – accusandolo di voler aumentare le tasse sulla casa e sui redditi, con argomentazioni però poco solide alla prova dei fatti. 

Con l’intesa raggiunta, in particolare sulle misure per la revisione del catasto, sembrano aumentare le possibilità che la riforma fiscale venga approvata dal Parlamento. Anche se il percorso non è del tutto in discesa.

Un riassunto delle puntate precedenti

A inizio ottobre il governo ha approvato un disegno di legge delega, con cui ha chiesto al Parlamento di ricevere il potere di modificare buona parte del sistema fiscale italiano. A novembre la Camera ha così iniziato l’esame del testo, per tracciare i principi che il governo dovrà poi seguire per cambiare imposte come l’Irpef e l’Iva, per contrastare l’evasione fiscale e per aggiornare il catasto, ossia l’inventario degli immobili presenti in Italia.

Nei mesi successivi proprio il catasto, che da anni è considerato iniquo e inefficiente, ha diviso i partiti che sostengono il governo. In breve: il disegno di legge delega per la riforma del fisco, all’esame della Camera, propone di introdurre nuove misure per aggiornare le cosiddette “rendite catastali”, a partire dal 2026, specificando che i valori aggiornati non possono essere utilizzati per calcolare le basi imponibili delle imposte immobiliari. A partire dalle rendite catastali, che oggi ormai non corrispondono più al valore per cui erano state pensate decenni fa (ossia l’affitto che si potrebbe percepire mettendo in locazione l’immobile), si calcolano infatti le basi imponibili per diverse imposte, come quelle sul patrimonio immobiliare.

Questa sorta di “operazione trasparenza”, come l’ha definita in passato più volte Draghi, non ha mai convinto il centrodestra, secondo cui il disegno di legge delega aprirebbe di fatto alla possibilità di aumentare le imposte sulla casa.

Che cosa prevede l’accordo sul catasto

Secondo fonti stampa, nell’incontro del 5 maggio è stato così sancito l’accordo di modificare la parte della riforma del fisco dedicata al catasto, senza però cancellarla. Un ulteriore compromesso al ribasso, dunque, rispetto a quanto deciso oltre sei mesi fa, con l’approvazione del disegno di legge delega in Consiglio dei ministri. 

Salvo nuove sorprese, ora la riforma, ha spiegato il Corriere della Sera, prevede che dal 2026 le attuali rendite catastali saranno accompagnate da una nuova rendita, che comunque non potrà essere usata a fini fiscali, calcolata in base a quanto previsto da una norma del 1998, senza più riferimenti ai valori patrimoniali. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, l’accordo sul catasto raggiunto tra Palazzo Chigi e centrodestra prevede che nelle consultazione degli atti catastali sarà sempre possibile l’accesso alla banca dati dell’Osservatorio mercato immobiliare (Omi) dell’Agenzia delle entrate, che misura i prezzi di mercato degli immobili, non per singole unità, ma per valori medi, a seconda delle zone.

Questa soluzione ha subito trovato l’opposizione di Confedilizia, una delle principali associazioni che rappresentano i proprietari di abitazioni, che da mesi si oppone alla revisione del catasto.

Che cosa prevede l’accordo sulle tasse sui redditi

Un’intesa è stata raggiunta anche su un secondo punto divisivo, quello sul cosiddetto “sistema duale”. Uno degli obiettivi della riforma fiscale è quello di separare meglio e semplificare la tassazione tra i redditi da lavoro e quelli da capitale, tra cui rientrano anche quelli del mercato immobiliare. Secondo il testo della delega, mentre ai redditi da lavoro si deve applicare l’Irpef, con aliquote progressive, ai redditi da capitale si deve applicare una sola «aliquota proporzionale», mentre oggi ne esistono diverse. 

Nelle scorse settimane, secondo diverse indiscrezioni stampa, il Ministero dell’Economia aveva proposto, in via transitoria, l’introduzione di due aliquote, al 15 per cento e al 26 per cento, da applicare ai redditi derivanti dall’impiego del capitale, per esempio sui titoli di stato e gli affitti. Il rischio, secondo il centrodestra, è che questa scelta possa aumentare le tassazioni agevolate che già oggi valgono, per esempio, sui Bot, ossia i buoni ordinari del Tesoro. 

Secondo fonti stampa, la nuova intesa ha tolto ogni riferimento dalla riforma alle due aliquote, promettendo un intervento piuttosto generale, ossia quello di armonizzare le aliquote esistenti, senza un aumento delle tasse.

Che cosa succede ora

Adesso, se anche gli altri partiti dell’esecutivo saranno d’accordo, l’esame del disegno di legge delega, fermo alla Commissione Finanze, potrà sbloccarsi, visto che Lega e Forza Italia – i due partiti di centrodestra al governo – non dovrebbero più votare insieme a Fratelli d’Italia, all’opposizione, fermando così l’esame delle possibili modifiche al testo. Se dovesse ricevere il via libera della commissione e poi dell’aula della Camera, il testo andrà poi all’esame del Senato. Lungo il suo cammino, non sono esclusi voti su specifici emendamenti che rischiano di minare ancora la tenuta della maggioranza di governo.

Prima di concludere, ricordiamo che la riforma del fisco non è tra le riforme da approvare per ricevere dall’Unione europea gli oltre 190 miliardi di euro del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr), varato per far fronte alla crisi causata dalla pandemia. La riforma del fisco è stata promessa dal governo nel Pnrr solo come riforma di accompagnamento al piano, ma fuori dal suo perimetro. All’interno degli impegni vincolanti del Pnrr ci sono comunque alcune riforme collegate al fisco, come quella per la riduzione dell’evasione fiscale e quella per il federalismo fiscale, ma queste hanno un oggetto più ridotto e definito rispetto a quello del disegno di legge delega in discussione in Parlamento.

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