Il 5 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale, che – come vedremo meglio tra poco – contiene principi di carattere molto generale per riformare il fisco nel nostro Paese.
Sul testo c’è stato uno scontro all’interno del governo. I ministri della Lega non hanno infatti partecipato al Consiglio dei ministri, perché – come ha spiegato il segretario Matteo Salvini in una conferenza stampa alla Camera – secondo il partito c’è il rischio di un aumento delle tasse. Questa ipotesi è però stata categoricamente smentita dal presidente del Consiglio Mario Draghi, in un confronto con i giornalisti a Palazzo Chigi.
In concreto, che cos’è una legge delega e in che modo il governo Draghi intende riformare il fisco italiano? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sui punti principali del dibattito.
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Perché si chiama “legge delega”
In Italia il potere legislativo spetta al Parlamento. Eccezionalmente può essere esercitato dal governo, tramite i decreti-legge (che comunque poi il Parlamento deve convertire in legge) o i decreti legislativi. Questi ultimi sono approvati dal governo in esecuzione di una “legge delega”, votata dal Parlamento, che deve contenere (come stabilisce l’articolo 76 della Costituzione) un termine temporale, un oggetto definito, i principi generali e i criteri direttivi.
Se con un decreto legislativo l’esecutivo non dovesse rispettare le indicazioni generali dategli dal Parlamento, rischierebbe di andare incontro a un giudizio di illegittimità costituzionale.
Quello approvato dal Consiglio dei ministri il 5 ottobre è un disegno di legge, cioè un testo che viene sottoposto al Parlamento – su iniziativa del governo in questo caso – perché lo approvi. Non ha, a differenza dei decreti-legge, nessuna efficacia immediata. Il Parlamento dovrà infatti discutere e votare la legge delega sul fisco, e solo quando questa sarà entrata in vigore il governo potrà iniziare la sua attività legislativa, tramite l’emanazione di decreti legislativi.
Nel caso in questione, l’oggetto della legge delega è la revisione del sistema fiscale. Per quanto riguarda le tempistiche, il testo approvato dal Consiglio dei ministri – diffuso da fonti stampa e sostanzialmente confermato in conferenza stampa dal ministro dell’Economia Daniele Franco – stabilisce (art. 1) che il governo avrà 18 mesi di tempo per approvare uno o più decreti legislativi per rivedere il fisco. Per fare questo, sarà nominata anche una commissione, che lavorerà con il ministro Franco.
La natura ancora piuttosto indefinita della riforma è stata riconosciuta (min. 1:49) in conferenza stampa anche da Draghi. «Questa è una legge molto generale, che poi andrà riempita dai contenuti, con i decreti», ha detto il presidente del Consiglio. Su questi, «ci saranno ulteriori momenti di confronto, nei vari Consigli dei ministri, e la legge delega stessa sarà oggetto di confronto in Parlamento».
Vediamo adesso, punto per punto, quali sono gli aspetti principali del sistema fiscale su cui il governo intende mettere mano.
Che cosa dice la legge delega sul fisco
Il testo approvato dal Consiglio dei ministri è composto da dieci articoli. Il primo, oltre a fissare le coordinate temporali della delega, stabilisce i quattro «principi e criteri direttivi generali» della riforma del fisco, tra cui ci sono la razionalizzazione e semplificazione del sistema tributario e il mantenimento della sua progressività. Un altro obiettivo dovrà essere quello della riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale (ossia la tendenza ad aggirare il fisco anche attraverso comportamenti legali).
L’articolo 2, invece, stabilisce che i decreti legislativi dovranno «perseguire l’efficientamento e la semplificazione del sistema nazionale della riscossione», per esempio attraverso le nuove tecnologie, e «individuare un nuovo modello organizzativo del sistema nazionale della riscossione», rinforzando le funzioni dell’Agenzia delle entrate, oggi troppo spezzettate.
Gli articoli seguenti presentano, sempre comunque a grandi linee, il progetto del governo per riformare singole imposte, dall’Irpef all’Irap, passando per l’Iva e altre imposte indirette.
Le imposte sulle persone e sulle imprese
Per quanto riguarda le imposte sul reddito delle persone fisiche, l’obiettivo è quello (art. 3) di ridurre le varie aliquote che fanno riferimento a diversi scaglioni di reddito, per «incentivare l’offerta di lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro». In particolare, secondo fonti stampa, è soprattutto sotto esame l’aliquota del 38 per cento sui redditi tra 28 mila e 55 mila euro, mentre quella subito sotto, tra 15 e 28 mila euro, è del 27 per cento.
La legge delega chiarisce anche che sarà necessario rivedere il sistema delle cosiddette tax expenditures, il sistema di deduzioni e detrazioni ormai diventato estremamente articolato (come spiega nel dettaglio un recente dossier del Parlamento). In più, si intende modificare (art. 8) anche il sistema delle imposte addizionali, stabilite da regioni e comuni, eliminandole e aggregandole in una sorta di “sovraimposta” all’Irpef, con lo scopo di semplificare il sistema.
Anche l’Irap e l’Ires sono al centro della riforma fiscale (art. 4 e 6). Sulla prima – che da anni diversi partiti chiedono di eliminare – il governo non si è particolarmente sbilanciato, scrivendo che un suo «graduale superamento» dovrà garantire «in ogni caso il finanziamento del fabbisogno sanitario». Come abbiamo spiegato in passato, tra il 2015 e il 2019 l’Irap ha contribuito, con un gettito annuo superiore in media ai 20 miliardi di euro, a circa un quinto del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Sull’Ires, ossia l’imposta sul reddito delle società, la proposta generale è, ancora una volta, quella di «semplificazione e razionalizzazione».
La semplificazione dell’Iva
Sul fronte dell’Iva, il governo vuole ridurre (art. 5) il numero e il livello delle aliquote (oggi l’Iva ordinaria è al 22 per cento), per semplificare la gestione dell’imposta e contrastare l’evasione fiscale. Secondo i dati più aggiornati del Mef, l’evasione dell’Iva nel nostro Paese ammonta a circa 33 miliardi di euro, la voce più alta, seguita dai 31 miliardi dell’Irpef dei lavoratori autonomi.
In vista degli accordi europei sull’ambiente, l’esecutivo intende anche intervenire sulle varie imposte legate al consumo energetico, che come abbiamo spiegato di recente sono tornate di forte attualità nelle ultime settimane.
Che cosa c’è scritto sul catasto
Infine, nelle legge delega hanno trovato anche spazio una serie di principi di revisione del sistema catastale italiano, che – come abbiamo analizzato nelle scorse settimane – è iniquo e inefficiente. Un’eventuale modifica del catasto ha attirato subito le critiche della Lega, secondo cui una revisione delle rendite catastali comporterebbe necessariamente un aumento delle imposte sugli immobili (un automatismo che però non va dato per scontato). In realtà, nella legge delega il governo ha soltanto proposto (art. 7) di rafforzare gli strumenti per mappare gli immobili sconosciuti al fisco e di allineare meglio le rendite catastali con i valori di mercato degli immobili, ma solo a scopo informativo e non «per la determinazione della base imponibile dei tributi». Tradotto in concreto: i nuovi valori non dovranno essere usati per calcolare le imposte sugli immobili (si pensi per esempio all’Imu).
Inoltre, ricordiamo, c’è sempre la possibilità che un volta rivisti i valori catastali, se saranno usati per calcolare le imposte, si potranno abbassare le aliquote per mantenere la parità di gettito (ossia senza un aumento delle entrate per il fisco). Ma qui si entra nel campo delle speculazioni, visto che la legge delega non prevede questa possibilità con la revisione del catasto, per il quale sono previsti comunque tempi molto lunghi, dato che le modifiche – se introdotte – dovranno decorrere dal «1° gennaio 2026».
Da dove si prendono i soldi
Prima di concludere, sottolineiamo che c’è anche un’altra questione non da poco: quella sulle coperture. Detta altrimenti, come sarà finanziata la riforma del fisco? Ricordiamo che quest’ultima non rientra tra le riforme obbligatorie del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr), dove il governo ne fa menzione tra le cosiddette “riforme di accompagnamento”, ossia tra quelle promesse per «accompagnare l’attuazione» del piano, «concorrendo a realizzare gli obiettivi di equità sociale e miglioramento della competitività del sistema produttivo».
All’articolo 10, dedicato alle “Disposizioni finanziarie”, la legge delega sottolinea che al momento è impossibile sapere quanto costeranno i vari decreti legislativi, che potranno in futuro entrare in vigore solo quando sarà individuata la «necessaria copertura finanziaria». Il testo evidenzia che, al momento, sono comunque a disposizione 2 miliardi di euro per il 2022 e un miliardo per il 2023, provenienti dalla legge di Bilancio per il 2020 (art. 1, co. 2), che potranno per il momento essere integrate con le risorse aggiuntive ottenute dalla lotta all’evasione fiscale.
In conclusione
Il 5 ottobre il governo Draghi ha approvato il disegno di legge delega per la riforma del fisco, attirando forti critiche dalla Lega, che non ha partecipato al voto nel Consiglio dei ministri.
Come suggerisce il nome, la legge delega – se approvata dal Parlamento – conferisce al governo il potere di approvare decreti legislativi per modificare diversi aspetti del sistema tributario sulla base di principi e criteri generali.
Nel complesso, il governo vuole semplificare e rendere più efficiente il fisco del nostro Paese – dall’Irpef all’Iva, passando per le imposte sulle imprese – ma, al momento, non sono ancora stati decisi i dettagli pratici e finanziari.
Vedremo nei prossimi giorni che percorso avrà il testo della legge delega all’esame del Parlamento e se ci saranno novità di rilievo.
Governo Meloni
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